Diniego |
(ingl. denial; ted. Verleugnung; fr. déni) Meccanismo di difesa con cui il soggetto rifiuta di riconoscere esperienze penose, impulsi, dati di realtà o aspetti di sé. S. Freud, che ha introdotto il termine, l'ha impiegato per indicare il rifiuto da parte del soggetto di riconoscere quella percezione traumatizzante che consiste nella mancanza del pene nella bambina: «Conosciamo le reazioni dei bambini alle prime impressioni dell'assenza del pene. Essi disconoscono questa assenza e credono di vedere ugualmente un pene, cercano di appianare la contraddizione fra l'osservazione e la loro convinzione preconcetta col pensiero che esso è ancora piccolo e che poi crescerà, giungendo a poco a poco alla conclusione - affettivamente importante - che se non altro il pene prima c'era, e poi è stato asportato» (1923a, p. 565-566). Questo processo, scrive sempre Freud, «a cui darei il nome di "rinnegamento", nella vita psichica infantile non pare essere né raro né particolarmente pericoloso, [...] invece nell'adulto darebbe il via a una psicosi. La bambina rifiuta di accettare il dato di fatto della propria evirazione, si ostina nella convinzione di possedere un pene, ed è costretta in seguito a comportarsi come se fosse un maschio» (1925c, p. 212). In seguito il concetto di diniego fu esteso a tutte le percezioni penose che, contrastando col principio di -► piacere (§ 1), portano a non riconoscere la realtà o a trasformarla allucinatoria- mente per esaudire il desiderio. Nel diniego Freud vede l'origine della scissione dell'Io (-► scissione, § II, 2). Intervenendo sull'argomento M. Klein, in polemica con H. Deutsch che sosteneva la posizione di Freud, scrive: «A questo proposito mi discosto da lei per il fatto che mentre essa sostiene che il "diniego" si riconnette alla fase fallica e al complesso di evirazione (per cui si ha nelle bambine il diniego dell'assenza del pene), le mie osservazioni mi hanno condotto a concludere che il meccanismo del diniego si origina in quella fase precocissima dello sviluppo nella quale l'Io, ancora immaturo, cerca di difendersi dalla più opprimente e più profonda delle angosce e cioè dalla paura dei persecutori interiorizzati e dell'Es. Ciò vuol dire che prima di ogni altra cosa, è denegata la realtà psichica; solo dopo di ciò l'Io può procedere a denegare quantità più o meno rilevanti della realtà esterna» (1935, p. 313). Secondo la Klein il diniego è alla base delle -»■ proiezioni, per cui il soggetto nega di avere determinati sentimenti che non accetta attribuendoli ad altri, e delle difese maniacali, volte a negare il significato interno dei sentimenti depressivi. Il diniego non va confuso con la -► rimozione (Verdrängung), né con la negazione (Verneinung) dove non si ha un misconoscimento della realtà interna o di quella esterna, ma un'asserzione in negativo dell'esperienza spiacevole con proposizioni che, stando agli esempi di Freud, dicono ad esempio: «Lei domanda chi possa essere questa persona del sogno. Non è mia madre» (1925b, p. 197). |