C. Preve Marx inattuale (Recensione di Paolo Sergola)

Ricevo da un mio amico, Paolo Sergola, questa recensione dell'ultima fatica di Costanzo Preve, che riprende in esame criticamente e approfondisce l'opposizione tra due diversi orientamenti interpretativi dell'opera di Marx: il primo, giunto a configurarsi fino alla caduta del comunismo come ortodossia, rimasto fermo alla scientificità del pensiero marxiano; l'altro che, eccezion fatta per Althusser e la sua scuola, s'identifica in gran parte con il cosiddetto marxismo occidentale, inteso a valorizzare piuttosto le valenze filosofiche e antropologiche di quel pensiero. La morte del comunismo, in realtà, corrisponde alla sterilità del primo orientamento, in rapporto al quale il verdetto della storia è definitivo e inappellabile. Questo significa, né più né meno, che il pensiero di Marx può e deve essere riabilitato e recuperato in un'ottica filosofica e antropologica, partendo anzitutto da una concezione della natura umana che, per la sua originalità, profondità e ricchezza, non ha, ancora oggi, metri di paragone nell'ambito delle scienze umane e sociali.

Invito caldamente chi fosse interessato a queste tematiche "inattuali" a leggere il saggio di Preve. Mi permetto anche di suggerire la lettura del secondo capitolo - Antropologia - del mio saggio su Marx pubblicato sul sito.

(non ci sarà mai alcun socialismo se noi non lo vogliamo e non siamo in grado di edificarlo)

Anche all’ultima fatica di Costanzo Preve, Marx inattuale — Eredità e prospettive, è stata riservata la stessa sorte delle opere precedenti. Il silenzio. Siccome stiamo parlando di un’attività che si è sviluppata, con tenacia e serietà, per più di quarant’anni oggettivandosi in innumerevoli pubblicazioni, verrebbe da pensare che questo silenzio è sintomatico di una irricevibilità di fondo delle sue analisi. Il fatto che proprio la comunità dei marxisti abbia risposto ignorando l’invito di Preve a rileggere criticamente il pensiero marxiano ed a produrre, attraverso questa interpretazione critica dei testi, lo sforzo di un "riorientamento gestaltico" dell’intera tradizione marxista, dimostra probabilmente che la sua proposta è in anticipo sui tempi. Dalla breve presentazione del libro che seguirà spero possano emergere le ragioni di questa irricevibilità.

Presupposto di Preve è che, se lo statuto di tutte le teorie scientifiche è di essere esposte al criterio di falsificazione, la storia ha di fatto smentito le due previsioni fondamentali di Marx. Quella di una crescente incapacità della borghesia a sviluppare storicamente le forze produttive entro la struttura antagonista dei rapporti di classe del modo di produzione capitalistico e quella, complementare a questa, di una capacità politica della classe operaia a porsi a guida di una transizione intermodale, da un modo di produzione cioè, il capitalismo, ad un altro modo di produzione che ne rappresenta il superamento, il comunismo. L’invito di Preve è quindi a spostare l’accento dalle forze produttive, il cui sviluppo, seppur distorto ed ineguale, è in continua espansione, ai rapporti di produzione, questi si in inarrestabile crisi mondiale. Ciò ci permette di restare dentro Marx e ci consente di utilizzare quella parte ancora valida ed attuale del suo pensiero e cioè l’analisi delle contraddizioni dello sviluppo capitalista.

Questo sforzo di attualizzazione delle teorie marxiane non è, secondo Preve, un astratto bisogno teoretico ma nasce dall’esigenza pratica di gettare le basi, nel presente, di una rifondazione di un nuovo paradigma anticapitalista. Tale paradigma sarà credibile, però, solo se gli elementi costitutivi del pensiero di Marx, e le connesse ricadute ideologiche, verranno sottoposti a profondo vaglio critico. Preve li circoscrive a tre. Essi danno luogo a tre possibili letture critiche e a tre ricadute ideologiche: lo storicismo, l’economicismo e l’utopismo.

La concezione marxiana della storia intesa come successione temporale di modi di produzione, che il marxismo ha elaborato nel concetto di materialismo storico, da luogo alla critica di storicismo da intendersi come "riduzione integrale della realtà a storia". Secondo questa concezione la storia viene ad essere concepita come pura successione lineare di modi di produzione e come teatro di rappresentazione del triplice mito di un Soggetto autocosciente, di un’Origine non alienata e di un Fine inteso come approdo necessario di un lungo percorso progressivo.

L’economicismo è invece la conseguenza della scelta operata da Marx di privilegiare il campo di ricerche economiche al fine di dare un fondamento scientifico alle sue teorie di formazione del plusvalore e di sviluppo e crisi del modo di produzione capitalistico. L’aver scelto l’economia politica a oggetto esclusivo, anche se critico, di studio ha comportato una serie di conseguenze:

  • ha circoscritto all’economia il campo di indagine marxiano e delimitato la cornice entro cui il suo pensiero critico si è mosso,
  • ha indotto il marxismo a sopravvalutare l’aspetto quantitativo della teoria del valore (trasformazione del valore in prezzi) a scapito di quello qualitativo (legame filosofico del concetto di valore con quelli di alienazione e feticismo delle merci),
  • ha imposto una "economicizzazione del conflitto" di classe facendo convergere ogni rivendicazione antagonista sul terreno esclusivamente economico di equità distributiva.

Il terzo elemento critico, l’utopismo, si ricava dalla concezione secondo la quale il comunismo sarebbe stato il risultato necessario della dinamica dello sviluppo capitalistico. Una concezione, sottolinea Preve, deterministica e teleologica, che vede nell’automovimento della produzione capitalistica il presupposto materiale della realizzazione di una struttura sociale comunista, il cui fine è il soddisfacimento pieno dei bisogni umani.

Ciò che hanno in comune le tre concezioni di Marx è l’esclusione della filosofia, da intendersi qui come strumento autonomo di creazione di percorsi veritativi, dal proprio campo di indagine con la conseguente riduzione della stessa ad epistemologia e ideologia. Non che Marx non si riferisse ad una propria filosofia la cui genesi è nota (Epicuro, Hegel, Spinoza e Feuerbach), ma ciò che Marx negava alla filosofia era di possedere un proprio spazio conoscitivo specifico. Negazione che il marxismo successivo, da Engels ad Althusser, ha approfondito nel tentativo di preservare la purezza della teoria scientifica. Ma, ed è qui il punto centrale delle tesi di Preve, con questa scelta il marxismo si è negato la possibilità di sottoporre le proprie teorie, e le relative ricadute ideologiche, ad uno spazio critico di autoriflessione. Di fronte ai grandi modelli conoscitivi di modo di produzione e teoria del plusvalore, che Marx ha potuto sviluppare proprio grazie alla scelta di privilegiare lo studio dell’economia politica classica, il prezzo da pagare è stato l’abbandono di quel piano di indagine critica rappresentato dalla filosofia, da Preve intesa, in senso socratico, come continua ricerca della verità attraverso il dialogo. La ricaduta negativa è stata una conseguenza necessaria, fisiologica e non patologica, delle scelte operate da Marx. Ciò che è risultato fatale è stato l’aver pervicacemente insistito, da parte di quasi tutti i marxisti, solo sugli aspetti "scientifici" dell’eredità di Marx, scelta che ha condotto il marxismo, sia nella sua variante teorica che in quella politica, ad incagliarsi, lentamente ma inesorabilmente, nelle secche del nichilismo.

Visto così si potrebbe credere che questo libro sia solo una critica distruttiva della tradizione marxista. In realtà non è così. L’eredità e gli errori del passato vengono, infatti, vagliati criticamente al solo scopo di gettare le basi, nel presente, di una nuova prospettiva critica credibile e praticabile. E’ il concetto di natura umana a traghettarci dalla pars destruens a quella costruens del libro. Convinzione di Preve è che la natura umana non è concetto metafisico ma un dato concreto, esperibile sia nella realtà soggettiva che nella storia del genere umano. Essa è un elemento costitutivo, ontologico, dell’essere umano il cui carattere plastico ed aperto è osservabile empiricamente. Se così non fosse, dice Preve, le tecniche di manipolazione avrebbero già sottomesso l’intero genere umano. "Se l’uomo non fosse un ente naturale generico, in cui la creatività e la reazione all’oppressione sono elementi non solo storici ma radicati nella più intima struttura antropologica, non scommetterei neppure 10 euro sulle possibilità dei movimenti di resistenza".

Chi critica il concetto di natura umana prendendo a spunto la 6° Tesi di Feuerbach, dove Marx riduce "l’essenza umana" a "l’insieme dei rapporti sociali", confonde l’essenza umana in quanto specificazione storica, manifestazione concreta, nelle forme alienate della società capitalista criticate da Marx, di quella genericità costitutiva, invece, della natura umana. Questo è certamente il punto centrale del libro ed è anche l’unico momento in cui Preve cita direttamente Marx a sostegno di una sua tesi. Si tratta dei Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica o Grundrisse — La Nuova Italia -, vol.1, p.98-99. La citazione è molto lunga per essere integralmente riportata ma dimostra molto chiaramente come la conoscenza filosofica, terreno esplicitamente abbandonato da Marx, sia implicitamente rimasto il background delle sue elaborazioni concettuali. In queste due paginette dei Grundrisse, infatti, Marx fa tre cose: 1) riprende il concetto di alienazione, già elaborato negli scritti giovanili, per precisarlo ulteriormente nel termine di reificazione (Verdinglichung) inteso come percezione dei rapporti sociali come cosa (Ding) 2) precisa la nozione di modo di produzione come "sistema di ricambio sociale generale" articolato in tre elementi interconnessi, le forze produttive sociali, i rapporti sociali di produzione e le ideologie di legittimazione 3) definisce la società comunista come società fondata sullo sviluppo universale di libere individualità. Questo è indubbiamente un linguaggio filosofico. Universalità, libertà, individualità e reificazione non sono certo concetti indagabili con le categorie dell’economia politica. Ma questa citazione dimostra, se ce ne fosse stato ancora bisogno, che il pensiero di Marx non è organicista-totalitario ma è pensiero della libertà e quindi di modelli sociali universalizzabili, fondati su una visione della natura umana colta in tutta la sua ricchezza relazionale. E dimostra, in ultimo, che è sempre utile tornare ad indagare il pensiero di Marx in forza anche di quella sorta di eccedenza in esso contenuta, eccedenza che esorbita le sue stesse tesi programmatiche e che è in grado di aprire nuovi percorsi alla conoscenza.

A conclusione del suo lavoro Preve auspica, nei confronti del marxismo, quello che definisce un "riorientamento gestaltico", un atteggiamento cioè che permetterebbe di scorgere oggi ciò che fino a ieri neanche si percepiva. Il riorientamento gestaltico del marxismo passa attraverso l’abbandono delle sintesi ideologiche di storicismo, economicismo e utopismo. Conseguenza di questo abbandono sarebbe la scomparsa di tanti falsi problemi tra cui quello di identificazione del marxismo con la sinistra o quello della falsa dicotomia destra/sinistra da Preve intesa come "protesi elettoralistica artificiale di tipo bipolare maggioritario". Oggi la distinzione radicale è quindi tra chi giustifica la guerra imperiale e chi no. A corredo del libro c’è anche una ricca ed esauriente nota bibliografica, sorta di quinto capitolo, che impreziosisce ulteriormente il già interessante lavoro di Preve.

Citazione

……Il carattere sociale dell’attività, così come la forma sociale del prodotto e la partecipazione dell’individuo alla produzione, si presentano qui come qualcosa di estraneo e di oggettivo di fronte agli individui; non come loro relazione reciproca, ma come loro subordinazione a rapporti che esistono indipendentemente da loro e nascono dall’urto degli individui reciprocamente indifferenti. Lo scambio generale delle attività e dei prodotti, che è diventato condizione di vita per ogni singolo individuo, il nesso che unisce l’uno all’altro, si presenta ad essi stessi estraneo, indipendente, come una cosa. Nel valore di scambio la relazione sociale tra le persone si trasforma in rapporto sociale tra le cose; la capacità personale, in una capacità delle cose. Quanto minore è la forza sociale del mezzo di scambio, quanto più essa è ancora legata alla natura del prodotto immediato del lavoro e ai bisogni immediati di coloro che scambiano, tanto maggiore deve essere la forza della società che lega insieme gli individui, il rapporto patriarcale, la comunità antica, il feudalesimo e la corporazione. Ciascun individuo possiede il potere sociale sotto la forma di una cosa. Strappate alla cosa questo potere sociale e dovete darlo alle persone sulle persone. I rapporti di dipendenza personale (all’inizio su una base del tutto naturale) sono le prime forme sociali, nelle quali la produttività umana si sviluppa soltanto in un ambito ristretto e in punti isolati. L’indipendenza personale fondata sulla dipendenza materiale è la seconda forma importante in cui giunge a costituirsi un sistema di ricambio sociale generale, un sistema di relazioni universali, di bisogni universali e di universali capacità. La libera individualità, fondata sullo sviluppo universale degli individui e sulla subordinazione della loro produttività collettiva, sociale, quale loro patrimonio sociale, costituisce il terzo stadio. Il secondo crea le condizioni del terzo. Sia le condizioni patriarcali che quelle antiche (ed anche feudali) crollano perciò con lo sviluppo del commercio, del lusso, del denaro, del valore di scambio, nella stessa misura in cui di pari passo con essi si innalza la società moderna. (Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, Volume 1, p. 97 -99, La Nuova Italia, 1968)

Paolo Sergola