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Claude-Adrien Helvétius (Parigi, 26 febbraio 1715 –
Versailles, 26 dicembre 1771) è stato un filosofo e scrittore
francese.
Vita
Appartenente ad una famiglia originaria della Svizzera dal cognome
originale di Schweitzer, poi latinizzato in Helvétius, Claude
Adrien, figlio del medico della regina Maria Leszczyńska, moglie del
re di Francia Luigi XV, iniziò il suo corso di studi presso
il collegio gesuita Louis-Le-Grand i cui insegnamenti
abbandonò per impegnarsi nella composizione di poesie e nello
studio degli scrittori moralisti La Rochefoucauld e Montaigne.
Nel 1738, tramite la raccomandazione della regina, venne nominato
esattore delle imposte regie, incarico da cui ebbe modo di ricavare
un reddito proficuo. Nonostante il suo ufficio pubblico al servizio
della monarchia, frequentò gli intellettuali illuministi
più critici del regime assoluto monarchico. Presso il salotto
di Madame Émilie du Châtelet a Cirey conobbe e divenne
amico di Voltaire, a cui dedicò le Epitres nelle quali si
dichiarava discepolo del filosofo polemista, condividendone lo
scetticismo religioso e il programma di lotta al pregiudizio
conservatore.
Nel 1751 lasciò l'impiego di appaltatore delle imposte
mantenendo quello di ciambellano della regina e nello stesso anno si
sposò con la giovane e colta Anne-Catherine de Ligneville,
appartenente ad una nobile famiglia in dissesto finanziario. Deciso
ad abbandonare la vita di corte, comprò due tenute agricole:
una a Lumigny ed una a Voré dove per lo più dimorava,
trasferendosi per una parte dell'anno anche nella casa di Parigi in
rue Sainte-Anne.
Frequentavano più o meno abitualmente le sue case Saurin,
Fontenelle, Duclos, Chastellux, Raynal, Marmontel, Saint-Lambert,
Diderot e Rousseau; egli stesso il giovedì partecipava alle
discussioni nel salotto di d'Holbach e si conquistava l'amicizia di
scienziati come George Louis Buffon.
Nella Querelle des bouffons (La guerra dei buffoni), una
controversia tra intellettuali che assunse in Francia le proporzioni
di un dibattito nazionale sulle diverse filosofie musicali,
Helvétius si associò al gruppo degli enciclopedisti,
che lodavano l'opera buffa italiana considerandola più
attuale e piacevole musicalmente dell'opera francese del tempo.
Durante i suoi soggiorni in campagna, Helvétius si occupava
del miglioramento agricolo delle sue terre cercando anche di aiutare
i piccoli proprietari terrieri in difficoltà e i braccianti
senza lavoro. Tentò anche di istituire delle manifatture di
tessitura di merletti e calze con alterni risultati, mentre
fallì nello sfruttamento del legname e dei minerali ferrosi
abbondanti nella zona dell'Orne.
Nel luglio del 1758 pubblicò la sua opera più
importante: De l'esprit ("Sullo spirito") dai contenuti materialisti
e sensisti tipici dei Philosophes, che fu subito criticata dallo
stesso Delfino per il contenuto ritenuto scandaloso. Attaccato sia
dai gesuiti che dai giansenisti, dagli ambienti accademici della
Sorbona, condannato dall'arcivescovo di Parigi e dal parlamento di
Parigi, Helvétius dovette rifugiarsi per qualche tempo in
Prussia.
Dopo umilianti ritrattazioni del suo pensiero, Helvétius
riuscì a salvarsi dal pericolo di perdere la vita e le sue
proprietà per l'intervento di madame de Pompadour e del duca
di Choiseul su Luigi XV che decretò la condanna del libro
presentato come di autore anonimo. Helvétius per difendere la
sua opera scrisse Dell'uomo, che sarà pubblicato postumo
dalla moglie nel 1773. Quest'opera sarà criticata da Diderot,
nel breve scritto intitolato Réfutation d'Helvétius.
Le polemiche suscitate in Francia ebbero l'effetto di accrescere
l'interesse all'estero per De l'esprit, che venne tradotto in
diverse lingue divenendo il necessario corredo delle letture degli
intellettuali di fine secolo. Quando Helvétius si recò
in Inghilterra nel 1764 e in Prussia nel 1765 venne ricevuto con
tutti gli onori spettanti a un illustre personaggio.
Nonostante l'opposizione dell'"ancien regime", Helvétius
continuò a frequentare i salotti dei riformatori illuministi
fino alla morte, avvenuta a Parigi il 26 dicembre 1771.
Il suo salotto letterario e filosofico continuò a tenersi
anche dopo la sua morte ad opera della moglie che, assieme a
Cabanis, diede l'avvio alla formazione del gruppo degli
idéologues.
Filosofia
Il pensiero di Hélvetius, attento studioso di Isaac Newton e
John Locke, si fonda essenzialmente su un'accentuazione della
filosofia sensista di Condillac portata alle ultime conclusioni: le
percezioni sensoriali si identificano con la conoscenza
intelligibile: il ragionamento, il giudizio non è altro che
il risultato di una comparazione tra sensazioni diverse e lo spirito
è la conoscenza di questi confronti tra le
sensazioni.«Lo spirito non è altro che un assemblaggio
di idee e di nuove combinazioni» Poiché ogni sensazione
è legata alla percezione di piacere o dolore, è sulla
base di questi che si determina ogni nostra azione, compresa quella
morale fondata sempre sull'interesse ad evitare il dolore e a
conseguire il piacere. L'azione che si definisce "buona" è
infatti quella che procura piacere a noi o alla collettività,
il contrario avviene per quelle che chiamiamo "cattive". È
sempre l'utilità quella che ci si propone di conseguire nei
nostri comportamenti, per lo più determinati dall'abitudine,
anche quelli che ipocritamente, o in buona fede, diciamo essere
ispirati da valori quali l'onore, la nobiltà d'animo ecc.
Helvétius considera l'educazione come fortemente condizionata
dall'ambiente culturale ma soprattutto dal caso:
L'educazione può essere ritenuta come il principale elemento
costitutivo dello spirito degli uomini, che sono, secondo lui, tutti
ugualmente suscettibili di essere istruiti a riconoscere il bene
piacevole. La corruzione della società si fonda
sull'ignoranza e solo tramite l'educazione si può riformarla
negli uomini che la compongono: nessuno è infatti malvagio
per natura ma solo per le cattive abitudini acquisite che tramite
l'educazione possono essere eradicate facendo sì che l'uomo
conviva in pace con i suoi simili raggiungendo la felicità.
«Se per educazione si intende semplicemente quella che si
riceve negli stessi luoghi, e da parte degli stessi maestri, essa
risulta allora la medesima per un’infinità di uomini.
Ma se a questo termine si attribuisce un significato piú
autentico e piú esteso, comprensivo di tutto quello che
coopera alla nostra istruzione, si può dire che nessuno
riceve la stessa educazione. Infatti ognuno ha per propri maestri,
per così dire, la forma di governo sotto la quale vive, i
suoi amici, le sue amanti, la gente da cui è circondato, le
sue letture, e infine il caso - cioè un’infinità di
avvenimenti di cui, per la nostra ignoranza, non siamo in grado di
scorgere la concatenazione e le cause. Questo caso ha una parte
assai maggiore di quella che si ritiene nella nostra educazione.
Esso pone certi oggetti sotto i nostri occhi, ed è quindi
occasione delle idee piú felici; talvolta esso ci conduce
alle piú grandi scoperte. [...]
La maggior parte degli avvenimenti deriva da piccole cause: noi le
ignoriamo poiché la maggior parte degli storici le hanno
ignorate anch'essi, oppure perché essi non hanno avuto occhio
per percepirle. È pur vero che, a questo proposito, lo
spirito può riparare alle loro omissioni: la conoscenza di
certi princípi supplisce facilmente alla conoscenza di certi
fatti. Perciò - senza arrestarci piú a dimostrare la
parte esercitata dal caso in questo mondo - si deve concludere che,
se sotto il nome di educazione si comprende in generale tutto
ciò che contribuisce alla nostra istruzione, anche il caso
deve necessariamente rientrarvi. Nessuno si trova infatti nello
stesso concorso di circostanze, e nessuno riceve precisamente la
medesima educazione.»
Helvétius è fortemente ispirato dal Saggio
sull'intelletto umano di Locke. Le sue idee sulla costituzione dello
spirito umano ne saranno nettamente influenzate. Considera la fede
in Dio e nell'anima come il risultato della nostra incapacità
di comprendere il funzionamento della natura, e vede nelle
religioni, e particolarmente nella Chiesa cattolica, l'esercizio di
un dominio che non ha altro scopo che quello di conservare
l'ignoranza per un migliore sfruttamento degli uomini.
Helvétius è comunque da accostare ai filosofi deisti
tipici del periodo illuministico portatori di una teologia che
ribadendo l'esistenza di Dio la configura in termini differenti da
quelli della dottrina cristiana tradizionale. Nei suoi testi si
possono trovare molti riferimenti all'esistenza di un Dio: nella sua
opera Sull'uomo, ad esempio, spesso vengono usate espressioni come
«l'essere supremo», «l'eterno», «il
legislatore celeste». Nella stessa opera inoltre definisce Dio
come «la causa ancora sconosciuta dell'ordine e del
movimento». La ragione di tale amalgama è dovuta,
almeno in parte, all'intento politico dei suoi testi che contestano
i (gesuiti, i giansenisti, il Papa Clemente XIII), o anche il potere
regio di Luigi XV.
Quindi, sebbene Helvétius sia anticristiano, non nega
comunque l'esistenza di una forza nella natura e difende anche
l'idea di una rinnovata religione, una volta che sia depurata da
fanatismo, superstizioni e chiese.
«Helvétius si avvale dell'idea di Dio e non si rivela
quindi formalmente ateo. Ma non si può disconoscere, come
osserva Momdjian, che la religione si risolve formalmente nella
morale: "La morale fondata su dei principi veri... è la sola
e vera religione" (Helvetius, De l’homme)»