Neurotrasmettitori

In ogni organismo pluricellulare, le cellule che lo compongono devono essere in grado di comunicare tra loro. Le cellule eucariotiche sono in grado di riversare prodotti di secrezione nello spazio extracellulare mediante i processi di secrezione costitutiva e regolata. In entrambi i casi, i prodotti che devono essere secreti sono contenuti in organelli delimitati da membrana (chiamati, a seconda delle dimensioni, vescicole o granuli di secrezione) che sono in grado di fondere con la membrana plasmatica, determinando il rilascio all'esterno della cellula delle sostanze «informazionali» (messaggeri extracellulari) in essi contenute. L'informazione, nidificata dalla struttura chimica del prodotto di secrezione, può essere trasmessa da una cellula a un'altra con diverse modalità. A seconda del percorso compiuto dal messaggero extracellulare dal momento della selezione a quello del suo riconoscimento recettoriale, si riconoscono quattro modalità di trasmissione dell'informazione:

1) autocrina, quando il messaggero secreto agisce sulla stessa cellula responsabile della sua secrezione;

2) paracrina, quando il messaggero secreto diffonde nello spazio interstiziale e agisce su cellule vicine;

3) endocrina, quando il messaggero viene secreto nel torrente circolatorio e agisce su cellule bersaglio poste a notevole distanza;

4) sinaptica, quando l'informazione viene trasferita attraverso l'area di contatto tra due cellule nervose o tra una cellula nervosa e una cellula bersaglio.

Le prime tre modalità di comunicazione hanno una scarsa o assente risoluzione spaziale, poiché il messaggio chimico viene riversato in un ampio compartimento liquido senza significative barriere per la sua diffusione, per essere captato da specifici recettori espressi dalle cellule bersaglio. Invece, nella modalità di comunicazione sinaptica il messaggero extracellulare, detto «neurotrasmettitore», viene rilasciato in un ristretto e circoscritto spazio sinaptico in cui la distanza dai recettori è di meno di un trentesimo di micrometro mantenendo un'alta focalizzazione spaziale, mantenendo il wiring, ovvero le linee di comunicazione corrispondenti al percorso degli assoni e alle connessioni sinaptiche. La comparsa, nel corso dell'evoluzione, della sinapsi chimica e la sua ampia prevalenza rispetto alle sinapsi elettriche ha implicato la possibilità, per i neuroni, di scambiare non solo informazioni di tipo eccitatorio (una corrente depolarizzante per le sinapsi elettriche) ma anche di tipo inibitorio, anche se sostenendo i costi di una trasduzione del linguaggio elettrico del neurone (il potenziale d'azione) in messaggio chimico e, a livello postsinaptico, della riconversione del messaggio chimico riconosciuto e decodificato in una risposta elettrica della cellula postsinaptica. In questo modo è possibile ottenere una regolazione bidirezionale dell'eccitabilità del neurone postsinaptico che diviene essenziale con l'aumento della complessità dei network neuronali. Per raggiungere questo fine, tuttavia, basterebbero due neurotrasmettitori, uno eccitatorio e uno inibitorio. La realtà è invece molto più complessa: esiste una molteplicità di neurotrasmettitori appartenenti a diverse specie chimiche, ognuno dei quali viene riconosciuto da molteplici recettori che innescano distinte risposte postsinapti che. Tale complessità aumenta geometricamente i gradi di libertà del messaggio, che può essere trasferito tra neurone presinaptico e neurone postsinaptico, in quanto ciascuno dei diversi linguaggi di trasmissione dell'informazione rappresentati dai diversi neurotrasmettitori può essere a sua volta tradotto in diversi linguaggi intracellulari che portano a risposte postsinaptiche distinte e a volte opposte.

L'ipotesi che la comunicazione nervosa avvenisse attraverso l'azione di un mediatore chimico risale a C. Bernard e ai suoi studi pionieristici sul meccanismo d'azione del curaro intorno al 1857. Prima di lui, si pensava che l'arrivo del potenziale d'azione alle terminazioni nervose producesse una secrezione irritante (E. du Bois-Reymond pensava a sostanze come ammoniaca o acido lattico) che induceva la contrazione muscolare. Bernard, osservando che il curaro blocca la contrazione muscolare innescata dalla stimolazione del nervo motore, ma non quella indotta dalla stimolazione elettrica diretta del muscolo, concluse che il curaro interrompeva la comunicazione neuromuscolare interferendo con un meccanismo chimico endogeno. Th. Elliot, nel 1904, studiando gli effetti dell'adrenalina purificata dalla midollare del surrene, osservò che questa sostanza provocava sul muscolo vescicale lo stesso effetto prodotto dalla stimolazione del nervo e ipotizzò che tale sostanza fosse lo stimolante chimico liberato in ogni occasione quando l'impulso nervoso giunge alla periferia. Questa intuizione fu confermata alcuni anni dopo (1921) dal famoso esperimento di O. Loewi, che dimostrò che una variazione del ritmo cardiaco di un cuore denervato poteva essere indotta aggiungendo ad esso la soluzione nella quale era stato perfuso un cuore normalmente innervato. Evidentemente nel cuore innervato vi era la liberazione di una sostanza che controllava il ritmo cardiaco e che, se trasferita al cuore denervato, mimava l'azione dell'innervazione vagale. Loewi chiamò questa sostanza ancora sconosciuta vagusstoff, composto che sarà successivamente identificato come Pacetilcolina, il capostipite dei neuro-trasmettitori. Queste scoperte, tuttavia, riguardavano il sistema nervoso periferico e la comunicazione tra un neurone e una cellula effettrice; bisognerà aspettare ancora molti anni prima che i neurotrasmettitori vengano identificati e ritenuti responsabili della trasmissione sinaptica tra neuroni nel sistema nervoso centrale. Inizialmente si scopri che acetilcolina e noradrenalina erano presenti anche nel tessuto cerebrale, ma si dovrà arrivare fino agli anni '60, quando gli studi pionieristici di B. Falck e N.-A. Hillarp e poi di A. Dahlstrom e K. Fuxe permisero di visualizzare, con tecniche di istoffuorescenza, gruppi discreti di neuroni contenenti specifici neurotrasmettitori come noradrenalina, dopamina, serotonina, organizzati in nuclei, vie di proiezione e aree di innervazione. Non solo il concetto di neurotrasmissione chimica era definitivamente consacrato, ma nasceva anche una nuova disciplina che si affiancava alla neuroanatomia classica: la neuroanatomia chimica. Ai nostri giorni sono conosciute diverse decine di neurotrasmettitori o neuromodulatori che sono utilizzati dai neuroni e presenti nel tessuto cerebrale in modo disomogeneo. In alcuni casi, il neurotrasmettitore è una molecola che ha unicamente un ruolo informazionale, mentre in altri casi molecole coinvolte nel metabolismo cellulare e nei processi biosintetici hanno, nei neuroni, un aggiuntivo ruolo informazionale. In quest'ultimo caso, perché una molecola possa essere considerata un neurotrasmettitore, deve soddisfare un certo numero di requisiti: il neurone deve possedere la capacità di sintetizzare la molecola autonomamente; la molecola deve essere rilevabile all'interno del neurone; se il neurone viene stimolato, la molecola deve essere rilasciata nello spazio extracellulare; una volta liberata, la molecola deve essere riconosciuta da recettori e provocare un effetto biologico misurabile nella cellula postsinaptica; una volta liberata, la molecola deve essere inattivata da specifici meccanismi enzimatici o di trasporto; e infine l'applicazione della sostanza sulla cellula bersaglio deve avere lo stesso effetto della stimolazione presinaptica.

Dal punto di vista della struttura chimica, i neurotrasmettitori possono essere suddivisi in amminoacidi, ammine e peptidi. Gli amminoacidi (acido glutammico, acido γ-minobutirrico o gaba e glicina) rappresentano i neurotrasmettitori più frequentemente utilizzati nel sistema nervoso centrali- e sono presenti in concentrazioni nell'ordine delle µmoli/grammo di tessuto. Le ammine, che includono acetilcolina, catecolamine (noradrenalina, dopamina e adrenalina), serotonina, istamina e adenosina, sono presenti a una concentrazione tissutale 1000 volte inferiore (nmoli/g di tessuto), mentre i neuropeptidi (che includono un lungo elenco di molecole spesso scoperte per la prima volta nei sistemi gastroenterico ed endocrino come vip, neurotensina, npy, sostanza P, peptidi oppiacei, peptidi ipofisiotropi ipotalamici) hanno collettivamente concentrazioni lissutali ancora minori (nmoli/g di tessuto). Se l'elevata concentrazione dei trasmettitori amminoacidici indica che sono utilizzati da un'altissima percentuale di neuroni e che sono i principali responsabili della trasmissione sinaptica eccitatoria e inibitoria, le minori concentrazioni tissutali degli altri tipi di neurotrasmettitore suggeriscono ruoli funzionali ugualmente importanti, ma limitatamente a regioni cerebrali più circoscritte (come nel caso dei neuropeptidi a livello dell'ipotalamo, o della dopamina a livello dei gangli della base) e una funzione modulato-ria sulla trasmissione principale esercitata da sistemi a distribuzione diffusa (come nel caso dell'innervazione noradrenergica e serotonergica della corteccia cerebrale). Dal punto di vista biosintetico e funzionale, le prime due classi di neurotrasmettitore costituiscono i cosiddetti neurotrasmettitori classici, il tratto più distintivo della secrezione neuronale. Infatti, i neuropeptidi vengono sintetizzati nel corpo cellulare come precursori ad alto peso molecolare, impacchettati in granuli secretivi a livello dell'apparato di Golgi e trasportati verso le terminazioni dell'assone per venire secreti in seguito alla stimolazione. Questa modalità di secrezione, comune alle cellule endocrine, crea problemi non indifferenti di rifornimento del prodotto di secrezione ai siti di rilascio in cellule altamente polarizzate come i neuroni, le cui terminazioni possono distare fino a un metro dal corpo cellulare. Questi problemi sono stati risolti utilizzando come neurotrasmettitori piccole molecole come amminoacidi o ammine che possono essere sintetizzate in loco da enzimi citoplasmatici presenti a livello dei terminazioni assoniche, secrete, ricaptate dallo spazio sinaptico e riutilizzate più volte durante l'attività neuronale. Oltre a questa fondamentale differenza nel percorso biosintetico, vi sono altre importanti differenze nella fisiologia e nel meccanismo d'azione dei neurotrasmettitori classici e neuropeptidici. In genere, i neuropeptidi vengono rilasciati in seguito ad attività neuronale intensa da zone periferiche delle terminazioni, non possono venire ricaptati e diffondono nel liquido interstiziale per raggiungere neuroni bersaglio adiacenti che possiedono recettori ad alta affinità, fino alla loro degradazione ad opera di peptidasi extracellulari. Oltre quindi a non poter essere riutilizzati, i neuropeptidi agiscono con una modalità prevalentemente paracrina e sono il più delle volte dotati di un'azione modulatoria sulla via principale di trasmissione sinaptica operata dai neurotrasmettitori classici. Per queste ragioni non vi è sempre corrispondenza, nelle aree cerebrali, tra contenuto presinaptico di neuropeptidi e distribuzione dei loro recettori (mismatch).

Oltre ai neurotrasmettitori classici e ai neuropeptidi, che vengono secreti dal neurone presinaptico mediante un processo esocito-tico attività-dipendente, e agiscono sulla cellula postsinaptica, i neuroni sono in grado di elaborare altre sostanze informazionali il cui percorso può essere bidirezionale, ante-rogrado e retrogrado, dipendendo solo dal sito dove la sostanza viene prodotta e dal gradiente di concentrazione che la fa diffondere. Un'importante classe di questi trasmettitori «atipici» è costituita da sostanze di tipo lipofilico (come ossido di azoto, ossido di carbonio, acido arachidonico, endo-cannabinoidi). Queste sostanze vengono prodotte ad opera di enzimi specifici (il più delle volte in risposta a un aumento della concentrazione intracellulare di calcio), diffondono liberamente attraverso le membrane neuronali, e vengono riconosciute da recettori intracellulari che attivano una risposta biologica nella cellula bersaglio, agendo quindi con modalità paracrina. Anche se l'azione di queste molecole avviene per diffusione, il loro raggio d'azione è molto circoscritto a causa della loro intrinseca instabilità e brevissima emivita. Venendo meno all'unidirezionalità del flusso informaziona-le dal neurone presinaptico a quello postsinaptico, i trasmettitori atipici permettono un attivo scambio bidirezionale di informazione tra pre- e postsinapsi (il cosiddetto cross-talk) che aumenta ulteriormente le capacità computazionali della sinapsi modulandone finemente il funzionamento e l'efficienza di trasmissione. Un'altra classe di molecole, secrete non solo dai neuroni ma anche dalle cellule gitali che agiscono nei fenomeni di plasticità sia strutturale che funzionale delle sinapsi, sono le neurotrofine, fattori di crescita proteici di oltre 100 amminoacidi. Originariamente descritte come messaggeri retrogradi liberati in quantità limitate dal bersaglio dell'innervazione e necessarie per la sopravvivenza neuronale, le neurotrofine partecipano attivamente alla comunicazione neurone-neurone, sia in senso anterogrado che retrogrado, e in molti casi vengono rilasciate con un meccanismo di esocitosi attività-dipendente molto simile a quello dei neuropeptidi.

Sebbene i neuroni siano centinaia di miliardi, i neurotrasmettitori conosciuti sono a oggi poco più di una ventina, il che significa che vi sono intere popolazioni di neuroni che utilizzano lo stesso trasmettitore o, spesso, gli stessi trasmettitori. Al pari di altri tratti fenotipici, il neurone acquisisce la capacità di secernere un determinato neurotrasmettitore esprimendo in maniera selettiva e regolata i geni codificanti per gli enzimi chiave per la sua biosintesi, espressione che è repressa in altri neuroni. Per esempio, i neuroni che secernono dopamina esprimono l'enzima tirosina idrossilasi, quelli che secernono acetilcolina l'enzima colina acetil-transferasi, e così via. E’ quindi possibile identificare e classificare popolazioni di neuroni non solo in base alla presenza di un determinato neurotrasmettitore nelle terminazioni, ma anche in base all'espressione di specifici enzimi biosintetici di un particolare neurotrasmettitore. Un altro aspetto che aumenta ulteriormente la complessità dello scambio di informazioni che avviene a livello sinaptico è la frequente coesistenza di multipli neurotrasmettitori nelle terminazioni di uno stesso neurone. Questo fenomeno, che inizialmente sembrava in contraddizione con l'interpretazione che J. Eccles aveva formulato (un neurone libera un solo tipo di trasmettitore) del principio di Dale (un neurone libera lo stesso trasmettitore da tutte le sue terminazioni), appare oggi più la regola che l'eccezione nel sistema nervoso centrale e periferico. La maggioranza dei neuroni, infatti, è in grado di sintetizzare e liberare sia un neurotrasmettitore classico che uno o più neuropeptidi. In genere, i neurotrasmettitori classici sono quantitativamente preponderanti, anche se in alcuni sistemi neuronali come quelli ipotalamici a livello della eminenza mediana, che liberano i peptidi ipofisiotropi, la trasmissione peptidergica è predominante. Mentre i neuropeptidi vengono sintetizzati come parte di precursori ad alto peso molecolare nel reticolo endoplasmico, impacchettati in vescicole a livello dell'apparato di Golgi e clivati dal precursore durante il loro percorso verso le terminazioni, la sintesi e immagazzinamento di neurotrasmettitori classici avviene interamente a livello delle terminazioni ad opera di precursori e di una batteria di enzimi biosintetici presenti nel citoplasma solubile e a spese di ATP rigenerato localmente grazie alla presenza di numerosi mitocondri. Una volta sintetizzato, il neurotrasmettitore deve venire immagazzinato nelle vescicole sinaptiche da cui poi verrà liberato in pacchetti multimolecolari (quanti) all'arrivo del potenziale d'azione. L'internalizzazione del neurotrasmettitore classico nelle vescicole sinaptiche (piccoli organelli di 40-50 nm di diametro) è un processo energia-dipendente ma estremamente rapido. L'energia viene liberata da una H+ -ATPasi delle vescicole sinaptiche che crea un gradiente protonico sfruttato da trasportatori specifici per le varie classi di neurotrasmettitore. Poiché il volume interno della vescicola è molto piccolo e di dimensione straordinariamente uniforme, il numero di molecole che possono essere immagazzinate è limitato e riproducibile (5000-10 000molecole per l'acetilcolina), costituendo la base del rilascio quantale di neurotrasmettitore.

Una volta liberato in seguito all'attivazione elettrica del neurone presinaptico (potenziale d'azione), il neurotrasmettitore diffonde nello spazio sinaptico e si lega con alta affinità a proteine recettoriali presenti sulla membrana della cellula postsinaptica. Mentre a livello presinaptico l'attività elettrica del neurone viene trasformata e codificata in un messaggio chimico, a livello postsinaptico i recettori operano una trasduzione opposta, riconoscendo il messaggio chimico specifico e trasformandolo in una risposta

elettrica e/o metabolica della cellula postsinaptica. Una volta compiuta questa operazione, la sinapsi deve smaltire il neurotrasmettitore per tornare alla situazione di paranza. Lo smaltimento del neurotrasmettitore è un processo fondamentale per almeno due ragioni: l'attività sinaptica deve avere una buona risoluzione temporale (anche se non paragonabile alla risoluzione temporale del potenziale d'azione) e i recettori post-sinaptici non devono essere esposti per lungo tempo al trasmettitore per non innescare risposte adattative di «assuefazione» che abbasserebbero la sensibilità della cellula poli sinaptica. Il neurotrasmettitore liberato nel vallo sinaptico, oltre a combinarsi con i recettori specifici, va incontro a uno o più destini che mirano sia ad abbassarne la concentrazione (promuovendone la dissociazione dai recettori e la cessazione dell'azione postsinaptica), sia a economizzare neurotrasmettitore (diminuendo il consumo energetico per la biosintesi). Uno dei meccanismi principali è la ricaptazione del neurotrasmettitore (o di parte della sua molecola) all'interno della terminazione presinaptica, per essere riutilizzato in successivi cicli secretori. Tale ricaptazione avviene mediante l'intervento di trasportatori di membrana specifici per le varie classi di neurotrasmettitore e che trasportano attivamente il trasmettitore sfruttando il gradiente elettrochimico dello ione sodio. Questi trasportatori, distinti dai trasportatori presenti sulle vescicole sinaptiche, rappresentano un bersaglio di una classe di agenti farmacologici che inibiscono la ricaptazione del neurotrasmettitore e ne aumentano la permanenza nel vallo sinaptico. Una volta internalizzato nel citoplasma, il neurotrasmettitore può essere nuovamente immagazzinato all'interno delle vescicole sinaptiche ad opera di un trasportatore vescicolare o, se in eccesso, andare incontro a catabolismo intraneuronale ad opera di enzimi specifici. Una simile ricaptazione può anche essere operata dalle cellule gliali (astrociti) che partecipano alla delimitazione dello spazio sinaptico. Anche nel caso della ricaptazione astrocitaria, il neurotrasmettitore viene spesso trasformato metabolicamente e trasferito al neurone per essere riconvertito in trasmettitore attivo e riutilizzato. Un altro sistema di inattivazione è rappresentato dal metabolismo extraneuronale operato da enzimi presenti nello spazio sinaptico in associazione alla matrice extracellulare o alla membrana postsinaptica. Vi è inoltre da tenere presente che la sinapsi non è un ambiente chiuso ermeticamente, per cui il neurotrasmettitore che raggiunge nello spazio sinaptico concentrazioni elevate diffonde verso le zone extrasinaptiche per gradiente di concentrazione. Le modalità di rimozione del neurotrasmettitore dallo spazio sinaptico sono diverse a seconda della natura chimica del neurotrasmettitore. La frequenza dei potenziali d'azione e la natura chimica del neurotrasmettitore rappresentano i simboli dell'alfabeto utilizzato dai neuroni. E’ quindi possibile che la disponibilità di un maggior numero di neurotrasmettitori nell'alfabeto chimico utilizzato a livello sinaptico offra la possibilità di comporre messaggi più complessi ed elaborati. Inoltre, la complessità è aumentata ulteriormente dalla presenza di multipli recettori per le stesse molecole neurotrasmettitoriali e dal fatto che lo stesso neurone può liberare più neurotrasmettitori. Così, mentre il linguaggio elettrico di tipo binario rappresentato dal potenziale d'azione può solo variare in frequenza, ma non in ampiezza, il segnale «analogico» rappresentato dal neurotrasmettitore possiede un repertorio di segnali molto più complesso e articolato. Il numero pressoché infinito di combinazioni che si possono generare rende possibile, a livello di singola sinapsi, un'enorme potenzialità di regolazione e di trasmissione di informazioni in parallelo.

FABIO BENFENATI