LA SESSUALITÀ NELL'ETIOLOGIA DELLE NEVROSI

1898

Esaurienti ricerche, condotte durante gli ultimi cinque anni, mi hanno portato a riconoscere che le più immediate e, per scopi pratici, le più importanti cause di ogni forma di malattia nevrotica si trovano nei fattori determinati della vita sessuale. Questa teoria non è del tutto nuova. Una certa importanza è stata riconosciuta ai fattori sessuali nell'etiologia delle nevrosi da tempo immemorabile, e da ogni scrittore che si sia interessato dell'argomento. In certi settori marginali della medicina è stata sempre promessa una cura contemporanea per i «disturbi sessuali» e per «la debolezza nervosa». Una volta cessato di negare la validità della teoria non sarà difficile, quindi, discuterne l'originalità.

In pochi brevi scritti apparsi negli ultimi anni nella Neurologisches Zentralblatt, nella Revue Neurologique e nella Wiener Minisene Rundschau, ho cercato di indicare il materiale e i punti di vista che possono offrire un sostegno scientifico alla teoria «dell'etiologia sessuale delle nevrosi». Comunque, manca ancora una presentazione completa, soprattutto perché, nel tentativo di evidenziare come questa connessione sia comprovata dalla realtà, noi ci imbattiamo in problemi sempre nuovi per la cui soluzione non è stato ancora compiuto il lavoro preliminare necessario. Non mi sembra affatto prematuro, però, tentare di dirigere l'attenzione dei medici su ciò che credo siano i fatti, in modo che si possano convincere della verità delle mie asserzioni e nello stesso tempo dei benefici che essi possono ricavare per la loro pratica dalla conoscenza di essi.

Mi rendo conto perfettamente che saranno compiuti dei tentativi, ricorrendo all'uso di argomenti a cui vien data una colorazione etica, per impedire al medico di interessarsi ulteriormente del problema. Chiunque voglia accertarsi se le nevrosi dei suoi pazienti siano o no realmente collegate alla loro vita sessuale non può fare a meno di porre loro delle domande circa la loro vita sessuale e di insistere per riceverne delle risposte sincere. Ma in questo atteggiamento, si afferma, risiede il pericolo per la società e per l'individuo. Un medico, ho sentito dire, non ha alcun diritto di intromettersi nei segreti sessuali dei pazienti e offendere grossolanamente il loro pudore (specie per quanto riguarda le donne) ponendo domande di questa sorta. La sua mancanza di tatto può solo rovinare la felicità familiare, offendere l'innocenza dei giovani e usurpare l'autorità dei genitori; e ove si tratti di adulti, il medico verrà a conoscenza di cose imbarazzanti con la conseguente distruzione dei suoi rapporti con i pazienti. È perciò suo dovere etico, si conclude, tenersi lontano da tutta la faccenda del sesso.

Si può replicare che questa è l'espressione di una pudicizia affettata indegna di un medico, e che nasconde inadeguatamente la propria debolezza dietro pessimi argomenti. Se si riconosce che i fattori derivanti dalla vita sessuale sono effettivamente le cause della malattia, allora, proprio per questa ragione, l'indagine e lo studio di essi automaticamente cade nella sfera dei doveri del medico. L'offesa al pudore di cui egli si rende colpevole in questo caso non è diversa né peggiore, si dovrebbe ritenere, di quando egli insiste a esaminare gli organi genitali di una donna per curare una affezione locale — esigenza questa imposta dalla sua stessa professione medica. Anche ora si sente spesso dire che donne anziane che hanno trascorso la loro giovinezza in provincia, raccontano come un tempo avessero preferito ridursi in uno stato di grave esaurimento in conseguenza di serie emorragie genitali, piuttosto che esibire la loro nudità al medico. L'influenza educativa esercitata sul pubblico dall'ambiente sanitario ha, nel corso di una generazione, cambiato tanto le cose che una obiezione di questo genere è estremamente rara tra le giovani donne d'oggi. Se questo si verificasse, sarebbe condannato come una irragionevole pudicizia, come pudore fuori luogo. Siamo forse in Turchia, chiederebbe un marito, dove tutto ciò che una donna malata può mostrare al medico è solo il braccio attraverso un buco nel muro?

Non è vero che le domande poste a questi pazienti e la conoscenza dei loro affari sessuali diano al medico un pericoloso potere su di essi. Nei tempi andati accadeva che la stessa obiezione fosse sollevata contro l'uso degli anestetici, i quali privano il paziente della coscienza e dell'esercizio della volontà lasciando decidere al dottore se e quando egli li riacquisterà. Eppure oggi gli anestetici sono diventati indispensabili perché sono, più di ogni altra cosa, di valido aiuto al medico nella sua opera, che, tra i numerosi altri gravi obblighi, vede anche quello della responsabilità del loro impiego.

Un medico può sempre far del danno se è incapace o senza scrupoli, e questo è egualmente vero sia ove si tratti di dover indagare sulla vita sessuale del paziente sia ove si tratti di altre cose. Naturalmente, se qualcuno, dopo uno scrupoloso esame di coscienza, sente di non possedere il tatto, la serietà e la discrezione necessaria a esaminare dei pazienti nevrotici, e se si rende conto che rivelazioni di carattere sessuale potrebbero provocare in lui eccitazioni lascive più che interesse scientifico, allora farà bene a evitare l'argomento dell'etiologia delle nevrosi. Anzi, ci sembra giusto pretendere che egli si astenga dal prendere in cura pazienti affetti da malattie nervose.

Non è vero che i pazienti pongano ostacoli insuperabili per impedire l'indagine entro la propria vita sessuale. Dopo qualche breve esitazione, gli adulti di solito si adattano alla situazione dicendo: «Dopo tutto, sono dal dottore; posso dirgli ogni cosa». Moltissime donne che trovano abbastanza gravoso il dovere di vivere nascondendo le proprie sensazioni sessuali, si sentono sollevate quando si rendono conto che il medico, trattando simili argomenti, mira soltanto alla loro guarigione, ed esse gli sono grate perché per una volta è stato loro consentito di assumere un atteggiamento normale riguardo alla sessualità. Una confusa consapevolezza della grandissima importanza dei fattori sessuali nella produzione delle nevrosi (fatto su cui sto cercando di richiamare l'attenzione della scienza) sembra che non sia mai scomparsa dalla coscienza dei profani. Quante volte assistiamo a scene del genere: una coppia sposata, di cui un partner soffre di nevrosi, viene a consultarci. Dopo aver fatto moltissime osservazioni introduttive e dopo aver sostenuto calorosamente che il medico che vuole rendersi utile in tali casi deve bandire qualsiasi barriera convenzionale, e così via, diciamo loro di sospettare che la causa della malattia risieda nel modo innaturale e nocivo del rapporto sessuale che essi devono aver scelto dall'ultimo parto della moglie. Diciamo loro anche che i medici di regola non si interessano di tali cose, ma che ciò è biasimevole da parte loro, anche se i pazienti non vogliono sentire parlare di certe cose, ecc. Dopo di che uno dice all'altro dandogli di gomito: «Vedi! Ti ho detto sempre che ciò mi avrebbe fatto ammalare». E l'altro risponde: «Beh, lo so, lo pensavo anch'io; ma che si deve fare?».

In certi altri casi, quando per esempio si tratta di ragazze, che, dopo tutto, sono sistematicamente educate a nascondere la loro vita sessuale, ci si dovrà accontentare di ricevere risposte ben poco sincere da parte della paziente. Ma qui entra in gioco una importante considerazione, e cioè che un medico il quale abbia esperienza di queste cose non incontra mai le sue pazienti impreparato e normalmente non deve chiedere loro informazioni ma solo conferme alle sue ipotesi. Chi seguirà le mie indicazioni su come spiegare la morfologia delle nevrosi e tradurla in termini etiologici, avrà bisogno di pochissime altre ammissioni da parte delle sue pazienti; con la stessa descrizione dei loro sintomi, cosa che sono prontissime a fare, esse di solito contemporaneamente gli hanno fatto conoscere i fattori sessuali che vi si nascondono dietro.

Sarebbe un grande vantaggio se le persone malate avessero cognizione della certezza con cui un medico oggi è in grado di interpretare i loro disturbi nevrotici e di inferirne l'etiologia sessuale operante. Questo spingerebbe indubbiamente tali persone ad abbandonare la segretezza, dal momento che hanno deciso di chiedere aiuto per le loro sofferenze. Inoltre, è nell'interesse di noi tutti che un maggior grado di onestà riguardo alle cose sessuali divenga un dovere per gli uomini e per le donne.

Questo non può costituire se non un successo per la moralità sessuale. In materia di sessualità oggi noi, uno per uno, siamo, malati o sani, nient'altro che degli ipocriti. Sarebbe un bene per tutti noi se, come risultato di tale onestà generale, venisse raggiunto un certo grado di tolleranza nelle cose sessuali.

I medici usualmente si interessano molto poco di moltissime questioni studiate dai neuropatologi in rapporto con le nevrosi: se, per esempio, esista una giustificazione nel fare una netta differenza tra l'isteria e la nevrastenia, se si possa distinguere accanto ad esse l'istero-nevrastenia, se le ossessioni debbano essere classificate tra le nevrastenie o riconosciute come una nevrosi separata, e così via. E, in verità, tali distinzioni possono interessare ben poco il medico, finché null'altro deriverà dalle decisioni a cui si è giunti — nessun discernimento più profondo e nessun suggerimento per il trattamento terapeutico — e finché il paziente non sarà in ogni caso mandato in uno stabilimento idroterapico o non si sentirà dire che non c'è nulla di grave. Ma sarà ben diverso se viene adottato il nostro punto di vista sulle relazioni causali esistenti tra la sessualità e la nevrosi. Sorge allora nuovo interesse per la sintomatologia dei diversi casi nevrotici e diventa d'importanza pratica poter essere in grado di suddividere appropriatamente il complicato quadro nelle sue componenti e dar loro il nome che meritano. La morfologia delle nevrosi può con poca difficoltà essere tradotta in etiologia e una conoscenza di quest'ultima porta del tutto naturalmente a nuove indicazioni sui metodi di cura.

Ora dobbiamo prendere un'importante decisione — e ciò si può fare con certezza in ogni caso se i sintomi sono attentamente accertati — e cioè se il caso ha le caratteristiche della nevrastenia o di una psiconevrosi (isterismo, ossessioni). (Casi misti in cui i segni della nevrastenia si trovano insieme a quelli di una psiconevrosi sono molto frequenti; ma rimandiamo a più tardi questi problemi.)

È solo nelle nevrastenie che l'interrogazione del paziente riesce a svelare i fattori etiologici della sua vita sessuale. Naturalmente questi fattori gli sono noti, e appartengono al presente, o, più precisamente, al periodo della sua vita che inizia con la maturità sessuale (sebbene questa delimitazione non sia valida in ogni caso). Nelle psiconevrosi una interrogazione del genere dà scarsi risultati. Ci può forse far conoscere i fattori che hanno fatto precipitare la situazione, e questi possono o no essere connessi alla vita sessuale. Se lo sono, si presentano in modo non differente dai fattori etiologici della nevrastenia; essi, cioè, mancano completamente di qualsiasi rapporto specifico con la causa profonda delle psiconevrosi. E tuttavia, in ogni caso, anche l'etiologia delle psiconevrosi, rientra nel campo della sessualità. Attraverso una curiosa strada tortuosa, di cui parlerò in seguito, è possibile giungere alla conoscenza di questa etiologia e capire perché il paziente non riuscisse a dirci alcunché di essa. Infatti gli eventi e le influenze che stanno alla base di ogni psiconevrosi appartengono non al presente, ma a un periodo della vita lontano, come dire, preistorico — al tempo, cioè, della prima infanzia; e per questo il paziente non ne conosce l'esistenza. Egli, sebbene solo in un particolare senso, li ha dimenticati.

Così, in ogni caso di nevrosi c'è una etiologia sessuale; ma nella nevrastenia è una etiologia di tipo presente, mentre nelle psiconevrosi i fattori sono di natura infantile. Questo è il primo grave contrasto nell'etiologia delle nevrosi. Un altro emerge quando prendiamo in considerazione la differenza nella sintomatologia della nevrastenia stessa. D'altro canto, qui incontriamo dei casi in cui certi disturbi caratteristici della nevrastenia (pressione endocranica, propensione alla stanchezza, dispepsia, stitichezza, irritazione spinale, ecc.) sono preminenti; in altri casi questi segni hanno una parte minore e il quadro clinico è composto di altri sintomi, i quali mostrano tutti una relazione col sintomo nucleare, quello dell'angoscia (eccessiva ansietà, inquietudine, angoscia d'attesa, attacchi di angoscia completi, rudimentali o supplementari, vertigine locomotoria, agorafobia, insonnia, aumentata sensibilità al dolore, ecc.).

Ho lasciato il nome di nevrastenia al primo tipo, ma ho distinto il secondo tipo col nome di «nevrosi d'angoscia»; e ho fornito delle ragioni per questa separazione in un altro scritto, dove ho anche considerato il fatto che di regola ambedue le nevrosi si presentano insieme. Per quel che qui mi propongo è sufficiente mettere in rilievo che parallela alla differenza nei sintomi di queste due forme di malattia corre una differenza nella loro etiologia. La nevrastenia si può sempre far risalire a uno stato del sistema nervoso determinato dall'eccessiva masturbazione o sorto spontaneamente a causa delle frequenti polluzioni; la nevrosi d'angoscia svela regolarmente le influenze che hanno in comune i fattori dell'astinenza o della soddisfazione incompleta — quali il coitus interruptus, l'astinenza unita a una vivace libido, la cosiddetta eccitazione non consumata, ecc. Nel mio breve scritto inteso a introdurre la nevrosi d'angoscia ho enunciato la formula che l'angoscia è sempre libido distolta dal suo [normale] impiego.

Dove c'è un caso in cui i sintomi della nevrastenia e della nevrosi d'angoscia si trovano insieme — dove cioè abbiamo un caso misto — dobbiamo solo attenerci alla nostra proposizione, a cui siamo giunti empiricamente, nella quale è detto che la compresenza di più nevrosi implica la collaborazione di numerosi fattori etiologici, e troveremo in ogni caso confermato quanto ci aspettavamo. Come spesso questi fattori etiologici siano organicamente legati tra di loro in base all'influsso reciproco dei processi sessuali — per esempio, il coitus interruptus o l'insufficiente potenza nell'uomo, si accompagnano alla masturbazione — meriterebbe certo un esame a parte.

Avendo diagnosticato un caso di nevrastenia con certezza ed avendone classificato correttamente i sintomi, siamo in grado di tradurre la sintomatologia in etiologia; e possiamo allora chiedere al paziente chiara conferma dei nostri sospetti. Non dobbiamo lasciarci sviare dalle negazioni iniziali. Se ci atteniamo strettamente a quanto abbiamo inferito, vinceremo alla fine ogni resistenza accentuando la natura incrollabile delle nostre convinzioni. In questo modo apprendiamo tali e tante cose sulla vita sessuale degli uomini e delle donne, da riempirne un intero volume utile e istruttivo; apprendiamo, anche, a deplorare da ogni punto di vista il fatto che ancor oggi la scienza sessuale è considerata sconveniente. Dal momento che le lievi deviazioni da una normale vita sexualis sono troppo comuni perché si possa attribuire un qualsiasi valore alla loro scoperta, solo a una grave e prolungata anormalità della vita sessuale di un paziente nevrotico riconosceremo il valore di spiegazione. Quanto poi al timore che si possa, dietro grande insistenza, spingere un paziente psichicamente normale ad accusarsi ingiustamente di trasgressioni sessuali, può essere certamente considerato un pericolo immaginario.

Se si procede in questo modo col paziente, si può raggiungere la convinzione che, per quel che riguarda la teoria dell'etiologia sessuale della nevrastenia, non vi sono casi negativi. In me, almeno, la convinzione è diventata così certa che dove una interrogazione ha dato risultati negativi, ho tratto profitto anche da questo ai fini diagnostici. Mi son detto, cioè, che un caso tale non può essere un caso di nevrastenia. In questo modo sono stato portato in parecchi casi a presumere la presenza della paralisi progressiva invece della nevrastenia, proprio perché non sono riuscito a stabilire — fatto necessario per la mia teoria — che il paziente indulgeva abitualmente alla masturbazione; e lo sviluppo di quei casi in seguito hanno confermato la mia opinione. In un altro caso il paziente, che non mostrava alcun mutamento organico chiaro, si lamentava di soffrire di pressione endocranica, di mal di testa e di dispepsia, ma respingeva i miei sospetti sulla sua vita sessuale con franchezza e con certezza incrollabile; mi venne il sospetto che egli avesse una suppurazione latente in una cavità nasale. Un mio collega specialista confermò questa deduzione, che avevo ricavato dai risultati negativi della mia indagine circa i fattori sessuali, rimuovendo il pus dall'antro di Highmore del paziente e facendo scomparire i suoi disturbi.

Tuttavia, questi apparenti «casi negativi» possono sorgere anche in un altro modo. Talora un'interrogazione rivela la presenza di una vita sessuale normale in un paziente la cui nevrosi, a prima vista, somiglia infatti molto da vicino alla nevrastenia o alla nevrosi d'angoscia. Ma un'indagine condotta più a fondo regolarmente rivela il vero stato delle cose. Dietro tali casi, spesso scambiati per nevrastenia, si nasconde una psiconevrosi, isterismo o nevrosi ossessiva. L'isterismo in specie, il quale imita molte affezioni organiche, può facilmente assumere l'aspetto di «nevrosi attuale», trasformandone i sintomi in sintomi isterici. Tali isterismi sotto forma di nevrastenia non sono poi molto rari. Il ricorso alla psiconevrosi allorché un caso di nevrastenia dà una indagine sessuale negativa, non è comunque una via di uscita a buon mercato; la prova che siamo nel giusto si può ottenere coll'unico metodo in grado di smascherare con certezza l'isterismo: il metodo della psicoanalisi, del quale parleremo tra poco.

Ci può forse essere qualcuno, comunque ben disposto a riconoscere l'etiologia sessuale nei pazienti nevrastenici, che tuttavia condanna come unilateralità il fatto di non raccomandargli di considerare anche gli altri fattori sempre citati dalle autorità come fattori che portano alla nevrastenia. Lungi da me la pretesa di sostituire una etiologia sessuale delle nevrosi ad ogni altra etiologia, e asserire così che quest'ultime non hanno forza operativa. Sarebbe un malinteso. Penso piuttosto che oltre a tutti i fattori etiologici familiari che sono stati riconosciuti — e probabilmente in modo corretto — dalle autorità come fattori che portano alla nevrastenia, i fattori sessuali, sinora non sufficientemente valutati, dovrebbero essere presi in considerazione. A mio avviso, comunque, questi fattori sessuali meritano di occupare un posto speciale nelle serie etiologiche, poiché soltanto essi non sono mai assenti in qualsiasi caso di nevrastenia, solo essi sono capaci di produrre la nevrosi senza alcun altro aiuto sì che gli altri fattori sembrano essere ridotti al ruolo di etiologia ausiliare e supplementare, e solo essi consentono al medico di riconoscere le forti relazioni tra la loro complessa natura e la molteplicità dei quadri clinici. D'altro lato, se raggruppo tutti i pazienti divenuti apparentemente nevrastenici a causa del superlavoro, dell'agitazione emotiva, come postumo della febbre tifoidea, e così via, i loro sintomi per me non presentano nulla in comune. La natura della loro etiologia non mi dà nessuna idea dei tipi di sintomi che devo aspettarmi, non più di quanto, viceversa, il quadro clinico che essi presentano mi consenta di inferire quale etiologia opera in essi.

Le cause sessuali, oltretutto, sono quelle che meglio offrono al medico un punto d'appoggio per la sua influenza terapeutica. L'ereditarietà, quando è presente, costituisce indubbiamente un fattore importante; consente a un forte effetto patologico di manifestarsi laddove altrimenti ne sarebbe risultato uno molto lieve. Ma l'ereditarietà è inaccessibile all'influenza del medico. Ognuno nasce con le proprie tendenze ereditarie alle malattie, e noi non possiamo fare niente per cambiarle. Né dovremo dimenticare che è proprio riguardo all'etiologia delle nevrastenie che dobbiamo necessariamente negare il primo posto all'ereditarietà. La nevrastenia (in entrambe le forme) è una di quelle affezioni che ognuno può facilmente acquistare senza aver alcuna tara ereditaria. Se fosse diversamente, l'enorme aumento della nevrastenia di cui si lamentano tutte le autorità sarebbe impensabile. Per quanto riguarda la civiltà, tra le cui colpe si include così spesso la responsabilità della nevrastenia, queste autorità possono in verità aver ragione (sebbene per motivi probabilmente molto differenti da quelli che essi immaginano). Tuttavia, lo stato della nostra civiltà è anche esso qualcosa che non può essere modificato dall'individuo.

Per di più questo fattore, essendo comune a tutti i membri della stessa società, non può mai spiegare il fatto della selettività nell'incidenza della malattia. Il medico non nevrastenico è esposto alla stessa influenza di una civiltà presumibilmente nociva alla quale è esposto il paziente che egli deve trattare. Pur essendo soggetti a queste limitazioni, i fattori dell’«esaurimento» conservano la loro importanza. Ma l'elemento del «superlavoro» che i medici sono così propensi a considerare la causa della nevrosi dei loro pazienti, è troppo spesso male adoperato. È vero che chiunque a causa delle noxae sessuali sia predisposto alla nevrastenia mal sopporta il lavoro intellettuale e le esigenze psichiche della vita; ma nessuno può mai diventar nevrotico attraverso il lavoro o l'eccitamento soltanto. Il lavoro intellettuale è anzi una protezione contro la possibilità dì ammalarsi di nevrastenia; sono proprio i lavoratori intellettuali più assidui a restare esenti dalla nevrastenia, e ciò che i nevrastenici lamentano come «superlavoro che li fa ammalare» di regola non merita affatto di essere chiamato «lavoro intellettuale» né per qualità né per quantità. I medici dovranno abituarsi a spiegare a un impiegato che si è «affaticato» dietro una scrivania o a una casalinga per la quale le attività domestiche sono divenute troppo pesanti, che essi si sono ammalati non perché abbiano cercato di compiere doveri che in verità possono essere facilmente eseguiti da un cervello civilizzato, ma perché in tutto questo tempo hanno pericolosamente trascurato e danneggiato la propria vita sessuale.

Inoltre, è solo l'etiologia sessuale che ci consente di capire tutti i particolari della storia clinica dei nevrastenici, i misteriosi miglioramenti nel corso della malattia e i peggioramenti egualmente incomprensibili; e sia i primi che i secondi di solito vengono messi in relazione dai medici e dai pazienti con qualunque trattamento sia stato adottato. Tra le mie documentazioni, che comprendono oltre duecento casi, c'è, per esempio, la storia di un uomo che non essendo stato guarito dal trattamento prescritto dal suo medico di famiglia si recò dal parroco Kneipp e per un anno, dopo essere stato in cura da lui, mostrò uno straordinario miglioramento. Ma quando, un anno dopo, i sintomi peggiorarono nuovamente ed egli ritornò a Wörishofen da Kneipp, il secondo trattamento fallì. Uno sguardo dato alle vicende familiari del paziente risolse il doppio enigma. Sei mesi e mezzo dopo il suo ritorno da Wörishofen, sua moglie aveva dato alla luce un bambino. Questo significava che egli l'aveva lasciata all'inizio di una gravidanza di cui non sapeva niente; al ritorno egli poteva avere rapporti sessuali naturali con lei. Alla fine di questo periodo, che ebbe un effetto curativo su di lui, la sua nevrosi era cominciata a ricomparire perché si era ancora una volta fatto ricorso al coitus interruptus; il secondo trattamento era destinato al fallimento, poiché la menzionata gravidanza di sua moglie fu anche l'ultima.

Ci fu un caso simile a questo, in cui, ancora una volta, il trattamento ebbe un effetto inatteso che naturalmente richiedeva una spiegazione. Questo caso si rivelò ancora più istruttivo del primo, perché mostrava una sconcertante alternanza dei sintomi della nevrosi. Un giovane paziente nevrotico era stato mandato da un medico a un noto stabilimento idroterapico perché sofferente di una nevrastenia tipica. Lì, all'inizio, le sue condizioni migliorarono continuamente, così che sembrava proprio che, una volta dimesso, sarebbe divenuto un grato discepolo dell'idroterapia. Ma alla sesta settimana avvenne un completo cambiamento; il paziente «non poteva più tollerare l'acqua», diventava sempre più nervoso. Infine lasciò lo stabilimento due settimane più tardi, non curato e insoddisfatto. Quando egli si lamentò con me di questa frode terapeutica, io gli posi alcune domande circa i sintomi sopravvenuti nel corso del trattamento. Abbastanza curiosamente era avvenuto un completo cambiamento in essi. Era entrato in cura con pressione endocranica, stanchezza e dispepsia; durante il trattamento aveva sofferto di eccitazione, di attacchi di dispnea, di vertigini nel camminare, e di disturbi nel sonno. Potevo ora dirgli: «Sta facendo un'ingiustizia all'idroterapia. Come lei ha sempre saputo benissimo, la sua malattia è una conseguenza della prolungata masturbazione. Nella stazione di cura lei rinunciò a questa forma di soddisfazione, e perciò si riprese rapidamente. Quando si sentì bene, però, poco saggiamente cercò di avere dei rapporti con una signora — mettiamo una paziente — dal che ricavò un'eccitazione senza però una normale soddisfazione. Le belle passeggiate fatte nei dintorni dello stabilimento fornirono la più ampia opportunità a questo fine. Fu questa relazione, e non un'improvvisa incapacità di tollerare l'idroterapia, a causare la ricaduta. Inoltre il suo stato di salute attuale mi porta a concludere che questa relazione continua ancora qui in città». Posso assicurare i miei lettori che il paziente confermò tutto ciò che io avevo detto, punto per punto.

L'attuale trattamento della nevrastenia — così come viene applicato negli stabilimenti idroterapici — si propone di migliorare le condizioni nervose per mezzo di due fattori: proteggendo il paziente e rinvigorendolo. Secondo la mia esperienza, è quanto mai opportuno che i direttori medici di tali stabilimenti si rendano ben conto che trattano non con vittime della civiltà o dell'ereditarietà, ma — sit venia verbo — con persone minorate nella sessualità. Essi quindi, da un lato, potrebbero essere meglio in grado di spiegare i loro successi come i loro fallimenti; e, dall'altro, potrebbero conseguire nuovi successi che finora sono stati alla mercé del caso o del comportamento non guidato del paziente. Se noi allontaniamo dalla sua casa una donna nevrastenica, sofferente d'angoscia, e la mandiamo in uno stabilimento idroterapico, e se lì, libera d'ogni dovere, le si prescrivono bagni ed esercizi e vitto in abbondanza, saremo certamente disposti a pensare che il miglioramento — spesso anche vistoso — ottenuto in poche settimane o mesi è dovuto al riposo di cui la donna ha goduto e agli effetti corroboranti dell'idroterapia. Questo è possibile: ma noi stiamo trascurando il fatto che il suo spostamento da casa significa anche un'interruzione dei rapporti sessuali coniugali, e che è solo la temporanea eliminazione di questa causa patogena a consentirle di riprendersi dietro il trattamento favorevole. L'aver trascurato questo punto di vista etiologico porta alla sua successiva vendetta, quando ciò che sembrava una cura così soddisfacente si rivela invece solo una cura transitoria. Poco dopo che il paziente è ritornato alla vita normale i sintomi del male ricompaiono e lo costringono a passare parte della sua esistenza improduttivamente di tanto in tanto in stabilimenti di questo tipo o a volgere altrove le speranze di guarigione. È chiaro perciò che con la nevrastenia i problemi terapeutici vanno affrontati non negli istituti idroterapici, ma entro la struttura della vita del paziente.

In altri casi la nostra teoria etiologica può aiutare il medico dirigente dell'istituto gettando luce sulle cause dei fallimenti che si verificano nell'istituzione stessa e può suggerirgli i mezzi per evitarli. La masturbazione è molto più diffusa tra le ragazze di una certa età e gli uomini maturi di quanto generalmente si supponga, ed ha un effetto dannoso non solo producendo sintomi nevrastenici ma anche perché tiene i pazienti sotto il peso di quello che essi considerano un vergognoso segreto. I medici che non sono abituati a tradurre la nevrastenia in termini di masturbazione danno una comoda spiegazione dello stato patologico del paziente attribuendolo ad anemia, denutrimento, affaticamento, ecc., e pretendono in conseguenza di curarlo applicando una terapia creata per combattere quelle condizioni. Con loro stupore, comunque, nel paziente si alternano periodi di miglioramento a periodi in cui tutti i sintomi peggiorano e sono accompagnati da gravi depressioni. Il risultato di tale trattamento è generalmente dubbio. Se i medici sapessero che per tutto quel tempo il paziente ha lottato contro la sua abitudine sessuale e che è disperato perché ancora una volta è stato costretto a cedere ad essa, se capissero come fare per fargli rivelare il segreto e presentarlo con un aspetto di minore gravità ai suoi occhi, se potessero aiutarlo nella sua lotta contro l'abitudine, allora il successo dei loro sforzi terapeutici sarebbe di certo assicurato.

Rompere nel paziente l'abitudine della masturbazione è solo uno dei nuovi compiti terapeutici imposti al medico che prende in considerazione l'etiologia sessuale della nevrosi; e sembra che proprio questo compito, come la cura di qualsiasi altra dedizione al vizio, possa essere eseguito solo in un istituto e sotto controllo medico. Lasciato a se stesso il masturbatore, quando sopraggiunge qualcosa che lo deprime, è solito ritornare al suo comodo tipo di soddisfacimento. Il trattamento medico, in questo caso, non può avere altro scopo che quello di riportare il nevrastenico, una volta riacquistate le forze, al normale rapporto sessuale. Poiché il bisogno sessuale, una volta svegliato e soddisfatto per un certo periodo di tempo, non può più essere messo a tacere, ma solo immesso su un'altra strada. Incidentalmente la stessa cosa è valida per tutti i trattamenti volti a rompere una dedizione a un vizio. Il successo sarà soltanto apparente finché il medico si accontenterà di sottrarre la sostanza narcotica ai suoi pazienti senza preoccuparsi della fonte da cui nasce il loro bisogno imperativo di essa. «Abitudine» è semplicemente una parola senza alcun valore esplicativo. Nessuno che abbia occasione di prendere morfina, cocaina, cloralidrato, ecc., per un certo periodo, ne diviene dedito. Un'indagine più approfondita mostra di solito che questi narcotici sono intesi a servire — direttamente o indirettamente — da sostituto a una mancanza di soddisfazione sessuale; quindi quando non si può ristabilire una vita sessuale normale possiamo aspettarci con certezza la ricaduta del paziente.

L'etiologia della nevrosi d'angoscia comporta per il medico un altro compito che consiste nell 'indurre il paziente a rinunciare a tutte le forme dannose di rapporto sessuale e ad adottare rapporti sessuali normali. Questo dovere, si capisce, spetta soprattutto al medico di fiducia del paziente ossia al suo medico di famiglia, il quale arrecherà un grave danno al suo paziente se si riterrà troppo rispettabile per intervenire in questo campo.

Poiché in questi casi si tratta spessissimo di coppie sposate, gli sforzi del medico incontrano immediatamente i piani maltusiani volti a limitare il numero dei concepimenti nel matrimonio. Mi sembra indubbio che tali principi stiano guadagnando costantemente terreno tra le nostre classi medie. Ho conosciuto coppie che hanno cominciato a praticare i metodi della limitazione delle nascite subito dopo il primo figlio, ed altre il cui rapporto sessuale sin dalla notte delle nozze fu destinato ad attenersi a questo scopo. Il problema del maltusianesimo è di vasta portata e complesso, ed io non ho intenzione di affrontarlo qui nel modo esauriente che sarebbe effettivamente necessario dovendolo collegare al trattamento delle nevrosi. Considererò solamente quale atteggiamento è consigliabile che assuma verso questi problemi il medico che riconosce l'etiologia sessuale delle nevrosi.

La cosa peggiore che egli possa fare è ovviamente — con qualsiasi pretesto — quella di cercare di ignorare il problema. Niente di ciò che è necessario può intaccare la dignità del medico. A una coppia sposata che intende limitare il numero dei bambini, è necessario dare l'aiuto del consiglio medico se non si vuole esporre i coniugi alla nevrosi. Non nego che in qualche matrimonio le misure preventive maltusiane si possano rendere necessarie qualche volta; e da un punto di vista teorico sarebbe uno dei più grandi trionfi dell'umanità, una delle liberazioni più tangibili dalle costrizioni della natura a cui è soggetta l'umanità, se potessimo riuscire a portare l'atto responsabile della procreazione al livello di una attività deliberata e voluta e a liberarlo dal viluppo della soddisfazione necessaria di un bisogno naturale.

Il medico perspicace quindi si preoccuperà di decidere in quali condizioni si giustifichi l'uso delle misure volte a prevenire il concepimento, e tra queste misure egli dovrà dividere quelle dannose da quelle innocue. È dannosa ogni cosa che ostacola la soddisfazione. Ma come è noto noi oggi non possediamo alcun metodo di prevenzione del concepimento che sia tale da soddisfare ogni legittima esigenza — cioè, che sia certo e comodo, che non diminuisca la sensazione del piacere durante il coito e che non ferisca la sensibilità della donna. Questo pone ai medici un compito pratico alla cui soluzione potranno dedicare le loro energie non senza soddisfazione. Chiunque colmi questa lacuna della tecnica medica preserverà la gioia di vivere e conserverà la salute di innumerevoli persone; sebbene, per la verità, darà anche l'avvio a un mutamento drastico delle nostre condizioni sociali.

Non sono comunque esauriti con ciò i compiti che derivano dal riconoscimento dell'etiologia sessuale delle nevrosi. Il vantaggio principale che se ne ottiene a favore dei nevrastenici rientra nella sfera della profilassi. Se la causa della nevrastenia in giovane età è la masturbazione, e se questa in seguito acquista importanza etiologica anche per la nevrosi d'angoscia, a cagione della riduzione di potenza cui ha dato luogo, allora impedire la masturbazione in ambedue i sessi è un compito che richiede più attenzione di quanta non ne abbia ricevuta sino a questo momento. Quando riflettiamo sui danni, dai più gravi a quelli meno gravi, derivanti dalla nevrastenia — disturbo che abbiamo detto diventa sempre più diffuso — vediamo che è davvero un problema di pubblico interesse il far sì che gli uomini pervengano ai rapporti sessuali nel pieno della loro potenza. Nel campo della profilassi, però, l'individuo è abbandonato a se stesso.

Tutta la comunità deve interessarsi della cosa e dare il proprio assenso alla creazione di regolamenti accettabili da tutti. Attualmente siamo ancora lontani da un tale stato di cose, che sarebbe di grande sollievo, ed è per questo motivo che possiamo considerare a ragione la civiltà responsabile, anche, della diffusione della nevrastenia. Molte cose andrebbero cambiate. La resistenza di una generazione di medici che non possono più ricordare la loro giovinezza deve essere abbattuta; l'orgoglio dei padri che non vogliono scendere a livello umano agli occhi dei figli deve essere superato; e l'irragionevole pudore delle madri deve essere combattuto: le madri, che oggi considerano un incomprensibile e immeritato colpo del destino il fatto che «proprio i loro figli siano diventati dei nevrotici». Ma soprattutto si deve far posto, nell'opinione pubblica, alla discussione dei problemi della vita sessuale. Dovrà diventare possibile parlare di queste cose senza essere tacciato di agitatore, o di persona che si compiace degli istinti più bassi. E perciò, anche qui, c'è lavoro sufficiente per i prossimi cent'anni, durante i quali la nostra civiltà dovrà imparare a venire a patti con le rivendicazioni della nostra sessualità.

L'importanza di fare una corretta separazione diagnostica tra psiconevrosi e nevrastenia è dimostrata dal fatto che le psiconevrosi richiedono una valutazione pratica differente e misure terapeutiche speciali. Le psiconevrosi appaiono come il risultato di due tipi di determinanti: indipendentemente o come strascico delle «nevrosi attuali» (nevrastenia e nevrosi d'angoscia). Nel secondo caso abbiamo a che fare con un nuovo tipo di nevrosi, — tra parentesi, molto frequente, — cioè una nevrosi mista. L'etiologia delle «nevrosi attuali» è diventata un'etiologia ausiliare delle psiconevrosi. Ne risulta un quadro clinico in cui, mettiamo, predomina la nevrosi d'angoscia ma che contiene anche caratteri di autentica nevrastenia, d'isterismo e di nevrosi ossessiva. Di fronte a un miscuglio di questo genere, non sarebbe tuttavia saggio da parte nostra rinunciare a separare i quadri clinici appartenenti a ciascuna malattia nevrotica; perché, dopo tutto, non è difficile spiegare il caso nella maniera seguente. Il posto predominante occupato dalla nevrosi d'angoscia dimostra che la malattia è sorta sotto l'influenza etiologica di una noxa sessuale «attuale». Ma la persona in questione, a parte questo, era disposta a una o più psiconevrosi a causa di una particolare etiologìa, e prima o poi si sarebbe ammalata di una psiconevrosi o spontaneamente o coll'avvento di qualche altro fattore debilitante. In questo modo l’etiologia ausiliare per la psiconevrosi, che ancora manca, è fornita dall'etiologia attuale della nevrosi d'angoscia.

Per tali casi è diventata pratica terapeutica molto corretta il trascurare le componenti psiconevrotiche del quadro clinico e il trattare esclusivamente la «nevrosi attuale». In moltissimi casi è possibile superare anche la psiconevrosi che essa ha portato con sé, ammesso che la nevrastenia sia efficacemente trattata. Ma si deve assumere un diverso atteggiamento in quei casi di psiconevrosi che o appaiono spontaneamente o restano come un'entità indipendente dopo che una malattia composta di nevrastenia e di psiconevrosi ha svolto il suo corso. Quando parlo di apparizione «spontanea» di una psiconevrosi, non intendo dire che l'indagine anamnestica evidenzi l'assenza di qualsiasi elemento etiologico. Certamente è possibile che lo faccia; ma può anche darsi il caso che la nostra attenzione si diriga su qualche fattore indifferente — uno stato emotivo, un indebolimento dovuto a malattia fisica, ecc. Si deve comunque tener presente in tutti questi casi che la vera etiologia delle psiconevrosi non si trova in tali cause, che fanno solo precipitare la situazione, ma resta fuori della portata di un esame anamnestico ordinario.

Come è noto, è stato proprio nel tentativo di colmare questo abisso che si è fatta l'ipotesi di una particolare disposizione nevropatica (la quale, per inciso, se esistesse, non lascerebbe molte speranze di successo al trattamento di tali condizioni patologiche). La disposizione nevropatica stessa è considerata segno di una degenerazione generale, e perciò questo comodo termine tecnico viene usato sovrabbondantemente contro gli sventurati pazienti che i medici non sono assolutamente in grado di aiutare. Per fortuna la realtà è diversa. La disposizione nevropatica senza dubbio esiste, ma nego che sia sufficiente per creare una psiconevrosi. Nego, inoltre, che la congiunzione di una disposizione nevropatica con le cause precipitanti che si verificano nell'età più matura, costituisca un'etiologia adeguata delle psiconevrosi. Nel far risalire le vicissitudini della malattia di un individuo alle esperienze dei suoi antenati, siamo andati troppo lontano; abbiamo dimenticato che tra la nascita e la maturità corre un lungo e importante periodo di vita — l'infanzia — in cui si possono contrarre i germi della futura malattia. E questo è proprio ciò che accade con la psiconevrosi. La sua vera etiologia va trovata nelle esperienze infantili, cioè, ancora una volta, — ed esclusivamente — nelle impressioni riguardanti la vita sessuale di quel periodo.

Sbagliamo ad ignorare interamente la vita sessuale dei bambini. Nella mia esperienza ho visto che i bambini sono capaci di ogni attività sessuale psichica e molti anche di attività sessuali somatiche. Proprio come l'intero apparato sessuale umano non è compreso negli organi genitali esterni e nelle due ghiandole seminali, così la vita sessuale umana non comincia solo con la pubertà, come potrebbe sembrare a prima vista. Tuttavia è vero che l'organizzazione e l'evoluzione della specie umana cercano di evitare ogni alto grado di attività sessuale durante l'infanzia. Sembra che nell'uomo le forze sessuali istintuali restino immagazzinate affinché, giunta la pubertà e con essa il momento della loro liberazione, possano servire ai grandi fini culturali (W. Fliess). Una considerazione di questo genere può consentire di capire perché le esperienze sessuali dell'infanzia siano destinate ad avere un effetto patogeno. Esse producono il loro effetto solo in misura assai limitata nel momento in cui si verificano. Molto più importante, invece, è il loro effetto differito, che può aver luogo solo nei periodi successivi dello sviluppo. Questo effetto differito insorge — ed è l'unica spiegazione possibile — a causa delle tracce psichiche lasciate dalle esperienze sessuali infantili. Durante l'intervallo tra quelle esperienze e la riproduzione delle impressioni di allora (o meglio, il rafforzamento degli impulsi libidici derivanti da esse), non solo l'apparato sessuale somatico, ma anche l'apparato psichico subisce un importante sviluppo; è così che l'influenza di queste prime esperienze sessuali porta ora a una reazione psichica anormale da cui risultano strutture psicopatologiche.

In questi brevi accenni non posso far altro che citare i fattori principali su cui si fonda la teoria delle psiconevrosi: la natura differita dell'effetto e lo stato infantile dell'apparato sessuale e dello strumento mentale. Per riuscire a capire a fondo il meccanismo per cui sorgono le psiconevrosi, sarebbe necessaria una esposizione più particolareggiata. Soprattutto sarebbe indispensabile presentare come degne di fede certe ipotesi, che a me sembrano nuove, sulla composizione e il modo di operare dell'apparato psichico. In un libro sull'interpretazione dei sogni, nella cui stesura sono adesso impegnato, troverò l'occasione di toccare quegli elementi fondamentali di una psicologia delle nevrosi. I sogni, infatti, appartengono allo stesso gruppo di strutture psicopatologiche a cui appartengono anche le idées fìxes isteriche, le ossessioni e le manie.

Poiché sorgono dall'azione differita delle tracce psichiche inconsce, le manifestazioni delle psiconevrosi sono accessibili alla psicoterapia. Ma in questo caso la terapia deve battere strade diverse dalla sola finora seguita, che è stata quella della suggestione con o senza ipnosi. Basandomi sul metodo «catartico» introdotto da Josef Breuer, io negli ultimi anni ho elaborato quasi completamente un procedimento terapeutico che mi propongo di chiamare «psicoanalisi». Ad esso devo un gran numero di successi e spero di poterne ulteriormente accrescere l'efficacia. Le prime descrizioni della tecnica e dello scopo di questo metodo sono state fatte in Studi sull'isteria, scritto insieme con Breuer e pubblicato nel 1895. Da quel momento, penso di poter dire, molte cose sono mutate in meglio. Mentre a quel tempo noi dichiaravamo modestamente di poter eliminare i sintomi dell'isteria, non curare l'isteria stessa, questa distinzione ora mi sembra priva di sostanza poiché esiste oggi la prospettiva di una autentica cura dell'isteria e delle ossessioni. E stato perciò con vero piacere che ho letto nelle pubblicazioni di colleghi che «in questo caso l'ingegnoso procedimento inventato da Breuer e da Freud è fallito», o che «il metodo non è riuscito a mantenere ciò che sembrava promettere». Questo mi ha fatto sentire un po' come colui che leggesse il proprio necrologio sul giornale, ma che è in grado di rassicurarsi grazie alla sua migliore conoscenza di come stiano effettivamente le cose. Il metodo, infatti, presenta tali difficoltà che deve essere assolutamente appreso; ed io non ricordo uno solo dei miei critici che abbia espresso il desiderio di apprenderlo da me. Né credo che si siano occupati, come me, di esso abbastanza intensamente per essere stati in grado di scoprirlo da soli. Le osservazioni contenute in Studi sull'isteria non possono assolutamente consentire al lettore di impadronirsi della tecnica, né si proponevano in alcun modo di dare una tale completa istruzione.

La terapia psicoanalitica attualmente non è applicabile a tutti i casi. Per quanto so, essa ha le seguenti limitazioni. Richiede un certo grado di maturità e di comprensione da parte del paziente e perciò non è adatta per i giovani o per gli adulti deficienti o non istruiti. Fallisce anche con le persone molto avanti negli anni, perché, a causa dell'accumulazione del materiale in loro, ci vorrebbe tanto tempo che alla fine del trattamento esse avrebbero raggiunto un'età in cui non si attribuisce più valore alla salute nervosa. Insomma, il trattamento è possibile solo se il paziente ha uno stato psichico tale che gli permetta di dominare il materiale patologico. Durante una condizione di confusione isterica, o di mania interpolata o melancolia, nulla possono i mezzi psicoanalitici. Tali casi tuttavia possono essere trattati per mezzo dell'analisi dopo che le manifestazioni violente siano state calmate servendosi delle misure usuali. Nella pratica reale, i casi cronici di psiconevrosi sono molto più trattabili con questo metodo dei casi in cui si manifestano crisi acute, dove la massima importanza è data naturalmente alla rapidità con cui si possono risolvere le crisi. Quindi, il campo di lavoro più favorevole per questa nuova terapia è offerto dalle fobie isteriche e dalle varie forme di nevrosi ossessiva.

La limitatezza di questo metodo si spiega in larga misura con le circostanze in cui l'ho dovuto elaborare. Il mio materiale, infatti, consiste di nervosi cronici provenienti dalle classi più istruite. Ritengo probabilissimo che si possano inventare metodi supplementari per trattare i bambini e il pubblico che gode di assistenza ospedaliera. Dovrei anche dire che sino ad oggi ho provato il mio trattamento esclusivamente su casi gravi d'isterismo e di nevrosi ossessiva; non posso dire cosa sarebbe successo con quei casi lievi che, almeno all'apparenza, si curano con qualche tipo di trattamento non specifico della durata di pochi mesi. È facile capire che una nuova terapia che richiede molti sacrifici può contare di ottenere solo pazienti che hanno già provato senza successo i metodi generalmente accettati, o la cui condizione abbia giustificato la conclusione che non potevano aspettarsi nulla da questi procedimenti terapeutici ritenuti più convenienti e più brevi. È successo così che fossi costretto ad affrontare immediatamente i compiti più difficili con uno strumento imperfetto. La prova si è rivelata ancora più convincente.

Le principali difficoltà che si ergono ancora sulla via del metodo di cura psicoanalitico non sono dovute al metodo stesso, ma all'incomprensione della natura delle psiconevrosi da parte dei medici e dei profani. Non è altro che un corollario alla completa ignoranza dell'argomento il fatto che i medici si considerino giustificati nell'usare le assicurazioni più infondate per consolare i loro pazienti o per indurli ad adottare inutili misure terapeutiche. «Venga nella mia casa di cura per sei settimane», dicono «e si libererà di questi sintomi» (angoscia da viaggio, ossessioni, ecc.). Le case di cura, è vero, sono indispensabili per calmare gli attacchi acuti che possono aversi nel corso di una psiconevrosi, distogliendo l'attenzione del paziente dal male fondamentale, nutrendolo e prendendosi cura di lui. Ma per quanto riguarda l'eliminazione delle condizioni croniche, le case di cura non possono assolutamente nulla: e le migliori, che si ritiene siano condotte su basi scientifiche, non fanno più dei normali stabilimenti idroterapici.

Sarebbe più dignitoso e anche più utile per il paziente — che, dopo tutto, deve venire a patti con i suoi disturbi — che il medico gli dicesse quella verità che gli risulta dalla sua pratica quotidiana. Le psiconevrosi, come genere di malattia, non sono affatto malattie lievi. Una volta insorto l'isterismo, nessuno può predire quando finirà. Noi in gran misura ci consoliamo con la vana profezia che «un giorno improvvisamente sparirà». La guarigione molto spesso risulta essere semplicemente un accordo sulla tolleranza reciproca tra la parte malata del paziente e la parte sana; è il risultato di un sintomo di una fobia. L'isterismo di una ragazza calmato con difficoltà torna a vivere in lei da moglie dopo la breve interruzione di felicità della giovane sposa. La sola differenza è che un'altra persona, il marito, e non più i genitori, è ora portato da propri interessi a serbare il silenzio sulle condizioni della moglie. Anche se una malattia di questo genere non porta ad alcuna incapacità manifesta da parte del paziente a continuare la sua vita normale, quasi sempre impedisce ai suoi poteri mentali di spiegarsi liberamente.

Attraverso tutta la sua vita ricorrono le ossessioni; e le fobie e le altre restrizioni sulla volontà non hanno risposto finora ad alcuna terapia di qualsiasi genere. Il profano è tenuto all'oscuro di tutto ciò. Di conseguenza, il padre della ragazza isterica è terrorizzato, se, per esempio, gli si chiede di permettere che la figlia sia sottoposta al trattamento per un anno, quando lei può darsi sia malata solo da pochi mesi. Il profano è, come dire, profondamente convinto che tutte queste psiconevrosi non siano cosa seria; perciò egli non ha nessuna pazienza coi processi della malattia e nessuna fretta di compiere dei sacrifici per il suo trattamento. Se di fronte a un caso di tifo che dura tre settimane, o a una gamba rotta che impiega sei mesi per guarire, egli adotta un atteggiamento più comprensivo, e se appena il bambino mostra i primi segni di una curvatura della spina dorsale, egli trova ragionevole che il trattamento ortopedico sia continuato per parecchi anni, vuol dire, allora, che la differenza di comportamento è dovuta ad una migliore conoscenza da parte dei medici che la trasmettono onestamente al profano.

L'onestà da parte del medico e la volenterosa acquiescenza da parte del profano si avranno anche per le nevrosi appena la comprensione della natura di quelle affezioni diventerà proprietà comune del mondo medico. Un trattamento radicale di questi disturbi richiederà certo sempre una speciale preparazione e sarà incompatibile con gli altri tipi di attività medica. D'altro lato, questa categoria di medici, che, credo, sarà numerosa in futuro, ha davanti a sé la prospettiva di acquisire notevoli risultati e di pervenire ad una soddisfacente capacità di capire la vita mentale dell'umanità.