Hikikomori, che in giapponese significa coloro che si sono ritirati, è il termine con cui vengono chiamati i ragazzi che, tra i quattordici e i venticinque anni, rompono con il mondo, si barricano nella propria stanza ove a nessuno è permesso di entrare, e vi rimangono mesi o anni immersi in un pigro dormiveglia, intervallato dall'uso di computers e videogames.
Si tratta di un fenomeno sociale e psicologico del tutto nuovo, che si venuto delineando nel corso degli ultimi qundici anni in parallelo con la grave crisi economica, sociale e culturale che ha investito il Giappone, e che ha assunto rapidamente una configurazione epidemica. Si calcola, anche se non si dà alcuna statistica ufficiale, che gli hikikomori siano ormai circa un milione.
La carriera degli hikikomori è piuttosto sterotipica. Si avvia di solito a livello adolescenziale con l'abbandono, più o meno repentino della scuola, e con il ritiro in casa. Questo ritiro, secondo gli specialisti, talvolta corrisponde a problematiche psichiatriche (depressione, agorafobia, schizofrenia) che comportano una più o meno grave difficoltà di esposizione sociale, talaltra però - e più spesso - sembra non comportare alcun disturbo neurologico o psichiatrico. Si pone dunque come una scelta di vita, ideologizzata da alcuni come rifiuto di vivere nel mondo così com'è.
Si tratta evidentemente di una "scelta" drammatica che va ricondotta a motivazioni che sfuggono al controllo cosciente. Una scelta, tra l'altro, di durata varia, da mesi fino a dieci-quindici anni, che può esitare o in un ritorno spontaneo alla vita sociale o - più raramente - in acting-out suicidiari o criminali.
Quasi tutti gli hikikomori hanno alle spalle una carriera di bambini precoci, intellettivamente molto vivaci e pieni di interessi. Molti di essi, sino alla scelta di ritirarsi dal mondo, vantano anche un'eccellente carriera scolastica. Tutti appartengono a famiglie di buon livello sociale, caratterizzate da una pressoché totale assenza del padre, dovuta ad impegni di lavoro, e dalla presenza di una mamma drago, termine con cui in Giappone si definiscono le madri perfezioniste che stanno addosso ai figli e li impegnano a studiare sino dall'età di tre-quattro anni.
Sono dati estremamente significativi da un punto di vista culturale e psicologico.
Sottoposti ad un incredibile pressione educativa, in virtù dell'esempio paterno e del perfezionismo materno, che essi interiorizzano e a cui tentano di rimanere fedeli fino all'adolescenza, gli hikikomori imboccano repentinamente il vicolo cieco di un opposizionismo e di un negativismo radicali, che implica il rifiuto, in parte cosciente in parte inconscio, di un modello di vita incentrato sull'adempimento dei doveri di ruolo che non dà spazio alcuno all'individuazione.
E' fuor di dubbio che si tratta di un fenomeno psicosociologico eterogeneo, il cui dato in comune è il comportamento di ritiro dal mondo e di autoclaustrazione. L'eterogeneità è da ricondurre a diverse strutturazioni della personalità. Ad un estremo, si danno soggetti che hanno disturbi tali (compresi deliri persecutori) che, in Occidente, verrebbero diagnosticati come schizofrenici; all'estremo opposto, si danno soggetti la cui personalità sembra integra e che razionalizzano lucidamente, per quanto più spesso implicitamente, la loro scelta di vita. In mezzo, si dà una gamma di soggetti i cui disturbi, di tipo "nevrotico" o pseudonevrotico, si associano ad una scelta di vita ideologizzata.
L'importanza del fenomeno non si può minimizzare per due motivi.
Il primo è legato all'ambiente socioculturale in cui il fenomeno è comparso. Si tratta, come noto, di un contesto gerarchico e comunitaristico caratterizzato da un richiamo insistente ai doveri sociali, al rispetto dell'autorità e dei ruoli. Gli hikikomori rappresentano l'espressione di una rottura totale rispetto a questa tradizione culturale. A cosa è dovuta questa rottura? Le cause invocate dagli specialisti puntano il dito, come si è detto, sulla famiglia, e in particolare sull'assenza del padre e la presenza di una madre perfezionistica. E' probabile però che nelle famiglie in questione si realizzi una congiuntura dovuta a circostanze di ordine generale, vale a dire a ritmi di vita febbrili e a obbiettivi sempre più ambiziosi indotti dalla grave crisi economica e culturale in cui versa il Giappone da più di dieci anni a questa parte. La crisi economica ha infatti prodotto una minaccia, prima inesistente, di disoccupazione il cui effetto è stato quello di indurre nei lavoratori una disponibilità pressoché totale nei confronti delle aziende quale unica difesa nei confronti di quella minaccia (che infatti investe i meno produttivi e flessibili). La stessa crisi, riducendo la domanda di lavoro, rende il mercato più competitivo e richiede, da parte dei giovani, livelli sempre più elevati di preparazione professionale per inserirsi.
Dal punto di vista culturale, poi, il senso di appartenenza ad una comunità coesa e protesa verso obbiettivi comuni è messo a dura prova dall'incapacità del governo di mantenere un regime di stato sociale e dall'affiorare di una logica competitiva che richiede all'individuo di darsi da fare da sé e di cominciare a pensare in termini egoistici.
Queste circostanze specifiche del contesto socioculturale giapponese permettono di comprendere perché il fenomeno degli hikikomori non abbia riscontro in Occidente, laddove il senso della comunità si è allentato da tempo e l'individualismo competitivo si è affermato stabilmente.
Alcuni hikikomori che sono di sicuro schizofrenici potrebbero però indurre anche il dubbio che le etichette diagnostiche utilizzate in Occidente misconoscano un ritiro dal mondo che potrebbe avere altri significati che non siano riconducibili ad un processo morboso.
P. S. Chi ha interesse ad approfondire il fenomeno, può utilizzare un motore di ricerca digitando semplicemente hikikomori. Il materiale è già abbondante.