Edelman, Gerald Maurice |
G. M. Edelman (1929), biochimico americano, vinse il premio Nobel per la fisiologia e la medicina nel 1972 per aver scoperto la struttura chimica dell'anticorpo. Nato a New York, studiò alla University of Pennsylvania Medicai School laureandosi nel 1954. Dopo aver trascorso due anni nell'esercito, tornò a New York e avviò una collaborazione con la Rockefeller University, dove nel 1966 divenne full professor. Nel 1969 riuscì, con la sua équipe di ricercatori, a individuare le basi molecolari e biochimiche della variabilità degli anticorpi e a costruire un modello preciso della molecola di anticorpo, una struttura composta di più di 1300 amminoacidi, identificando inoltre i luoghi esatti in cui sulla molecola si determina il legame con l'antigene. Nel contempo, dall'immunologia le sue ricerche biomolecolari si estesero anche allo studio delle proteine e della loro struttura tridimensionale. I suoi interessi si volsero quindi verso la morfogenesi - la formazione e la differenziazione di tessuti e organi - nel tentativo di spiegare, a partire dalle acquisizioni della genetica molecolare, come si determini la formazione di individui dotati di specifiche caratteristiche morfologiche e funzionali, e quali rapporti esistano tra i meccanismi dello sviluppo e il cambiamento evolutivo delle specie. Come direttore del Neurosciences Institute della Rockefeller University, fin dal 1981 Edelman lavorò al tentativo di esportare verso le neuroscienze la spiegazione dell'immunità acquisita in termini di selezione clonale e sviluppò, sulla base di un'analogia funzionale fra sistema immunitario e sistema nervoso intesi come sistemi di riconoscimento, un complesso modello teorico che a partire dallo sviluppo del sistema nervoso e dal funzionamento del cervello giunge alla formulazione di una vera e propria teoria biologica della coscienza che integra anatomia, biologia cellulare e psicologia. Partendo dall'assunto strettamente darwiniano che i sistemi nervosi, come ogni aspetto del vivente, cambino nel tempo evolvendosi in base ai vantaggi o agli svantaggi esperiti in rapporto alla funzionalità adattativa di una risposta somatica, Edelman sostiene un modello di carattere epigenetico che si contrappone alla tradizionale concezione preformista, secondo la quale l'informazione genetica contenuta nell'uovo fecondato sarebbe sufficiente a determinare rigidamente l'organizzazione strutturale dell'embrione. In una prospettiva epigenetica, invece, viene enfatizzata la plasticità dei processi embriologici, per cui essi non sono rigidamente ed esclusivamente predeterminati dal programma genetico ma vengono fortemente influenzati anche da fattori «esterni» legati all'ambiente di sviluppo. Edelman ha articolato la sua ipotesi epigenetica nel contesto della biologia molecolare ed evoluzionistica, assumendo che i processi che portano alla forma dell'animale siano il risultato di una fitta rete di scambi comunicativi fra livelli diversi di organizzazione e fra gruppi di cellule (nel sistema nervoso, neuroni). Nello sviluppo si ha dunque un insieme di fenomeni che, pur controllati geneticamente, sono resi plastici e variabili dalla natura essenzialmente dinamica del loro attuarsi. La forma animale si definisce mediante meccanismi molecolari di regolazione che dipendono dall'attività genetica, ma sono al contempo condizionati dai contesti locali dello sviluppo. Nell'ambito di un ragionamento di tipo «popolazionale», che considera la variazione individuale come l'unica realtà su cui opera la selezione naturale per produrre risultati adattativi, il sistema nervoso è concepito nei termini di un «sistema selettivo» dotato, in primo luogo, di elementi diversi - gruppi di neuroni - capaci di rispondere in maniera differenziata e flessibile («degenerata») agli stimoli ambientali e, in secondo luogo, di un meccanismo «creativo» capace di conservare e amplificare le risposte che si rivelano adattative. La conservazione, o stabilizzazione selettiva, è legata al fenomeno della modificazione sinaptica, ovvero il rafforzamento o l'indebolimento delle connessioni fra gruppi di neuroni. Tramite processi di carattere epigenetico si determinano repertori di variabilità al livello delle strutture anatomiche nei collegamenti fra gruppi di neuroni. Un primo repertorio di variabilità è prodotto dalle molecole morforegolatrici (molecole di adesione cellulare, CAM, e molecole di adesione di sostrato, sam) nei processi di selezione somatica durante la formazione delle cellule nervose e la loro organizzazione dinamica. Su questo repertorio si innesta poi un secondo processo selettivo determinato dal comportamento postnatale, che modifica la forza delle connessioni fra i neuroni (connessioni sinaptiche) e fra gruppi di neuroni producendo un secondo repertorio di variabilità. Le connessioni neuronali sono dunque selezionate per l'uso sulla base di fattori sia genetici, durante lo sviluppo, che culturali, legati alle concrete esperienze dell'individuo. A livello dei repertori primari la variabilità è data dalle ramificazioni dei neuroni, nel contesto però di un'organizzazione anatomica specie-specifica; nei repertori secondari, invece, la variabilità è legata alle diverse probabilità con cui i vari circuiti nervosi rispondono agli stimoli, dunque l'esperienza influenza direttamente le connessioni pur senza modificare sostanzialmente l'architettura della rete nervosa: le connessioni più frequentemente utilizzate tendono a essere mantenute, quelle che non lo sono invece «decadono» o vengono utilizzate per altri scopi (teoria della selezione di gruppi di neuroni o «darwinismo neuronale»). In quest'ottica, il cervello umano si modifica continuamente in risposta ai segnali in ingresso, e ciò fa di ogni cervello un cervello unico e plastico pur partendo da un'organizzazione morfologica e funzionale rigorosamente determinata in partenza dal corredo genetico. Il cervello è organizzato dinamicamente per produrre in modo selettivo le prestazioni funzionali adattative che costituiscono il comportamento del singolo animale. È un meccanismo epigenetico a consentire la costruzione di un sistema fisiologico adattativo regolato dal principio della selezione darwiniana, per cui l'esperienza quotidiana in qualche modo «ritaglia» all'interno delle reti di neuroni una serie di circuiti che corrispondono al repertorio comportamentale dell'organismo, e in questo senso si può dire che la conoscenza acquisita dall'individuo sia codificata al livello sinaptico nell'insieme delle connessioni nervose. Questa «selezione esperienziale» è sostanzialmente basata su un processo di segnalazione «rientrante», per il quale si verifica un continuo scambio di informazioni fra gruppi e strutture neuronali di diverse aree della corteccia e dei nuclei sottocorticali. I dati provenienti dall'esterno, relativi all'ambiente e alla posizione e ai movimenti del corpo nell'ambiente, vengono integrati con quelli provenienti dall'interno (relativi ai bisogni fisiologici di base che determinano vincoli omeostatici, legati per esempio alla temperatura e alla pressione, e vincoli edonici, legati alle pulsioni sessuali, di difesa, ecc.). Questa complessa integrazione, che al livello delle aree riceventi primarie produce configurazioni di neuroni che in qualche modo riproducono delle mappe topografiche sensoriali e motorie, al livello delle'aree secondarie genera invece mappe secondarie strettamente connesse in modo rientrante, sia fra di loro nonché «all'indietro» (con le mappe sensoriali primarie) e «in avanti» (con le aree corticali - frontali, temporali e parietali - più strettamente connesse alla concettualizzazione e alla pianificazione del comportamento). Le mappe si scambiano un flusso costante di segnali in modo parallelo e reciproco (segnalazione rientrante) e ciò consente all'organismo di integrare le diverse caratteristiche dell'ambiente e di generalizzare concettualmente i dati dell'esperienza. In questo modo una continua interazione dinamica fra elementi strettamente legati alle caratteristiche evolutive della specie e agli specifici tratti individuali del singolo organismo, con le sue componenti emotive e motivazionali, è alla base del processo di categorizzazione della realtà da parte dell'organismo, un processo che produce categorie e generalizzazioni non necessariamente «veritiere» (come i dati delle scienze fisiche) ma sicuramente adattative, funzionali alla sopravvivenza individuale in quanto prodotte dall'interazione costante dell'organismo col suo ambiente e allo scopo di guidare questa interazione in funzione della sopravvivenza. Le rappresentazioni funzionali dinamiche dell'ambiente sono dunque strettamente dipendenti dall'organizzazione altrettanto dinamica del sistema nervoso. Su un processo di carattere essenzialmente darwiniano si fonda quindi la capacità di categorizzazione adattativa e, su tale base, la nascita delle cosiddette «funzioni superiori» (memoria, apprendimento, ragionamento). Le prestazioni cognitive del cervello dipendono strettamente dalla sua morfologia e dalla sua organizzazione funzionale, dal suo essere costitutivamente plastico e modificabile tramite meccanismi interpretabili nei termini di una dinamica selettiva, sul modello dell'adattamento darwiniano delle popolazioni all'ambiente. Popolazioni cellulari, in questo caso gruppi di neuroni, interagiscono e vengono selezionate sia durante lo sviluppo che attraverso il comportamento. Ciò comporta una critica radicale all'analogia fra cervello e computer sostenuta dalle teorie funzionalistiche, che assumono la possibilità di indagare i principi del funzionamento della mente indipendentemente dalle caratteristiche della struttura e dell'organizzazione cerebrale, un'alternativa concreta e biologicamente fondata all'idea che nell'ambiente si diano le informazioni e che il cervello debba solo elaborarle in base a «programmi computazionali» che in qualche modo «girano» nel suo «hardware». I processi epigenetici di costruzione del cervello mostrano infatti che le cellule nervose non sono connesse da legami stabili, e che l'anatomia del cervello è il risultato di una selezione somatica che opera su variazioni strutturali e funzionali. Ogni cervello è unico nella misura in cui unici sono gli eventi dello sviluppo e le esperienze comportamentali di un organismo. Ogni organismo esplora attivamente un ambiente che è in continuo cambiamento (quindi ben lontano dall'essere una sequenza ordinata di dati) rilevandone selettivamente le caratteristiche funzionali alla propria sopravvivenza, dunque il sistema nervoso «evolve» costantemente facendo fronte in modo adat-tativo alle novità che si producono nell'ambiente. Edelman ha poi realizzato la «serie Darwin» di automi volti alla verifica e all'ulteriore sviluppo del darwinismo neuronale, automi che simulano in modo astratto il sistema selettivo cerebrale ma la cui organizzazione funzionale non si assume corrispondente a quella del cervello umano (in ciò distanziandosi dall'approccio dell'intelligenza artificiale). Il cervello non è un computer, inteso come macchina fisica in grado di svolgere un processo di manipolazione di simboli grazie a una logica interna rigorosa e predeterminata; l'architettura cerebrale non si sviluppa in base a un programma ereditato che specifica esaustivamente ogni dettaglio dello sviluppo della connettività neuronale. Il cervello è caratterizzato da un'estesa variabilità sia nel numero delle cellule nervose che, soprattutto, nei pattern di arborizzazione assonale e dendritica; esso opera come un sistema funzionalmente distribuito caratterizzato da una fitta rete di «segnalazione rientrante» e costantemente impegnato in una continua riorganizzazione funzionale. Anche la memoria, in quest'ottica, è soltanto una facoltà procedurale (e non un «magazzino» come solitamente la si considera), un aspetto dinamico dell'organizzazione neuronale nella quale i ricordi vengono ricreati e trasformati quando determinati stimoli riattivano circuiti di risposta già selezionati. Le funzioni cognitive sono dunque processi globali che coinvolgono simultaneamente diverse regioni del cervello, basati sull'integrazione di attività sensoriali, motorie e di regolazione interna dell'organismo. E le funzioni di ordine superiore, come il linguaggio umano, si sviluppano sulla base di queste capacità basilari. Per quanto riguarda la coscienza, che naturalmente sorge anch'essa durante l'evoluzione per selezione naturale ed è un processo, non una cosa (Edelman, 1989), Edelman distingue due diversi livelli di consapevolezza: il primo è legato alla necessità di interagire con l'ambiente in modo adattativo integrando stimolazioni simultanee e attribuendo loro un'importanza relativa alle proprie esigenze di sopravvivenza, ed è condiviso da tutti gli esseri viventi; il secondo invece, detto «coscienza di ordine superiore», implica una qualche forma di categorizza-zione e di concatenazione concettuale ed è proprio dei primati, fra i quali soltanto l'uomo, sviluppando il linguaggio simbolico, ha acquisito la consapevolezza diretta dei propri stati mentali e sviluppato un modello temporale di sé e del mondo. In questo modo Edelman sviluppa un modello neurobiologico della mente e della conoscenza detto «realismo qualificato», nel quale la percezione viene a essere considerata come qualificata nella misura in cui dipende strettamente dalle caratteristiche e dai limiti del sistema sensoriale e dai meccanismi selettivi che organizzano gli stimoli provenienti dall'ambiente in modo tale da farne delle «informazioni» di valore adattativo. In un ambiente «non etichettato», nel quale il numero di potenziali partizioni in oggetti ed eventi è enorme, se non infinito (Edelman, 1987), la categorizzazione percettiva si realizza in base ai fattori che sono da un lato significativi e dall'altro disponibili per i diversi organismi. La mente dunque è definitivamente e completamente calata nell'ambiente, il quale contribuisce, assieme ai bisogni fondamentali dell'organismo, a definirne le caratteristiche generali e gli aspetti individuali. «Dall'anticorpo alla coscienza» è stata efficacemente sintetizzata la traiettoria teorica di Edelman, che guarda ai problemi generali delle risposte adattative complesse come a una sorta di tematica che attraversa trasversalmente tutti i domini della biologia collegando immunologia, genetica, neurofisiologia e scienze psicologiche. E una prospettiva teorica estremamente ambiziosa, nella quale egli integra le competenze, i presupposti teorici e gli approcci caratteristici delle diverse discipline impegnate nello studio dei fenomeni biologici (l'evoluzione, la genetica, lo sviluppo, l'esperienza e la coscienza); una prospettiva che ha l'obiettivo di superare le tradizionali contrapposizioni fra mente e corpo e fra innato e appreso, all'interno di un'impostazione genuinamente darwiniana che guarda al vivente dal punto di vista dell'evoluzione e sotto l'aspetto della selezione naturale. Edelman è membro di numerosissime società e istituzioni scientifiche fra le quali la National Academy of Sciences, l'American Academy of Arts and Sciences, l'American Society of Biological Chemists e PAmerican Association of Immunologists. Il primo dei libri di successo nei quali egli ha esposto le sue idee è stato Darwinismo neuronale (1987), al quale hanno fatto seguito Topobiologia (1988), Il presente ricordato (1989) e Sulla materia della mente (1992). CARMELA MORABITO |