Una strana gioia di vivere (1949-55)


I


La tenerezza tenerezza è detta


se tenerezza cose nuove dètta.


II


Oh non ti dare arie


di superiorità.


Solo uno sguardo io vidi


degno di questa. Era


un bambino annoiato in una festa.



III


La tua giusta fierezza


per il mio gesto vile


pareva senza asprezza


dorata dal tuo stile.



IV


Come è bello seguirti


o giovine che ondeggi


calmo nella città notturna.


Se ti fermi in un angolo, lontano


io resterò, lontano


dalla tua pace, - o ardente


solitudine mia.



V


O solitario intorno a una fontana.


Il poetico nudo della leva


militare nel tuo cuore ardeva


più che la Venere Botticelliana.



VI


Le stelle mi guardavano se a tratti


socchiudevano gli occhi come fanno i gatti.



VII


Era la vita tua lieta e gentile.


Quando a un tratto arrivò, gonfio d'amore,


un lombrico vestito da signore.


È quieta la tua vita e senza stile.



VIII


Il ciclista polverosa


castità offre alla sposa.



IX


Passando sopra un ponte


alto sull'imbrunire


guardando l'orizzonte


ti pare di svanire.


Ma la campagna resta


piena di cose vere


e tante azzurre sfere


non valgono una festa.



X


Tra due malandri in fiore


deriso era il mio cuore.


Nel sonno al loro viso


perdonai con amore.



XI


Il fanciullo magretto torna a casa


un poco stanco e molto interessato


alle cose dell'autobus. Pensa


- con quella luce che viene dai sensi


dai sensi ancora appena appena tocca -


in quanti modi adoperar si possa


una cosa ch'è nuova e già non tiene


se inavvertito ogni tanto egli tocca.


Poi si accorge di me. E raffreddato


si soffia il cuore fra due grosse mani.


Io devo scendere ed è forse un bene.



XII


Della romantica tuta


oh non amai solo la scorza.


Ma proprio la dolcezza ch'è sperduta


fra le montagne della forza.



XIII


Per averlo soltanto guardato


nel negozio dove io ero entrato


sulla soglia da dove egli usciva


è rimasto talmente incantato


con gli occhi tonti ferma la saliva


che il più grande gli fece: Hai rubato?


Poi ne ridemmo insieme tutti e tre


ognuno all'altro tacendo un perché


uniti da quell'ultimo perché


che lecito sembrava a tutti e tre.



XIV


Un po' di pace è già nella campagna.


L'ozio che è il padre dei miei sogni guarda


i miei vizi coi suoi occhi leggeri.


Qualcuno che era in me ma me non guarda


bagna e si mostra negligente: appare


d'un tratto un treno coi suoi passeggeri


attoniti e ridenti: ed è già ieri.



XV


La luna ci guardava assai tranquilla


al di là dello schermo ov'egli attento


seguiva le incredibili vicende


col suo profilo di bambino, caro


a quella luna già, ma assai lontano


solo mezz'ora prima...



XVI


Un amore perduto quanta gioia


di nuove sensazioni in me sorprende.


Ma l'amore è perduto.


E la pena riprende.



XVII


Cercando del mio male le radici


avevo corso tutta la città.


Gonfio di cibo e d'imbecillità


tranquillo te ne andavi dagli amici.


Ma Sandro Penna è intriso di una strana


gioia di vivere anche nel dolore.


Di se stesso e di te, con tanto amore,


stringe una sola età - e te allontana.



XVIII


Oh se potessi io lo compererei.


Solo così forse mi calmerei.



XIX


Dacci la gioia di conoscer bene


le nostre gioie, con le nostre pene.



XX


Notte bella, riduci la mia pena.


Tormentami se vuoi, ma fammi forte.



XXI


Ma insieme a tanto urlare di dolore,


tu scomparso del tutto dai miei occhi,


perché restava in me tanto fervore


ch'io posavo ogni giorno in altri occhi?


Rimase in me di te forse una scia


di pura gioventù se tu scomparso


dalla mia scena la malinconia


restava come neve al sol di marzo?



XXII


Se l'inverno comincia sulle calde


e sporche mani un odore di arance


al quieto sole della festa arde


nell'aria come qualcosa che piange.



XXIII


"Cullo una solitudine mortale


nel mortale mattino, che da sempre..."


Il verso dell'amico si era imposto


da qualche giorno. Il fiume, come un olio


lucido e calmo nello stanco agosto...


Forse mia madre era perduta. Solo


lucido e calmo mi era intorno, specchio


a quello specchio nell'ampio silenzio,


quegli che poi doveva il mio silenzio


- già triste come di un lontano assenzio -


rompere con tanto mio consenso...


(Il suo odore, la sera, come un cane


sporco e fedele dopo le campane).


Notte d'inverno, la tua dolce boria


fa lontana, fa buffa questa storia.



XXIV


Un dì la vita mia era beata.


Tutta tesa all'amore anche un portone


rifugio per la pioggia era una gioia.


Anche la pioggia mi era alleata.



XXV


Con il cielo coperto e con l'aria monotona


grassa di assenti rumori lontani


nella mia età di mezzo (né giovane né vecchia)


nella stagione incerta, nell'ora più chiara


cosa venivo io a fare con voi sassi e barattoli vuoti?


L'amore era lontano o era in ogni cosa?



XXVI


Il gatto che attraversa la mia strada


o bianco o nero stasera mi aggrada.


Ma non mi aggradi tu stanca puttana:


chiuditi con un altro nella tana.



XXVII


Come è bella la luna di dicembre


che guarda calma tramontare l'anno.


Mentre i treni si affannano si affannano


a quei fuochi stranissimi ella sorride.



XXVIII


È l'ora in cui si baciano i marmocchi


assonnati sui caldi ginocchi.


Ma io, per lunghe strade, coi miei occhi


inutilmente. Io, mostro da niente.



XXIX


Come è forte il rumore dell'alba!


Fatto di cose più che di persone.


Lo precede talvolta un fischio breve,


una voce che lieta sfida il giorno.


Ma poi nella città tutto è sommerso.


E la mia stella è quella stella scialba


mia lenta morte senza disperazione.



XXX


La rosa al suo rigoglio


non fu mai così bella


come quando nel gonfio orinatoio


dell'alba amò l'insonne sentinella.