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Stenterello è la maschera tradizionale di Firenze. Conosciuto
come l'unica maschera del Carnevale e del Teatro fiorentino, secondo
le testimonianze di Pellegrino Artusi e Pirro Maria Gabrielli, fu
anche l'ultima maschera della commedia dell'arte antica.
Creazione
Stenterello fu ideato nel XVIII secolo dall'attore fiorentino Luigi
Del Buono (1751-1832), creatore di brillanti commedie popolari, tra
cui Ginevra degli Almieri sepolta viva in Firenze, La villana di
Lamporecchio, Sempronio spaventato dagli spiriti, La bacchettona, Il
padre giudice del figlio.
Del Buono era, proprio come il suo personaggio Stenterello, magro,
sparuto, gracilissimo, come colui "che pare cresciuto a stento".
Piccolo di statura, di carnagione giallastra, la fronte spaziosa e
le ciglia arcuate, aveva una naturale predisposizione alla
recitazione briosa e alla composizione di dialoghi comici sia in
versi che in prosa.
Di mestiere orologiaio, aveva la bottega in piazza del Duomo, vicino
all'Arco de' Pecori (via de' Pecori). Ma la grande passione per il
teatro lo portò ad entrare, a 25 anni, nella compagnia
Giorgio Frilli e negli anni 1778-1779 diviene direttore degli
Accademici Fiorentini al teatro Ognissanti. Nel 1782 sceglie
definitivamente la carriera artistica vendendo la bottega
d'orologiaio, e tre anni dopo entra nella compagnia di Pietro
Andolfati, dove si specializza come caratterista. Fonda nel 1791 la
propria compagnia, ed arriva all'apice del successo fondendo in una
unica figura tutte le caratteristiche dei suoi personaggi. Una
figura che il popolo chiamò scherzosamente Stenterello.
Gli Stenterelli successivi non furono sempre mingherlini e secchi,
così come era lo stesso Del Buono. Ognuno lo impersonava
secondo la propria persona e il proprio stile di recitazione. Il
soprannome, di uso comune in Toscana, veniva dato a bambini e uomini
"cresciuti con istento". Anzi, sembra che anche il Del Buono avesse
fin da piccolo questo soprannome a causa del suo fisico stentato.
Raffaello Landini - tra i più vicini al Del Buono -
ricordando l'origine della maschera, raccontava che l'amico aveva
preso l'idea del personaggio dai modi di fare e di essere di un
mendicante, che stava sotto un tabernacolo di via della Scala. Per
il linguaggio pareva essersi ispirato al garzone di un barbiere che
parlava argutissimo.
Caratteristiche
Dal naso prominente, Stenterello è il tipico personaggio
fiorentino chiacchierone, pauroso ed impulsivo; ma anche saggio,
ingegnoso e pronto a schierarsi dalla parte del più debole,
anche se la tremarella gli mette spesso i bastoni tra le ruote: ed
è in questo contrasto il fulcro della comicità.
Assieme alla risposta pronta, ha sempre battute pungenti, espresse
in vernacolo fiorentino, non volgare ma mite e brioso; come riporta
infatti l'Artusi:
« ...dal palcoscenico Stenterello lanciava frizzi e motti
scevri però di volgarità, tanto che famiglie intere
assistevano al suo spettacolo. »
In esso è raffigurato il popolano fiorentino, di bassa
estrazione, il quale oppresso da avversità ed ingiustizie, ha
in sé sempre la forza di ridere e scherzare.
La tecnica preferita con cui Stenterello parla all'immaginazione
popolare, per eccitarne il riso, è il bisticcio, ovvero la
vicinanza di parole differenti di significato e di suono simile:
"M'inchino fino all'imo, e il primo imprimo nella mente dell'amante:
si rammenti i miei tormenti non mai spenti anzi più
spanti...", dandogli maggiore effetto tramite una veloce parlantina.
Tuttavia, a seconda dell'interprete, Stenterello poteva anche
lanciare talvolta frasi sboccate e lasciarsi andare a gesti audaci:
si ricorda che Lorenzo Cannelli veniva accusato di interpretarlo con
troppa volgarità, e per questo il suo Stenterello aveva
meritato il cognome di Porcacci.
Contro queste travisate interpretazioni che portarono alla fine
della maschera, si misero persone del calibro di Giuseppe Giusti,
che satiricamente intimava: "Zitto, l'equivoco/Di Stenterello,/Che
sa di bettola/E di bordello!/"
Il personaggio popolare con il tempo viene circondato da un alone di
carattere politico. Il suo acume e le sue battute, a pari passo con
i tempi, colpiscono i francesi "invasori", gli stranieri, poi i
principi che si frapponevano alle aspirazioni d'indipendenza
italiane.
Il costume di Stenterello è allegro e frizzante come il
personaggio e ricorda l'epoca della sua nascita: il settecento.
Partendo dall'alto ha il tricorno nero o una lucerna con fregio, una
giacca (zimarra) o giubba a falde di color azzurro chiaro o blu,
sopra una sottoveste sgargiante, panciotto giallo canarino, dei
calzoni corti neri (a volte neri e verdi), una calza di cotone rossa
ed una fantasia, o due diverse tra loro ma a righe, scarpe a fibbia
basse, ed una parrucca bianca con codino all'insù. Abiti
stenterelleschi inventati dallo stesso Luigi Del Buono.
Da una riproduzione della maschera dello stesso Luigi Del Buono si
vede sulla sottoveste una bottiglia disegnata, verosimilmente di
vino, che ne potrebbe sottolineare un aspetto di beone, e si legge
la rivelatoria parola posapiano, altro modo di dire fiorentino che
svela un altro aspetto della sua sfaccettata personalità.
Altri attori che impersonarono Stenterello usavano truccarsi il
volto rendendolo pallido e sbiadito, con segno rossi sul viso, e
segni forti agli angoli degli occhi e della bocca (riproducendo le
cicatrici che Stenterello si narrava avesse), con le sopracciglia
grandi ad arco, riproducevano così il volto, esagerato nella
parodia del suo personaggio, di Luigi Del Buono.
Citazioni
Stenterello ha fatto talmente parte dell'immaginario fiorentino che
molte persone hanno coniato modi di dire sulla sua figura. Persino
in italiano si intende per estensione una persona allampanata,
gracile e goffa.
Anche il Carducci in Davanti a San Guido (vv. 83-84) per attaccare
quelli che sulla scia del Manzoni tentavano di imitarlo non
riuscendoci, cadendo nel ridicolo poetico, inserendo nei loro
scritti parole e frasi fiorentine, così scrisse: "...la
favella toscana, ch'è si sciocca/ nel manzonismo de gli
stenterelli".
Pellegrino Artusi nel suo La scienza in cucina e l'Arte di mangiar
bene, ricorda che la cucina "...è una brinconcella; spesso e
volentieri fa disperare, ma dà anche piacere...", e
riportando la ricetta delle Frittelle di tondone scrive: "Se non
sapete cosa sia un tondone, chiedetelo a Stenterello che ne mangia
spesso perché gli piace...".