Koffka, Kurt

Insieme a M. Wertheimer e W. Köhler, K. Koffka (1886-1941) ha contribuito a elaborare prima, e a diffondere poi, la teoria della Gestalt. Di questa teoria non solo è stato l'accorto divulgatore nella cultura psicologica americana, ma anche un originale interprete nei suoi numerosi studi sulla percezione visiva. Nato a Berlino da una famiglia della borghesia dedita per tradizione alla giurisprudenza, orientò i suoi interessi verso la filosofia e la scienza per la forte influenza esercitata su di lui da uno zio biologo. Nel 1903 si trasferì per un anno a Edimburgo per approfondire lo studio della filosofia empirista. Durante questo soggiorno ebbe modo di apprezzare non solo le tematiche relative alla teoria dell'evoluzione, ma anche quelle del funzionalismo e del pragmatismo che stavano riscuotendo notevole successo nella cultura anglosassone. Al suo ritorno a Berlino, invece di dedicarsi allo studio della filosofia, a suo avviso troppo astratta per conciliarsi con le sue simpatie per il pragmatismo e l'empirismo, decise di dedicarsi alla psicologia che gli consentiva di analizzare il fenomeno del daltonismo, da cui egli stesso era affetto. Per svolgere le ricerche su questo fenomeno, Koffka approfondì lo studio della fisiologia della visione e condusse numerosi esperimenti che trovarono esito nella pubblicazione di un saggio, nel 1908, in cui erano riportati i risultati delle sue indagini sul contrasto cromatico e sugli effetti figura/sfondo.

Nello stesso anno, sotto la guida di C. Stumpf, ottenne il dottorato in filosofia con una dissertazione sulla percezione psicologica del ritmo. Non si trattava, però, del ritmo musicale, ma del ritmo visivo, prodotto dalla proiezione di linee e cerchi su uno schermo a diversi intervalli di tempo. I risultati di questo studio lo indussero a concludere che l'associazione non aveva alcun ruolo nella percezione del ritmo, anche se qualche volta poteva intervenire quando si creavano delle «melodie visive». La percezione del ritmo era piuttosto il risultato di un «raggruppamento» mentale degli stimoli determinato da una cadenza particolare. Sostenne, così, che le teorie allora correnti, che riconducevano il ritmo a sensazioni cinestetiche, non potevano rendere conto del ruolo che vi aveva il raggruppamento. Per quanto spiegasse la formazione di tali raggruppamenti nei termini cari a Stumpf, cioè come «qualità Gestalt», era chiaro che veniva sviluppando una propria interpretazione dei processi responsabili della formazione di questo particolare tipo di Gestalt. Grazie soprattutto allo studio sul daltonismo divenne assistente del fisiologo J. von Kries a Friburgo, dove rimase sei mesi prima di trasferirsi a Würzburg, da O. Külpe, nel 1909. Qui Koffka eseguì una consistente serie di esperimenti sulle associazioni per somiglianza che portarono alla pubblicazione, nel 1912, di una monografia sulle immagini mentali. Per Koffka i resoconti verbali prodotti dai soggetti sulla formazione delle immagini mentali, di cui distinse ben sei tipi, avvaloravano la tesi di E. Husserl, secondo cui, nella consapevolezza, le immagini mentali possono avere lo stesso grado di vividezza delle sensazioni, contro la tesi di origine humeana per cui esse non sarebbero altro che copie sbiadite delle sensazioni. Come Külpe, Koffka sosteneva che le immagini mentali fossero sensazioni eccitate centralmente, ma anche che fosse la percezione a fornire il materiale da cui esse traggono origine. Questo studio, che prefigura la teoria della memoria che Koffka elaborò molti anni dopo, gli consenti di ottenere la cattedra di psicologia a Giessen.

Prima di andare a Giessen, nel 1910, Koffka si trasferì a Francoforte per lavorare nel laboratorio di F. Schumann, e qui fece un'esperienza cruciale per la definizione del suo pensiero successivo, poiché ebbe modo di conoscere e lavorare con Wertheimer e Kohler. Con loro partecipò alle ricerche sul movimento apparente e alla nuova definizione del concetto di Gestalt. Koffka comprese immediatamente la portata innovativa, sul piano epistemologico, del nuovo concetto, che ben si prestava a fornire un'interpretazione adeguata dei risultati dei suoi precedenti studi sia sulla percezione del ritmo visivo che sulle associazioni tra immagini mentali. Stabilitosi a Giessen nel 1911, riprese gli studi sulla percezione visiva secondo la prospettiva delineata da Wertheimer, che arricchì con nuove dimostrazioni sperimentali. In risposta a un saggio in cui V. Benussi sosteneva che la percezione comporta dapprima l'evocazione di contenuti sensoriali cui fa seguito un processo che stabilisce delle relazioni dinamiche tra tali contenuti, cosicché le cosiddette Gestalten possono essere interpretate come il risultato di certe sensazioni cui si aggiunge un'attività psichica, Koffka prese le difese della teoria della Gestalt. Sottolineava che le Gestalten, fondamentalmente, sono delle totalità date di per sé e, proprio per questo, la loro percezione non è meno immediata di quella delle loro parti. Aggiungeva, inoltre, che i processi cerebrali correlati a un'esperienza non comportano l'eccitazione puntuale di una certa area cerebrale più un'associazione, dato che la Gestalt trae origine da un processo unitario che ha proprietà globali. Durante la Prima guerra mondiale Koffka si occupò prevalentemente di lesioni cerebrali e di afasie e, analogamente a Wertheimer e a E. von Hornbostel, studiò la localizzazione dei suoni per scopi militari.

Nel 1921, con Wertheimer, Kohler, K. Goldstein e altri psicologi fondò la rivista «Psychologische Forschung», su cui, negli anni successivi, pubblicò numerosi articoli. In questo stesso anno venne pubblicata la sua prima monografia sulla psicologia della Gestalt. In quest'opera Koffka mostrava tutto il valore euristico del concetto di Gestalt per fornire una nuova interpretazione dello sviluppo ontogenetico. Attraverso una serrata analisi degli assunti con cui i comportamentisti interpretavano lo sviluppo infantile, negò che la mente del bambino fosse inizialmente caotica, per poi articolarsi in sensazioni e azioni che vengono meglio ricordate in funzione del meccanismo di premi e punizioni postulato dalla teoria del rinforzo, come sosteneva E. Thorndike (1913-14). Per Koffka il bambino, sin dalla nascita, presta attenzione selettivamente a certi stimoli dell'ambiente più che ad altri, come alla voce e ai volti umani, e inoltre possiede già un'esperienza sensoriale fenomenica organizzata secondo relazioni figura/sfondo. Se anche gli animali inferiori mostrano comportamenti basati su relazioni e quelli superiori sono in grado di esibire un apprendimento «intelligente», in quanto paiono comprendere lo scopo delle loro azioni, allora bisogna assumere che anche le azioni dei bambini piccoli non solo hanno una funzione adattiva, ma sono volte all'acquisizione sia delle abilità motorie, sia di quelle richieste per l'acquisizione del linguaggio, sia di quelle necessarie per l'osservazione selettiva delle altre persone. I bambini sono in grado di formarsi una rappresentazione mentale della realtà proprio perché hanno immagini mentali, ed è questa rappresentazione mentale che consente loro di imitare le azioni delle altre persone. Così, nell'apprendimento del linguaggio, i bambini non solo imitano quanto sentono dire dagli altri ma, nella fase del balbettio, imitano i suoni che essi stessi producono. Il comportamento dei bambini, infatti, non dipende tanto dagli stimoli che lo precedono immediatamente, ma dagli obiettivi cui tali stimoli sono connessi che, a loro volta, determinano a quali stimoli il bambino presta attenzione e quali ignora. Il comportamento del bambino non può essere descritto solo nei termini delle azioni che compie, dal momento che i bambini possiedono anche un'intensa vita mentale, come avevano già mostrato altri psicologi interessati allo sviluppo ontogenetico, tra cui W. T. Preyer e W. Stern.

L'anno seguente Koffka pubblicò la prima trattazione sistematica degli assunti della teoria della Gestalt. Partendo dalla critica alle teorie tradizionali che facevano appello alla sensazione, all'associazione e all'attenzione come se fossero elementi unitari, Koffka (1922) affermava che, per la nuova concezione della Gestalt, ogni sensazione è il risultato di un processo complesso che tiene conto delle relazioni che sussistono tra gli stimoli. La diversa salienza di due stimoli, infatti, non dipende da un semplice confronto tra i due stimoli, ma dalla considerazione dei due stimoli come facenti parte del campo totale in cui vengono presentati. Sosteneva anche che, poiché il compito dato ai soggetti influenza la loro prestazione, la valutazione degli stimoli non può essere interpretata correttamente se si prescinde dal particolare atteggiamento con cui quegli stessi stimoli vengono valutati, dato che anche questo atteggiamento costituisce una parte importante e imprescindibile della descrizione del fenomeno. Sottolineava, inoltre, che i diversi fattori alla base del raggruppamento identificati da Wertheimer (1923), le cosiddette «leggi di organizzazione del campo percettivo», dovevano essere inquadrati nel più ampio contesto teorico del rapporto tra figura e sfondo. Portando diversi esempi, Koffka confutava la tesi avanzata da E. Titchener (1909-10) secondo la quale l'articolazione figura/sfondo doveva essere ricondotta al fatto che lo sfondo viene percepito a un livello di consapevolezza inferiore rispetto alla figura. Piuttosto, ciò che rende «figura» la figura è l'attività globale del sistema, e gli atteggiamenti che precedono tale attività ne fanno parte, come gli studi sulle figure reversibili avevano chiaramente indicato. Riportando una variegata serie di esperimenti sulle valutazioni psicofisiche, affermava che nella percezione non c'è un «assoluto», ma che i singoli dettagli sono interpretati, nel contesto della configurazione di cui fanno parte, in funzione di un certo livello standard senza il quale la percezione diviene instabile. L'accuratezza della valutazione di ogni singola grandezza, infatti, dipende dalla gamma delle dimensioni coinvolte nella valutazione.

Nel 1924 Koffka fece la sua prima visita negli Stati Uniti come visiting professor alla Cornell University, per poi tornare in Germania nel 1925. L'anno successivo fu invitato all'Università del Wisconsin, e in questo periodo pubblicò soprattutto saggi di carattere teorico, per poi riprendere la ricerca sperimentale sulla percezione visiva quando, nel 1927, si stabili definitivamente negli Stati Uniti presso lo Smith College a Northampton nel Massachusetts. Qui continuò i suoi studi sulla percezione che continuò a pubblicare su «Psychologische Forschung» fino al 1932. Nel 1935 Koffka pubblicò i Principi di psicologia della forma, che rappresentano l'esposizione sistematica dei principi della teoria della Gestalt quale si era venuta configurando nelle ricerche dei suoi ideatori. Estendendo il concetto di «campo di forze» all'ambiente stesso in cui il comportamento ha luogo, come era stato delineato originariamente da Kohler per lo studio dei comportamenti intelligenti negli animali, Koffka affermava che compito della psicologia era studiare il comportamento come risultato delle forze del campo ambientale in cui l'essere umano si trova ad agire. Esponeva, così, l'organizzazione della percezione visiva, le sue leggi, i fenomeni relativi al rapporto figura/sfondo, le costanze percettive, la percezione tridimensionale dello spazio e quella del movimento. Seguiva, poi, la trattazione dell'organizzazione dei riflessi, delle azioni e dell'Io, argomentando che è da quest'ultimo che dipendono gli atteggiamenti, le emozioni e la volontà. Inoltre, dedicava ampio spazio alla trattazione dell'organizzazione della memoria, per poi concludere affrontando il tema della personalità e della società. Si può dire, così, che quest'opera è un tentativo ben riuscito di presentare un quadro unitario delle diverse dimensioni in cui si esplica il comportamento secondo la teoria della Gestalt.

Successivamente Koffka pubblicò diversi articoli su argomenti vari tra cui lo statuto ontologico dei valori (1935b). In questo saggio Koffka, immaginando un dialogo tra un filosofo, uno psicologo e uno scienziato, argomentava contro la tesi di W. Wundt (1894) secondo cui i valori sarebbero solo delle qualità associate agli eventi mentali, per sostenere, invece, che i valori, avendo una realtà ontologica autonoma, devono essere considerati come dati scientifici e come tali devono essere analizzati e interpretati. Nel 1939 Koffka si recò all'Università di Oxford, dove riprese gli studi sulle lesioni cerebrali che già lo avevano interessato in passato e su cui intendeva scrivere un volume che, però, non potè essere portato a termine. Infatti, di ritorno negli Stati Uniti, mori per un attacco di cuore. Dei tre fondatori della teoria della Gestalt, Koffka può esserne considerato l'ambasciatore. Per quanto abbia contribuito in modo originale alla definizione della teoria soprattutto con le sue ricerche sulla percezione visiva, più di Wertheimer e Kohler seppe tradurre la teoria della Gestalt in termini appetibili per la cultura angloamericana, anche grazie all'approfondita conoscenza sieme per cogliere le relazioni funzionali che sussistevano tra essi. Le scimmie, tuttavia, non sempre riescono a risolvere il problema, perché trovano delle soluzioni inefficaci. Köhler, analizzando sistematicamente questi fallimenti, giunse a distinguere gli errori «buoni» da quelli «cattivi». I primi sono quelli che non portano alla soluzione per ragioni pratiche, come quando la scimmia, per riuscire a prendere una banana appesa al soffitto della gabbia, pone una cassa in diagonale per raggiungere l'altezza necessaria. In tal caso, quando la scimmia cerca di salirci, la cassa naturalmente cade impedendo, così, alla scimmia di raggiungere la soluzione del problema. Gli errori «cattivi» che la scimmia compie, invece, si verificano quando essa tenta di usare una soluzione già riuscita in passato in una situazione diversa ma che è inadeguata nel caso specifico. Un esempio di questo tipo di errore si ha quando la scimmia sale su una cassa per raggiungere la banana che pende dal soffitto, senza però mettere la cassa sotto la banana. La soluzione di un problema, infatti, comporta una ristrutturazione degli elementi del campo percettivo, come mostra anche il comportamento di aggiramento in cui la nuova struttura percepita dall'animale include la ricompensa. Questo tipo particolare di comportamento, l'aggiramento, di cui sono capaci solo le specie dotate di un alto grado di intelligenza, come i cani, le scimmie e gli uomini, è il prodotto di una sorta di concettualizzazione della situazione che si estende nello spazio e nel tempo dato che le azioni richieste per realizzarlo sono sequenziali.

Nel 1920 Köhler pubblicò un articolo in cui approfondiva le basi teoriche della teoria della Gestalt. In questo saggio mostrava l'analogia che sussiste tra certi eventi fisici, come la diffusione degli ioni quando si combinano due fluidi, o la ridistribuzione dell'equilibrio quando si aggiunge un'altra carica elettrica a un conduttore isolato e già elettricamente carico, e gli eventi psicologici, come il raggruppamento spontaneo di elementi separati nel campo percettivo. Inoltre vi sosteneva che tale analogia poteva essere estesa utilmente agli eventi neurali, in base all'ipotesi che essi consistessero in correnti elettriche determinate dalla concentrazione di ioni nel tessuto nervoso. Quest'ultima ipotesi sulla fisiologia del sistema nervoso resterà al centro delle sue ricerche anche negli anni successivi, per quanto non abbia mai riscosso molto credito presso i neurofisiologi, che sostenevano di aver trovato evidenze contrarie. Il raggruppamento e le leggi che caratterizzano la situazione di equilibrio propria alla struttura che ne emerge, per Köhler, forniscono il principio che unisce il mondo fisico e quello biologico, il principio unitario che consente di interpretare tutta la realtà, sia fisica che biologica. Di nuovo a Berlino, dove erano anche Wertheimer ed E. von Hornbostel, Köhler dapprima condusse degli studi sulle tracce di memoria, in cui evidenziava che, se la traccia mnestica è relativa alla percezione di una struttura, ne mantiene le caratteristiche strutturali, compresa una tendenza intrinseca a trasformarsi in funzione di un aumento della buona forma, verso, cioè, un maggior grado di equilibrio. Successivamente Köhler approfondi questo aspetto della ricerca, che sfocerà nell'elaborazione di una concezione dinamica dell'attività mentale. Egli riteneva, infatti, che solo un modello dinamico dell'attività psicofisica e psicologica potesse rendere conto del fatto che il comportamento è influenzato dall'obiettivo ultimo che l'organismo si dà secondo le proprie esigenze biologiche.

Verso la fine degli anni '20 Köhler tenne una serie di dieci conferenze negli Stati Uniti che vennero raccolte in un volume (1929) che molto contribuì alla diffusione delle concezioni gestaltiste. In quest'opera, analizzandone sistematicamente i limiti, criticava drasticamente gli assunti alla base della concezione comportamentista. Quando Hitler sali al potere, anche Köhler come molti altri scienziati decise di trasferirsi negli Stati Uniti dove fu nominato professore di psicologia allo Swarthmore College in Pennsylvania. Nel 1934-35 a Harvard tenne le William James Lectures, pubblicate nel 1938. Köhler vi sosteneva che le esperienze mentali forniscono dei dati che hanno la stessa importanza dei dati forniti dalla fisica e dalla biologia; inoltre, nella maggior parte dei casi, le esperienze mentali comportano una tensione verso la completezza che egli denominò requiredness. Se abbiamo fame, osservava, immaginiamo del cibo e siamo portati a compiere quelle azioni che ci consentono di procurarcelo, così come, se sentiamo qualcuno mentre dice una cosa, desideriamo sapere se quella cosa è vera o falsa. In entrambi i casi c'è la sensazione che occorra qualcosa, e questo qualcosa può essere già fornito o dobbiamo procurarcelo. Il carattere di requiredness relativo all'esperienza mentale è analogo alle forze nella fisica, e comporta un valore, come la correttezza o l'erroneità di quanto pensiamo o percepiamo. In tal modo il valore, che non ha senso nella fisica, ma è di fondamentale importanza nel pensiero, viene ad essere collegato al mondo dei fatti oggetto di studio delle discipline non psicologiche. Tale opera rafforzò la diffidenza degli psicologi americani, e in particolare di E. Boring, già sollevata dalle precedenti critiche al comportamentismo e all'associazionismo. Ai loro occhi anche Köhler, come già Wertheimer e Koffka, sembrava occuparsi troppo di problemi filosofici ed epistemologici, a scapito del rigoroso atteggiamento scientifico che aveva mostrato nei suoi studi precedenti. A Swarthmore raggiunsero Köhler anche K. Dunker e H. Wallach, e così si venne a formare un gruppo di psicologi, tra cui D. Krech, R. Crutchfield, H. Witkin, M. Henle e U. Neisser, che erano attratti dalle implicazioni della teoria della Gestalt in svariate aree di ricerca. Qui Köhler continuò a fare indagini sia sulle correnti elettriche cerebrali, sottolineando sempre più il carattere olisti-co del funzionamento cerebrale, sia sugli after-effects figurali, cioè su quel fenomeno per cui, dopo aver fissato una figura geometrica per un certo periodo di tempo, la figura presentata successivamente neEo stesso punto appare più debole, sfuocata e dislocata nello spazio.

Nel 1938 Köhler tenne una serie di lezioni all'Università della Virginia in cui, descrivendo diverse ricerche sperimentali, mostrava come i dati dell'esperienza diretta possano talora nascondere dei fatti psicologici rilevanti che emergono solo in esperimenti in cui le variabili responsabili dell'esperienza diretta vengono identificate mediante variazioni sistematiche dell'esperienza stessa. Il corso degli eventi mentali è determinato da «relazioni funzionali» che è compito della psicologia ipotizzare e verificare sperimentalmente, come avevano mostrato anche le ricerche sugli after-effects figurali. Nel tentativo di collegare la percezione e la memoria, egli osservava che, se sono simili, gli elementi che emergono da uno sfondo temporale vengono raggruppati nella memoria proprio come, nella percezione visiva, è la natura dello sfondo a determinare se certi stimoli appaiono distinti o raggruppati. Questi stessi temi furono oggetto del suo ultimo libro (1969), in cui erano raccolte le Guilford Lectures tenute nel 1958 all'Università di Edimburgo e le Herbert S. Langfeld Memorial Lectures tenute a Princeton nel 1966.

Dei tre fondatori della psicologia della Gestalt, Köhler fu senz'altro considerato il principale esponente, il più «accademico» anche nel senso letterale del termine. Per quanto piuttosto sussiegoso e di carattere non facile, fu quello che ottenne il maggior numero di riconoscimenti per i suoi numerosi scritti, non ultimo la presidenza, nel 1958, dell'American Psychological Association.

NICOLETTA CARAMELLI