Sincronizzazione |
Il cervello è un insieme di circuiti, ognuno costituito da più assemblee (popolazioni) di neuroni. Alcuni circuiti con funzioni percettive rappresentano gli stimoli originati all'interno e all'esterno dell'organismo. Essi, almeno in parte, condividono reti neurali con circuiti della memoria che rappresentano informazione registrata su aspetti percettivi, emozionali e sensori-motori di un precedente vissuto o pensiero. Altri circuiti rappresentano bisogni biologici (sonno, riproduzione, ecc.), sociali e culturali. Circuiti con funzioni attentive modulano il livello di attivazione di quelli percettivi e di memoria. Altri ancora, con funzioni «esecutive», rappresentano strategie operative per obiettivi non raggiungibili mediante procedure standardizzate. I neuroni di tutti questi circuiti hanno connessioni che variano plasticamente nel tempo a seguito dell'esperienza o del pensiero. A dispetto della segregazione spaziale dei circuiti cerebrali, anche una semplice operazione cognitiva quale il riconoscimento di un oggetto implica un'integrazione temporale dell'informazione che rappresenta le sue diverse componenti sensoriali (visive, acustiche, tattili), i programmi motori per usarlo, le emozioni evocate. Il coordinamento dei circuiti per una percezione multidimensionale dell'oggetto sarebbe svolto dalle aree associative frontali e parietali, che comprendono regioni integrative multisensoriali in grado di inviare segnali di reclutamento e di controllo per i circuiti neurali di ordine inferiore, i cosiddetti processi «top-down» (Damasio, 1989). Come si realizza, allora, in funzione delle specifiche esigenze del momento, tale coordinamento ? Questo dilemma, noto come il «problema ell'interconnessione neu-rale», ha animato la ricerca neurofisiologica degli ultimi decenni. Nel corso degli anni '80, W. Singer e colleghi hanno cercato di risolvere il problema dell'interconnessione neurale invocando un meccanismo fisiologico capace di coordinare l'attività delle popolazioni di neuroni nel dominio del tempo. La premessa anatomo-fisiologica è che ogni neurone di una popolazione è connesso con uno o più sottogruppi di neuroni e ogni sottogruppo neurale rappresenta una caratteristica dell'oggetto. Secondo questa premessa, si è ipotizzato che, in caso di diverso andamento temporale dell'attività dei neuroni di un sottogruppo, la caratteristica rappresentata non emergesse a livello mentale cosciente o incosciente. Al contrario, la «sincronizzazione temporale» di quell'attività neurale farebbe emergere la caratteristica dell'oggetto a livello mentale. La sincronizzazione temporale dell'attività cerebrale riguarda due tipi d'attività neurale: il potenziale d'azione e il potenziale postsinaptico. Il potenziale d'azione è una variazione rapida (due millisecondi) del potenziale di membrana della fibra del neurone (assone), che ha ampiezza costante e andamento «tutto o nulla». Esso è registrabile ponendo un elettrodo molto fine in prossimità o dentro l'assone. Il potenziale post-sinaptico è una variazione graduale eccitatoria o inibitoria del potenziale della membrana postsinaptica, che è registrabile mediante elettrodi molto fini posti in prossimità dei dendriti o del corpo cellulare del neurone. Il potenziale postsinaptico ha un andamento oscillatorio innescato da neurotrasmettitori eccitatori e inibitori. Le basi teoriche e le prime evidenze sperimentali a favore dell'ipotesi della sincronizzazione temporale dell'attività neurale si devono a studi volti a chiarire i meccanismi neurofisiologici che regolano la forza delle connessioni tra due neuroni in base all'apprendimento («plasticità sinaptica»). Un primo meccanismo («coincidenza pre-post») fu teorizzato da D. Hebb nel 1949. Egli ipotizzò che la simultanea attività nei neuroni presinaptico e postsinaptico potesse rafforzare la loro connessione sinaptica. Un secondo meccanismo («coincidenza premodulatoria») fu proposto nel 1963 da E. Kandel e L. Tauc per spiegare risultati sperimentali ottenuti sul sistema nervoso di un gasteropodo, la chiocciola marina Aplysia. Essi dimostrarono come una connessione sinaptica possa essere rafforzata senza alcuna attività della cellula nervosa postsinaptica, quando vi è una simultanea attivazione del neurone presinaptico e di un terzo neurone che ne modula la scarica, il neurone «modulatore». Ai primi studi sulle basi neurali dell'apprendimento, seguirono le prime evidenze sperimentali di D. Perkel e colleghi (1967) e di G. Moore e colleghi (1970) sulla «correlazione temporale» dei potenziali d'azione di neuroni della corteccia visiva durante l'elaborazione di stimoli. La probabilità di incontrare un potenziale d'azione in un certo neurone dipendeva dalla simultanea presenza di un potenziale d'azione in un altro neurone della medesima popolazione. Detta correlazione temporale dei potenziali d'azione era scollegata dalla loro frequenza, il principale parametro usato fino ad allora per descrivere la codificazione neurale degli stimoli sensoriali. Alla base della correlazione temporale vi sarebbe il meccanismo fisiologico della «coincidenza temporale», secondo il quale l'arrivo d'input eccitatori da neuroni «sincronizzati», in un periodo temporale minore di cinque millisecondi, è in grado di generare la produzione di un potenziale d'azione in un neurone bersaglio. Questo meccanismo assicurerebbe il mantenimento e la propagazione della sincronizzazione temporale dell'attività neurale all'interno dei gruppi e sottogruppi di neuroni funzionalmente collegati. Queste prime evidenze sperimentali sulla sincronizzazione temporale dell'attività neurale ispirarono la teoria di Ch. von der Malsburgnel 1981 sul riconoscimento percettivo degli oggetti dallo sfondo. La teoria si basava sulle proprietà del campo recettivo dei neuroni della corteccia visiva, definito come la porzione di campo visivo che, se stimolata, modula la frequenza dei potenziali d'azione del neurone esaminato (Hubel e Wiesel, 1962). In genere, i neuroni «semplici» hanno un campo recettivo con una zona eccitatoria (o inibitoria) affiancata da uno o entrambi i lati da una zona inibitoria (o eccitatoria), che li rende adatti a riconoscere stimoli a forma di barra o bordo con una specifica inclinazione. I campi recettivi dei neuroni «complessi» sono adatti a riconoscere «barre» o «bordi» che si muovono con una certa inclinazione e direzione, quelli dei neuroni «ipercomplessi» rispondono a stimoli in movimento con una specifica dimensione, inclinazione e direzione. Von der Malsburg prese le mosse dalla critica a una teoria in voga all'inizio degli anni '80, secondo la quale l'oggetto sarebbe riconosciuto da neuroni visivi di alto livello su cui confluirebbe l'attivazione dei neuroni di basso livello (ad es. «semplici», «complessi», «ipercomplessi») in grado di analizzare caratteristiche percettive elementari. L'operazione di riconoscimento d'ogni singolo oggetto sarebbe così il prodotto di neuroni cosiddetti «cardinali», posti al vertice di specifiche strutture piramidali di neuroni. Von der Malsburg criticò questa teoria ritenendo che il riconoscimento di ogni singolo oggetto visivo avrebbe richiesto un numero di neuroni superiore a quello presente nel cervello dell'uomo. Altri punti deboli della teoria erano la dipendenza del riconoscimento di un oggetto da un numero limitato di neuroni «cardinali» e l'incapacità di spiegare come fosse possibile il riconoscimento di un oggetto visto per la prima volta, per cui non vi fosse un apposito neurone «cardinale». In alternativa, egli introdusse la teoria della «correlazione temporale» secondo cui i neuroni sensoriali della corteccia che si attivano per un certo oggetto, rispetto allo sfondo, presentano potenziali d'azione sincronizzati temporalmente. Secondo questa teoria, un certo neurone sensoriale può essere «sincronizzato» con un primo sottogruppo neurale in un certo momento e con un secondo sottogruppo neurale in un altro momento. In questo modo, un gruppo di neuroni diventa potenzialmente capace, tramite i suoi sottogruppi neurali, di codificare in modo collettivo diversi attributi e oggetti, superando i punti deboli della teoria precedente. I dati e le ipotesi teoriche sopra menzionate hanno ispirato negli ultimi vent'anni numerosi studi sperimentali sulla sincronizzazione temporale dell'attività neurale in animali coinvolti in compiti di percezione, attenzione, coscienza, memoria e integrazione sensori-motoria. In particolare, si è valutata la sincronizzazione temporale dei potenziali d'azione o dei potenziali di campo locali. I potenziali di campo locali sono registrati mediante un elettrodo fine che rileva la somma dei potenziali postsinaptici sincroni generati da una circoscritta popolazione neurale del cervello dell'animale. Per quanto concerne le principali funzioni cerebrali, la ricerca più recente ha evidenziato quanto segue. La percezione comprende l'analisi delle caratteristiche di uno stimolo e la loro integrazione per costruire un percetto coerente ed, eventualmente, riconoscere lo stimolo medesimo in base a informazioni memorizzate in precedenza. Tra il 1987 e il 1989, si è dimostrata nel gatto l'importanza per la funzione percettiva del meccanismo di sincronizzazione temporale dell'attività dei neuroni visivi corticali (aree 17 e 18). I neuroni sensibili a una stessa caratteristica elementare dello stimolo (ad es. la direzione di barre luminose) mostravano potenziali, d'azione sincronizzati alla frequenza di picco di circa 40 Hz, compresa nella banda gamma (Singer e Gray, 1987; 1989). I potenziali d'azione di tali neuroni non erano invece sincronizzati con quelli di neuroni sensibili ad altre caratteristiche dello stimolo (ad es. la velocità delle barre luminose). Il meccanismo di sincronizzazione temporale dell'attività neurale fu osservato nella corteccia visiva e non nei nuclei visivi del talamo (ad es. nuclei genicolati laterali). Inoltre, si osservò che la frequenza di picco e l'andamento temporale dei potenziali d'azione corrispondevano alla frequenza di picco e all'andamento temporale dei potenziali di campo locali registrati localmente, a dimostrazione della stretta relazione temporale tra i correlati nervosi dei processi di integrazione degli input sinaptici (potenziali postsinaptici) e dell'output neurale (potenziali d'azione). Tra il 1992 e il 1994, ulteriori conferme sono venute da studi su gatti resi strabici alla nascita, i quali non riuscivano a raggruppare in un percetto coerente i segnali visivi provenienti dai due occhi. Il deficit binoculare si è correlato alla incapacità dei neuroni che ricevevano segnali dai due occhi di sincronizzare i loro potenziali d'azione nella banda gamma (circa 40 Hz). Ciò era dovuto alla degenerazione delle fibre nervose orizzontali che connettevano i neuroni binoculari. Altre evidenze sono state ottenute in gatti con strabismo dovuto alla divergenza di un solo occhio (strabismo ambliopico), nei quali l'occhio ambliopico presenta una ridotta acuità visiva, specialmente quando l'oggetto viene presentato su uno sfondo con molti elementi visivi di distrazione. Si è dimostrato che il livello del disturbo percettivo si correlava a una riduzione della sincronizzazione temporale in banda gamma (circa 40 Hz) ma non della frequenza dei potenziali d'azione. L'attenzione visiva selettiva è fondamentale per individuare uno stimolo di interesse all'interno di una scena visiva complessa in cui vi siano stimoli da ignorare. Buoni esempi della relazione tra sincronizzazione temporale dell'attività neurale e attenzione visiva selettiva sono offerti da studi recenti sui potenziali d'azione e potenziali di campo locali in aree corticali visive e/o somato-motorie di gatti o scimmie. Durante la presentazione simultanea di stimoli visivi e tattili, la sincronizzazione temporale dei potenziali d'azione in banda gamma dell'area somatosensoriale secondaria era più alta nella condizione in cui il gatto prestava attenzione e rispondeva agli stimoli tattili piuttosto che agli stimoli visivi da trascurare. Uno studio successivo evidenziò un aumento della sincronizzazione temporale dei potenziali d'azione e dei potenziali di campo locali dei neuroni prestriati della corteccia visiva (V4), mentre la scimmia attendeva stimoli visivi di riferimento per una successiva risposta comportamentale rispetto a stimoli visivi da trascurare. Tale aumento della sincronizzazione temporale si verificava selettivamente nella banda gamma nei neuroni attivati dalle caratteristiche degli stimoli attesi. Al contrario, non si verificava nei neuroni attivati dalle caratteristiche degli stimoli da ignorare. In un altro esperimento, si osservava un aumento della sincronizzazione temporale dei potenziali di campo locali in banda gamma con direzione dalle aree parietali, posteriori (area 7) all'area occipitale (area 17), dopo la presentazione di uno stimolo visivo di «go» (la figura di un topo) che doveva essere seguito da una risposta motoria. La direzione della suddetta sincronizzazione temporale era compatibile con processi nervosi gerarchici da aree associative ad aree sensoriali, i processi «top-down». L'influenza dell'attenzione visiva era confermata dal fatto che l'aumento di sincronizzazione temporale «top-down» non si verificava dopo uno stimolo di «no-go» (la figura di un rettangolo). Quando altri stimoli visivi inattesi venivano somministrati durante le condizioni di «go» e di «no-go», si verificava in entrambe le condizioni una riduzione della sincronizzazione temporale tra le due aree di interesse nella banda alfa (8-12 Hz) e un lieve aumento in una banda gamma estesa (20-100 Hz). Il concetto di «coscienza» è assai discusso nell'ambito della psicologia e della neurofisiologia, poiché esso è intimamente collegato con, e per certi versi difficilmente distinguibile da, i concetti di percezione, attenzione e memoria. La validità del concetto di coscienza è suggerita dal comportamento di certi pazienti epilettici. Nel corso di crisi di assenza della coscienza, essi attuano automatismi comportamentali nei confronti di stimoli esterni, mantenendo integre a un livello basilare le funzioni di percezione, attenzione, integrazione sensori-motoria e memorizzazione a breve termine. Tutto avviene, però, in uno stato di chiara inespressività, anaffettività e impersonalità (Damasio, 1999). Nel 1990, la consapevolezza visiva e la sincronizzazione temporale dell'attività neurale sono state studiate considerando come stimolo visivo un'immagine «bistabile» (Shepard, 1990). L'immagine bistabile veniva percepita alternativamente come un volto visto frontalmente coperto parzialmente da un candelabro centrale ovvero come due volti di profilo separati dal candelabro. La consapevolezza del volto frontale sarebbe associata alla sincronizzazione temporale dei potenziali d'azione dei neuroni con i campi recettivi sul lato sinistro del volto con quelli relativi al lato destro del volto. Diversamente, la consapevolezza dei due volti di profilo sarebbe correlata alla sincronizzazione temporale dei potenziali d'azione tra i neuroni con i campi recettivi sul volto sinistro e, in parallelo, alla sincronizzazione temporale dei potenziali d'azione tra i neuroni con i campi recettivi sul volto destro. Nel 1997, un importante contributo è venuto dallo studio della «rivalità» binoculare in gatti strabici. In questi gatti, la consapevolezza degli stimoli inviati a un occhio si alternava a quella per l'altro occhio. Un forte contrasto di luminosità tra le barre induceva la consapevolezza visiva, indicata da un riflesso oculare. Nel corso della stimolazione dicoptica, stimoli con diverso contrasto venivano dati ai due occhi. La consapevolezza visiva nell'occhio raggiunto dello stimolo a forte contrasto luminoso si associava a un aumento (140%) di sincronizzazione temporale in banda gamma tra i potenziali d'azione e i potenziali locali di campo dei neuroni della corteccia visiva (aree 17 e 18). In questi neuroni non vi era, invece, alcun aumento della frequenza dei potenziali d'azione. Si concluse che la sincronizzazione temporale fosse alla base del meccanismo di «rivalità binoculare» che dà luogo all'alternanza della consapevolezza visiva nei due occhi dei gatti strabici. Il mantenimento in memoria di informazioni e istruzioni per brevi periodi è alla base di molti processi decisionali. Nel 1996, la relazione tra la sincronizzazione temporale dell'attività neurale e la memoria a breve termine è stata evidenziata in un compito di risposta ritardata (Fuster e Zhou, 1996). Uno stimolo tattile di riferimento era seguito dopo un periodo di ritardo da uno stimolo da giudicare. La scimmia doveva decidere se lo stimolo da giudicare fosse uguale a quello di riferimento. I neuroni dell'area primaria somatosensoriale mostravano un aumento della frequenza dei potenziali d'azione durante il periodo di memorizzazione a breve termine. Aspetto rilevante per questa trattazione, la transizione tra il periodo prestimolo e il periodo di memorizzazione mostrava un'evoluzione temporale della frequenza di scarica neurale verso la banda gamma (25 e 50 Hz). Il movimento è frequentemente guidato da stimoli esterni e richiede, quindi, l'integrazione funzionale (binding) di diverse rappresentazioni neurali sensoriali e motorie. Nel 1997, il ruolo della sincronizzazione temporale dell'attività neurale nell'integrazione sensori-motoria è stato messo in evidenza nel citato studio sui gatti di Singer e Gray. All'apparire di barre orizzontali, l'animale doveva premere una leva. In preparazione del movimento, si osservò una sincronizzazione temporale in banda alfa (circa 10 Hz) dei potenziali di campo locali tra neuroni di aree impegnate nell'analisi di stimoli visivi, quali le aree occipitali (17, 18) e parietali posteriori (5,7). Tale sincronizzazione temporale si osservò anche tra neuroni di aree coinvolte nel movimento volontario quali le aree parietali posteriori (5) e l'area motoria (4). In una condizione di controllo, si usarono barre orizzontali in movimento per invitare l'animale al movimento. Rispetto alla condizione sperimentale, la sincronizzazione temporale aumentò solo tra i potenziali di campo locali relativi alle aree visive occipitali e parietali posteriori, a seguito del maggiore livello di stimolazione visiva. I risultati della condizione di controllo dimostrarono, pertanto, la specificità dei meccanismi di sincronizzazione temporale. Lo studio dei potenziali d'azione e dei potenziali di campo locali nel cervello dell'animale non risponde però a un quesito importante. In che misura la sincronizzazione temporale dell'attività neurale si correla alle funzioni superiori dell'uomo ? Nell'uomo la registrazione intracerebrale dell'attività neurale è un'eventualità assai rara. Per ovvi motivi etici, essa può essere effettuata solo in certi pazienti neurologici nel quadro delle procedure volte a curarli. Tuttavia, la sincronizzazione temporale dell'attività neurale nell'uomo può essere studiata anche mediante l'analisi dei potenziali elettroencefalo-grafici (eeg) registrati dallo scalpo o della loro controparte magnetica, i campi magnetoence-falografici (meg). Nel caso che Peeg/meg venga registrata durante un evento sensoriale, cognitivo o motorio, le regolari oscillazioni degli spezzoni sono per gran parte non in fase rispetto al suddetto evento. La media aritmetica di numerosi spezzoni di eeg/meg, ognuno correlato a una ripetizione dell'evento, rivela la presenza di potenziali evento correlati di bassa ampiezza rispetto alle ampie oscillazioni dell'EEG/MBG registrato. Ciò è dovuto alla cancellazione di queste oscillazioni, che non sono in fase con l'evento nei diversi spezzoni eeg/meg. I potenziali evento correlati non vengono cancellati poiché sono in fase rispetto all'evento. Dal punto di vista storico, i potenziali eeg sono stati registrati per la prima volta nell'uomo da H. Berger nel 1929. Egli osservò un ritmo eeg dominante nello stato di veglia rilassata a occhi chiusi, il ritmo alfa (circa io Hz). Nel 1949, H. Jasper e W. Penfield map-parono dettagliatamente il ritmo alfa corticale nel corso di operazioni neurochirurgiche. In un certo sito parietale posteriore, l'alfa della corteccia parietale si riduceva in ampiezza («blocco dell'alfa») durante l'apertura degli occhi del paziente, ma non durante l'esecuzione di un movimento o una stimolazione del braccio. In un sito vicino, esso si riduceva durante l'esecuzione del movimento o la stimolazione del braccio, ma non durante l'apertura degli occhi. Nelle aree sensori-motorie, l'alfa diminuiva solo durante l'esecuzione del movimento o la stimolazione del braccio. Il blocco del ritmo alfa durante lo stato di attività del soggetto è un fenomeno apparentemente paradossale. La sua riduzione dipende da una transizione dell'attività dei neuroni piramidali corticali da frequenze di fondo di circa io Hz a frequenze operative di circa 20 e 40 Hz. La riduzione dei neuroni piramidali corticali che oscillano a circa io Hz diminuisce il ritmo alfa dell'eeg. Il ritmo alfa è indotto nei neuroni piramidali corticali sia da neuroni talamici, che smistano segnali di varia natura alla corteccia, sia da neuroni di altre aree corticali. Molto importante è anche il contributo di neuroni delle vie nervose colinergiche che partono dal prosencefalo e sincronizzano i neuroni corticali direttamente o tramite i neuroni reticolari. Un ruolo chiave viene proprio svolto dalla frequenza di scarica dei neuroni talamici reticolari che sincronizzano quelli talamici sensoriali: frequenza fasica in condizioni di riposo (intorno a 8 Hz) e frequenza tonica (fino alla banda gamma) in condizioni di trasmissione. In stato di riposo, il ritmo alfa generato dai neuroni piramidali corticali ha una grande ampiezza e corrisponde sostanzialmente a uno stato di relativa inibizione dei canali sensoriali talamo-corticali che trasmettono segnali sensoriali periferici o fanno rientrare in corteccia segnali di varia natura. Nel 1977, G. Pfurtscheller quantificò la riduzione percentuale del ritmo alfa sulle aree corticali sensori-motorie durante la preparazione e l'esecuzione del movimento, l'erd, o desincronizzazione evento-correlata L'erd alfa si associava a una riduzione del ritmo beta, che però aumentava fortemente subito dopo la fine del movimento nella cosiddetta ers, sincronizzazione evento-correlata postmovimento. L'ers beta rifletteva l'inibizione dell'area motoria controlaterale al movimento alla fine del suo compito. Con il medesimo significato inibitorio, durante il movimento, si osservò anche un ers beta attorno alla zona di massimo beta erd. Avanzate tecniche matematiche sono state applicate all'EEG/MEG per stimarne i generatori corticali e per costruire modelli della sincronizzazione temporale tra le aree corticali durante eventi sensoriali, cognitivi e motori. Tale sincronizzazione temporale è stimata dalla covarianza evento correlata nel dominio del tempo e dalla coerenza spettrale nel dominio della frequenza. Si è visto che la frequenza a cui si sincronizzano le aree corticali dipende dalla loro distanza. Processi di elaborazione visiva aumentano la coerenza spettrale nella banda gamma tra siti occipitali; processi semantici aumentano la coerenza spettrale nella banda beta tra siti relativamente vicini quali le aree temporale e parietale; e processi di memoria di lavoro aumentano la coerenza spettrale nella banda teta (4-7 Hz) tra siti distanti quali l'area prefrontale e parietale posteriore. La directed transfer function (dtf) stima l'influenza di un'area cerebrale su un'altra. Essa ha svelato connessioni funzionali in direzione postero-anteriore nella generazione del ritmo alfa. La coerenza spettrale e la dtf hanno evidenziato la sincronizzazione temporale tra i ritmi eeg/meg dell'area corticale motoria e quelli elettromiografia indotti dall'attività di motoneuroni spinali. Si è visto che la corteccia motoria sincronizzava temporalmente i motoneuroni spinali alle frequenze beta per contrazioni muscolari sostenute. Contrazioni muscolari più intense si correlavano alla sincronizzazione temporale in frequenze gamma. La coerenza spettrale e la DTF hanno anche evidenziato il ruolo della sincronizzazione temporale nei processi di plasticità che intervengono quando i nervi ulnari delle mani sono chirurgicamente connessi ai muscoli delle gambe di un soggetto paraplegico. La corteccia motoria (rappresentazione della mano) guidava la sincronizzazione temporale dei motoneuroni spinali per sostenere la contrazione muscolare delle gambe del paraplegico operato. Complessivamente, i potenziali eeg/meg (campi meg) hanno fornito un contributo essenziale nel confermare l'importante ruolo della sincronizzazione temporale dell'attività neurale nelle funzioni cognitive superiori. Alcuni studi eeg/meg di particolare interesse sono relativi alla percezione. Nel 1995, W. Lutzenberger e colleghi riscontrarono un aumento della sincronizzazione temporale delle popolazioni neurali visive, espresso da un aumento del ritmo gamma registrato nell'area occipitale dello scalpo, in correlazione al movimento ordinato di stimoli nel campo visivo. Negli ultimi dieci anni, si è inoltre dimostrata l'importanza della sincronizzazione temporale delle popolazioni neurali piramidali della corteccia che generano il ritmo alfa. Un ritmo alfa di bassa frequenza (circa 6-10 Hz) si riduceva su vaste aree frontali e parietali dello scalpo quando aumentava il livello generale dell'attenzione. Diversamente, un ritmo alfa di frequenza più elevata (circa 10-12 Hz) diminuiva in funzione di processi sensori-motori e cognitivi specificatamente collegati al compito sperimentale. Tale riduzione si è osservata sulle aree sensori-motorie in funzione di compiù sperimentali sensori-motori e su aree associative frontali e parietali in compiù di memoria semantica. Nel 1993, R. Llinàs e U. Ribary dimostrarono che un ritmo gamma scandisce la corteccia cerebrale in senso frontooccipitale circa ogni 12 millisecondi. Ciò sarebbe dovuto ai neuroni talamici reticolari, che in fase di trasmissione scaricano potenziali d'azione in frequenze gamma per sincronizzare temporalmente l'intera corteccia cerebrale. Essi operano in maniera coordinata con i neuroni talamici dei nuclei sensoriali, che inviano l'informazione sensori-motoria ai neuroni corticali. Si è ipotizzato che la convergenza dei segnali provenienti dai neuroni talamici reticolari e sensoriali sui neuroni corticali si attui mediante un meccanismo di sincronizzazione temporale. Tale meccanismo determinerebbe l'integrazione in un unico evento percettivo cosciente degli stimoli sensori-motori che sono elaborati nel periodo temporale corrispondente a un ciclo del ritmo gamma (circa 10-25 millisecondi). Nel 1994, ulteriori dati sperimentali avvalorarono detta ipotesi. Due stimoli uditivi venivano discriminati solo per un periodo interstimolo superiore a circa 15 millisecondi, un tempo compatibile con la sincronizzazione temporale dell'attività neurale a frequenza gamma (Joliot et al., 1994). In effetti, la discriminazione cosciente dei due stimoli si associava proprio alla comparsa di una specifica oscillazione in banda gamma. Anche il fenomeno della «rivalità binoculare» (l'alternanza della consapevolezza visiva in un occhio e poi nell'altro) è servito per dimostrare la relazione nell'uomo tra la sincronizzazione temporale dell'attività neurale e la consapevolezza sensoriale. Nel 1990, W. Klimesch e colleghi rilevarono che la memorizzazione a lungo termine di parole si correlava specificatamente a un aumento del ritmo teta. Il risultato fu di particolare interesse poiché il ritmo teta sarebbe indotto da una sincronizzazione temporale delle aree frontoparietali da parte di vie nervose provenienti dall'ippocampo, una struttura nervosa cruciale nel consolidamento mnestico. Anche la memorizzazione a breve termine è stata correlata alla modulazione dei ritmi corticali. Il confronto mentale tra uno stimolo sullo schermo e il ricordo di uno stimolo percepito pochi secondi prima induceva un aumento di ampiezza di un potenziale evento correlato positivo che raggiungeva il suo massimo circa 300 millisecondi dopo lo stimolo. Inoltre, vi era un aumento del ritmo teta nel giro del cingolo e una riduzione del ritmo alfa fronto-parietale. Uno «stile» cognitivo verbale o spaziale induceva una maggiore riduzione del ritmo alfa rispettivamente nell'emisfero sinistro e destro. Quando lo stimolo di riferimento era seguito da quello da giudicare si osservava un rapido aumento del ritmo gamma in regioni sia occito-temporali sia fronto-centrali. Infine, uno studio successivo dimostrò in condizioni analoghe una sincronizzazione temporale ai ritmi beta e gamma tra le aree frontali e parietali. Per comprendere le azioni compiute da altri, gli stimoli visivi e uditivi derivati dall'osservazione del movimento sono integrati con la rappresentazione interna dei comandi motori corrispondenti all'azione percepita (Gallese et al., 1996; Rizzolatti et al., 1996). Dalla fine degli anni '90, è stata registrata una diminuzione della sincronizzazione temporale in banda alfa e beta su vaste aree corticali durante l'osservazione di movimenti prolungati. Quando il movimento osservato era rapido, il ritmo alfa parietale diminuiva rapidamente e si associava a un massimo della risposta corticale evocata nei 200-350 millisecondi dopo l'inizio dell'azione osservata (Babiloni et al., 2002; 2003). Detto ritmo alfa aumentava poi bruscamente subito dopo il termine dell'azione. L'osservazione del movimento modulava anche la sincronizzazione temporale a frequenze beta nella corteccia sensori-motoria. CLAUDIO BABILONI e ALESSANDRO RIGON |