IPPARCO
Sommario

  Prima definizione dell'uomo avido di guadagno: avido di guadagno è chi pensa di guadagnare da cose di nessun valore. Ma sapendo che sono senza valore, altrimenti sarebbe un insensato. E allora come può essere che desideri ciò che sa essere privo di valore e Come è possibile che pensi di ricavarne guadagno? Nessuno sarebbe avido, se è vera questa definizione (225a-226e). Seconda definizione: se il guadagno è un bene e la perdita è male, avido di guadagno è chi desidera il bene. Se questa definizione è vera, però, tutti sarebbero avidi di guadagno (227a-227d). Terza definizione: avidi sono coloro che pensano di ricavare un guadagno da ciò dà cui le persone oneste si rifiuterebbero di guadagnare. Ma, se il guadagno è un bene e tutti - onesti e no - vogliono il bene, questa definizione non regge (227d). Né possono esserci guadagni da cui si ricavi un danno, perché il danno sarebbe in 'questo caso una perdita, cioè avremmo un bene da cui si ricava un male. Disorientamento dell'interlocutore di Socrate (227e-228a). Episodio di Ipparco (228b-229d). Per riprendere la discussione, cosa c'è da correggere in quello che è stato detto? Che ogni guadagno è un bene: esistono infatti guadagni buoni e guadagni malvagi. Tuttavia è guadagno tanto quello buono quanto quello malvagio: è necessario, perciò, definire il guadagno come ciò che è identico nell'un caso e nell'altro (229e-231a). Per guadagno è da intendersi ogni acquisto per il quale o non si spende nulla o si spende meno di quel che si ricava. Ma anche per questa via si torna all'identificazione del guadagno e del bene, di perdita e male. Inoltre al concetto di guadagno bisogna aggiungere quello di valore: ma ciò che ha valore è utile e quindi buono. Anche così il guadagno si identifica con il bene e se ne deve concludere che tutti gli uomini sono avidi (231a-232c).

TESTO

 [225a] SOCRATE Di’, cos’è l’avidità di guadagno? Che cos’è? E chi sono gli avidi?

AMICO Quanto a me credo che siano quelli che contano di trarre guadagno da cose di nessun conto.

SOCRATE Ma credi tu che siano coscienti o no che tali cose sono di nessun valore? Perché se non ne sono coscienti, questi avidi bisogna chiamarli degli insensati. AMICO Macché insensati! Sono dei trafficoni, dei furfanti, [b] degli schiavi del guadagno, e per quanto siano coscienti che ciò da cui osano trarre guadagno non ha valore alcuno, tuttavia insistono nell’avidità perché non conoscono la vergogna.

SOCRATE Perciò un uomo avido è così: per esempio un contadino pianta un albero pur sapendo che non ha alcun valore e però conta, una volta che sia cresciuto, di guadagnarci. Questo è per te un uomo avido?

AMICO Sì, ma l’uomo avido, o Socrate, si sente in dovere di trarre guadagno da tutto.

SOCRATE Non mi saltar sù così sconsideratamente, come se ti si facesse qualche torto! Rifletti quando mi rispondi, [c] ché ti ripeterò le domande da capo. Sei d’accordo o no che l’uomo avido sia cosciente del valore di ciò da cui conta di guadagnare?

AMICO Sì.

SOCRATE Chi è dunque colui che ha coscienza del valore delle piante, cioè in quale stagione e regione metta conto piantarle? Mettiamoci anche noi un po’ di dotte figure, di quelle di cui si fanno belli i maestri del foro!

[d] AMICO Il contadino, penso.

SOCRATE Perciò fare il conto di guadagnare è diverso dal

pensiero di dover guadagnare?

AMICO Per me è così.

SOCRATE Smetti di cercare di ingannarmi, tu un ragazzo [226a] ed io un uomo d’età, con queste tue risposte, a cui tu stesso non credi! Via rispondimi con sincerità !C’è qualcuno, credi, che facendo il contadino e sapendo di piantare un albero di nessun valore, pensi di farci un guadagno? AMICO No, per Giove, non lo credo.

SOCRATE E ancora: un cavallerizzo cosciente di dare al cavallo una biada senza alcun valore, credi tu che ignori di rovinare il suo cavallo?

AMICO No.

[b] SOCRATE Perciò non pensa di trarre guadagno da questa biada di nessun valore.

AMICO No.

SOCRATE E un pilota che armi la sua nave con vele e timone di nessun valore, credi tu che ignori di ricevere danno e di rischiare di perire lui stesso, e di perdere la nave con tutto ciò che trasporta?

AMICO No, non lo credo.

[c] SOCRATE Perciò non pensa di trarre guadagno dagli attrezzi di nessun valore.

AMICO No, certo.

SOCRATE Ma uno stratego? Sapendo che il suo esercito ha armi di nessun valore, pensa forse di trarci guadagno e conta di guadagnare?

AMICO In nessun modo.

SOCRATE Ma il flautista con dei flauti che non valgon nulla? E un citarista con una lira da nulla, l’arciere con un arco da nulla, o chiunque altro degli artigiani - per prenderli tutti - o degli uomini in senno, con i loro attrezzi o con qualunque arnese di nessun valore, credono forse di cavarci fuori un guadagno?

[d] AMICO Evidentemente no.

SOCRATE Chi sono dunque per te gli uomini avidi? Perché non sono certo questi che abbiamo passato in rassegna bensì coloro che, ben coscienti delle cose senza valore, pensano di doverci guadagnare sopra. Però in questo modo, mio caro amico, non c’è uomo che possa essere trovato avido.

AMICO Ma io, o Socrate, voglio dire che avidi sono quelli che per insaziabilità bramano senza limiti e cercano di fare guadagno anche da cosucce da niente o di pochissimo [e] o addirittura di nessun valore.

SOCRATE Ma che siano di nessun valore, certo non lo sanno, mio caro. Abbiamo già chiaramente mostrato, ragionando, che è impossibile che lo sappiano.

AMICO Sembra anche a me.

SOCRATE Se dunque non lo sanno, evidentemente per ignoranza attribuiscono un gran valore a cose che non valgono nulla.

AMICO Evidentemente.

SOCRATE Ma se sono avidi, non amano il guadagno? AMICO Sì.

SOCRATE E il guadagno è per te il contrario della perdita? [227a] AMICO Sì.

SOCRATE V’è qualcuno cui la perdita sia un bene?

AMICO Nessuno.

SOCRATE ... a cui sia un male ?

AMICO Sì.

SOCRATE Gli uomini allora sono danneggiati dalla perdita.

AMICO Sì, danneggiati.

SOCRATE Dunque la perdita è un male.

AMICO Sì.

SOCRATE E il guadagno è contrario alla perdita.

AMICO Sì, il suo contrario.

SOCRATE Dunque il guadagno è un bene.

AMICO Sì.

[b] SOCRATE Quindi quelli che tu chiami avidi, amano il bene.

AMICO Probabilmente.

SOCRATE Non sono proprio dei pazzi dunque quelli che tu chiami gli avidi! Ma tu stesso ami tutto ciò che è bene o no?

AMICO Io sì.

SOCRATE C’è qualche bene che tu non ami? O c’è un male che ami?

AMICO No, non c’è per Giove.

SOCRATE Ma ami tutto ciò che è bene allo stesso modo.

AMICO Sì.

SOCRATE Ecco, domanda anche a me se non sono così anch’io. Perché, d’accordo con te, anch’io amo tutto ciò [c] che è bene. Ma a parte me e te, tutti quanti gli altri uomini non ti pare che amino il bene e odino il male?

AMICO Mi pare.

SOCRATE Ma non eravamo d’accordo che il guadagno è un bene?

AMICO Sì.

SOCRATE Ecco che di nuovo tutti ci risultano avidi allo stesso modo, mentre secondo quanto dicevamo prima nessuno era avido. Quale dei due ragionamenti va seguìto per non sbagliare?

AMICO Solo, penso, se afferriamo in modo esatto il con-[d] cetto di uomo avido, o Socrate. E, per essere esatti, un uomo attaccato al guadagno sarà così: chi applichi ogni sforzo e conti di guadagnare da quelle cose da cui la gente per bene non ha l’animo di guadagnare.

SOCRATE Ma non vedi mio dolce amico? Poco fa ci siamo messi d’accordo che il guadagno è un vantaggio.

AMICO E cosa è mai questo?

SOCRATE E’ che, in più, ci s’era anche messi d’accordo che tutti vogliono ciò che è bene e per sempre.

AMICO Sì.

SOCRATE Pertanto i buoni vogliono avere ogni sorta di guadagno se è vero che i guadagni sono un bene.

[e] AMICO Non però, Socrate, quei guadagni da cui probabilmente trarranno danno.

SOCRATE Vuoi dire ‘danno’, o ‘perdita’ o altro?

AMICO Sì, ‘perdita’ voglio dire.

SOCRATE Ma gli uomini ci rimettono a causa di guadagno o a causa di perdita?

AMICO A causa d’entrambi, cioè ci rimettono sia per colpa di perdita sia per colpa di cattivo guadagno.

SOCRATE Ma ti pare che una cosa onesta e buona possa essere cattiva?

AMICO No certo.

[228a] SOCRATE E però ci siamo trovati d’accordo poco fa che il guadagno è il contrario della perdita, la quale è un male.

AMICO Sì.

SOCRATE E che, essendo il contrario del male, è un bene?

AMICO Sì, d’accordo.

SOCRATE Lo vedi? Cerchi di ingannarmi facendo apposta a dirmi il contrario di quanto prima convenuto.

AMICO No, per Giove. Sei tu, o Socrate, che invece cerchi di ingannarmi e mi fai girare non so come, per tutti i sensi. SOCRATE Taci! Non farei certo bene se io non obbedissi [b] a un uomo nobile e sapiente.

AMICO A chi? E in che poi?

SOCRATE Al mio e tuo concittadino, figlio di Pisistrato, del demo di Filiade, ad Ipparco, che fu il più anziano e il più sapiente dei figli di Pisistrato, che fra le molte opere belle mostrò quelle della sua sapienza e per primo introdusse in questa terra i poemi di Omero e stabilì che alle Panatenee i rapsodi dovessero recitarli di seguito e in ordine come fanno ancora oggi; introdusse nella nostra [c] città Anacreonte di Teo che fece venire con una nave di cinquanta remi, mentre si teneva sempre presso di sé Simonide di Ceo che aveva convinto a venire con grandi ricompense e doni. Tutto questo s’era messo a fare con l’intento d’educare i cittadini sì da comandare su gente la migliore possibile, e convinto che a nessuno dovesse essere negata la sapienza, da quell’uomo nobile ed eccellente che era. E quando da lui furono educati quelli della città che lo veneravano ammirati per la sua sapienza, si dette allora [d] pensiero di quelli dei campi e pose per essi le erme lungo le strade nel mezzo fra la città e i singoli demi, e fatta una scelta delle massime ch’egli riteneva più sapienti, frutto di quella sapienza da lui appresa o da lui stesso scoperta, ridottele in verso elegiaco, le fece scrivere sulle erme come monumento della sapienza dell’arte sua affinché innanzitutto i suoi cittadini non restassero fissi nell’ammirazione dei saggi proverbi delfici come: "Conosci [e] te stesso" e "Niente di troppo" ed altri simili, ma piuttosto ritenessero sapienti le parole di Ipparco, e poi perché, leggendo e prendendo piacere alla sua sapienza, nei loro andirivieni, venissero via dai campi, per essere educati in tutto il resto. Su ciascuna erma le iscrizioni sono [229a] due: a sinistra c’è scritto il nome di Ermes che dice di star lì in mezzo fra le città e il demo, ma a destra c’è, per esempi

Questo è il monito d’Ipparco:

con giustizia va avanti!

Molte altre e belle sono le massime poetiche iscritte sulle erme, e in particolare v’è anche questa, sulla strada di Stiria, che, dice: [b] Questo è il monito d’Ipparco:

Il tuo amico non ciurmare. Pertanto io non oserei certo ingannare te che mi sei amico, e così disubbidire al monito di un uomo quale era lui, dopo la cui morte per ancora tre anni gli Ateniesi tollerarono la tirannia del fratello Ippia, e tu sai da tutti i vecchi che questo fu l’unico periodo di tirannide in Atene, mentre per tutto il resto del tempo gli Ateniesi vivevano quasi come sotto il regno di Crono. E a sentire i dotti la [c] morte di Ipparco non avvenne, come i più hanno creduto, per l’offesa fatta alla sorella di Armodio esclusa dalle canefore - ciò sarebbe stata una sciocchezza - ma, a sentire quelli, Armodio fu l’amasio di Aristogitone che l’aveva anche educato, e Aristogitone, che andava fiero anche lui d’educarlo, riteneva che Ipparco fosse suo rivale. [d] Volle il caso che in quel periodo Armodio si innamorasse d’un giovanotto bello e nobile di allora - ne sanno anche il nome, ma io l’ho scordato -; e questo giovanotto che fino allora aveva ammirato la sapienza di Armodio e Aristogitone, come incontrò Ipparco cominciò a disprezzarli, ed essi tanto risentirono l’acerbità di quella offesa che uccisero Ipparco.

AMICO Ma allora, o Socrate, la probabilità è una delle due: non mi ritieni amico, o se mi ritieni amico non ubbidisci al monito d’Ipparco, perché io non posso pro-[e] prio persuadermi che tu non mi faccia il ciurmatore in questi ragionamenti. Come, però, non lo so.

SOCRATE E va bene: come se giocassi al tavoliere sono pronto a ritirare quello che vuoi dei miei ragionamenti così che tu non creda che t’inganni. Vuoi ch’io ritiri questo, che tutti gli uomini desiderano dei beni?

AMICO No, questo no.

SOCRATE Allora, quello che perdere e la perdita sono un male?

AMICO No, questo no.

SOCRATE Ma allora quello che il guadagnare e il guadagno sono il contrario del perdere e della perdita?

[230a] AMICO Neppure questo.

SOCRATE Quello che il guadagno è un bene, dal momento che è contrario a un male?

AMICO Non ogni guadagno. Questo ragionamento ritiralo pure.

SOCRATE La tua opinione è dunque, se vedo bene, che talvolta un guadagno è un bene e talvolta è un male.

AMICO Sì.

SOCRATE Ritiro allora questo, e sia concesso che talvolta un guadagno è un bene e talvolta un male. Ma il guadagno buono non è nulla più guadagno di quello cattivo, non è vero?

AMICO Che mi chiedi?

SOCRATE Te lo spiego subito. Il cibo può essere buono o cattivo.

[b] AMICO Sì.

SOCRATE Forse l’uno è più cibo che l’altro? o sono ambedue ugualmente cibi e in quanto tali, cioè in quanto all’essere cibo non differiscono niente l’uno dall’altro, ma solo in quanto uno è buono e l’altro è cattivo?

AMICO Sì.

SOCRATE Dunque anche la bevanda e tutte le altre cose esistenti, che quanto a sé sono le medesime e che possono essere talora buone e talora cattive non differiscono affatto [c] l’una dall’altra sotto l’aspetto sotto il quale sono identiche. Anche l’uomo può essere certamente buono o malvagio.

AMICO Sì.

SOCRATE Ma né l’uno né l’altro uomo è più o meno uomo dell’uno o dell’altro, cioè né il buono è più o meno uomo del malvagio né il malvagio è più o meno uomo del buono. AMICO E’ vero.

SOCRATE Cerchiamo di vederla in questo modo anche riguardo il guadagno, che cioè il guadagno è in egual misura guadagno, sia esso buono o cattivo.

AMICO Per forza.

SOCRATE In effetti, chi fa un guadagno onesto non guadagna di più di chi lo fa malvagio. Dunque il guadagno [d] non è evidentemente più guadagno in quanto sia onesto o malvagio, come ora riconosciamo.

AMICO Sì.

SOCRATE In nessuno dei due casi dunque, ha luogo il più o il meno.

AMICO No, non ha luogo.

SOCRATE In un simile caso in cui non si dia né il più né il meno, come si può più o meno realizzare o perdere?

AMICO Non si può.

SOCRATE Poiché dunque tanto il guadagno onesto che quello malvagio sono guadagno e sorgente di guadagno, bisogna indagare per quel motivo mai tu dai ad entrambi il nome di guadagno: cos’è che ci vedi di identico in entrambi? Per esempio se tu mi chiedessi riguardo ai casi [e] di poc’anzi perché mai io chiami cibo in egual modo entrambi i cibi, quello buono e quello cattivo, io ti risponderci: perché entrambi sono nutrimento secco del corpo e per questo li chiamo cibo. E che il cibo sia questo, certo anche tu me lo concederesti. No?

AMICO Sì.

SOCRATE E riguardo la bevanda la risposta avrebbe lo stesso tenore, che cioè si dà il nome di bevanda a un nutri[231a] mento umido del corpo, sia buono o cattivo. E così analogamente riguardo le altre cose. Prova dunque anche tu a invitarmi con una risposta analoga. Il guadagno onesto e quello malvagio li definisci entrambi guadagno: cos’è che ci vedi di identico in essi che sia, anche questo, guadagno? Se però tu per conto tuo non ce la fai a rispondere, guarda me cosa dico: Forse chiami tu guadagno ogni acquisto che si possa fare sia senza spesa, sia con un acquisto maggiore della spesa?

[b] AMICO Sì, questo per me è guadagno.

SOCRATE E anche in casi di questo genere, se, per esempio, qualcuno invitato a pranzo non ha speso nulla ma si prende una malattia per la gozzoviglia, dici che ci ha guadagnato?

AMICO No, per Giove.

SOCRATE Ma se dal banchetto avesse guadagnato salute, avrebbe fatto un guadagno o una perdita?

AMICO Un guadagno.

SOCRATE Pertanto prendersi un qualunque acquisto non è un guadagno.

AMICO Certamente no.

SOCRATE No, se è cattivo? Oppure, se si avrà un acquisto buono, qualunque sia, non sarà un guadagno?

AMICO Se l’acquisto è buono, sì evidentemente.

[c] SOCRATE Se invece è cattivo non sarà una perdita? AMICO Mi sembra di sì.

SOCRATE Ma non vedi che di nuovo corri allo stesso punto? Da una parte il guadagno è evidentemente un bene e dall’altra la perdita è un male.

AMICO Non so più che dire.

SOCRATE Il tuo imbarazzo è ben giustificato. Sù, rispondimi ancora: Se qualcuno acquista di più di quel che spende, pensi tu che faccia un guadagno?

AMICO In nessun modo se è un male, ma è un guadagno quando uno ritragga più oro o più argento di quanto ne spenda.

SOCRATE Ed io intendo chiederti proprio questo. Dimmi: [d] Se qualcuno con la spesa di mezza libra d’oro ne prende due d’argento fa un guadagno o una perdita?

AMICO Certo una perdita, o Socrate, perché, invece che in ragione di dodici, l’oro gli è misurato in ragione di due. SOCRATE Però ne ha preso di più. Non è forse il doppio più di una metà?

AMICO Però in questa misura l’argento non è più dell’oro quanto a valore.

SOCRATE Perciò, mi sembra, al guadagno bisogna aggiungere il valore. Infatti tu dici che l’argento, pur in quantità maggiore dell’oro non ne ha il valore, mentre l’oro in quantità minore, lo ha.

[e] AMICO E come! E’ così.

SOCRATE Ciò che ha valore, dunque, porta guadagno, grande o piccolo che sia, mentre ciò che non ha valore non porta alcun guadagno.

AMICO Sì.

SOCRATE Ma ciò che ha valore a cosa vale se non a esser posseduto?

AMICO A essere posseduto, certo.

SOCRATE Ciò che vale ad essere posseduto lo chiami utile o no?

AMICO Utile, certamente.

[232a] SOCRATE Dunque l’utile è un bene?

AMICO Sì.

SOCRATE Allora, mio coraggiosissimo, non veniamo a convenire ancora per la terza o la quarta volta che ciò che porta guadagno è buono?

AMICO Probabilmente.

SOCRATE Ti ricordi di dove questo discorso ha preso le mosse?

AMICO Credo di sì.

SOCRATE Se no, te lo rammento io. Tu mi affermavi che i buoni non desiderano guadagnare ogni tipo di guadagno, ma solo i guadagni buoni, non i cattivi.

AMICO Sì.

[b] SOCRATE Pertanto il ragionamento ci ha forzati a convenire che ogni tipo di guadagno, piccolo o grande, è un bene.

AMICO Mi ha forzato sì, o Socrate, piuttosto che persuaso.

SOCRATE Ma forse potrebbe persuaderti in seguito: ma ora, persuaso o no, tu puoi dire insieme a me che tutti i guadagni sono buoni, piccoli o grandi che siano.

AMICO Sì, posso convenire.

SOCRATE E convieni che tutti quanti gli uomini buoni e onesti desiderano tutti quanti i beni. Non è vero?

AMICO D’accordo.

[c] SOCRATE Ma tu invece dicevi che gli uomini malvagi sono attaccati ai guadagni, piccoli o grandi che siano. AMICO Sì, lo dicevo.

SOCRATE Dunque, secondo le tue parole tutti gli uomini sarebbero attaccati al guadagno, i buoni come i cattivi? AMICO Evidentemente.

SOCRATE Ha dunque torto chi rimprovera un’altro d’essere avido, perché chi fa il rimprovero si trova ad essere avido anche lui.