Prefazione e Note alla traduzione delle "Lezioni del martedi" di Charcot

1892-1894

Le lezioni di Charcot qui tradotte in tedesco per gentile concessione dell'autore s'intitolano in francese Lecons du mardi de la Salpétrière, dal giorno della settimana in cui il professore visita davanti al suo uditorio i pazienti ambulatoriali. Il primo volume di queste Lecons apparve nel 1888 in veste assai modesta, come "Note dei signori Blin, Charcot junior e Colin". Quest'anno (1892) esso ha subito una revisione da parte dell'autore, e su questa si fonda la nostra edizione tedesca.

L'edizione francese era introdotta da una prefazione del dottor Babinski, nella quale questo eccellente scolaro di Charcot mette in luce con giustificato orgoglio la somma quasi inesauribile di suggerimenti e di insegnamenti che si deve, da molti anni, al Maestro, e come lo studio delle sue pubblicazioni possa malamente sostituire il suo insegnamento orale. Egli considera quindi giustificato pubblicare anche queste lezioni improvvisate di Charcot, allargando cosi enormemente la cerchia dei suoi allievi e dei suoi uditori. Chi ha avuto anche per breve tempo la fortuna di vedere al lavoro quel grande ricercatore e di assimilarne direttamente l'insegnamento, concorderà di cuore, ne sono certo, con il dottor Babinski.

Queste lezioni contengono in realtà tante cose nuove che nessuno, anche fra gli esperti, le potrà leggere senza allargare di molto il proprio orizzonte conoscitivo. Le cose nuove, poi, sono presentate in forma cosi energica e stimolante che quest'opera, come forse nessun'altra dopo le Leçons di Trousseau [Il notissimo Traité de thérapeutique (Parigi 1836-39) di Armand Trousseau (1801-67).], si presta a servire da manuale per gli studenti e per il medico che voglia mantener vivo il suo interesse per la neuropatologia.

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Queste lezioni devono il loro fascino particolare al fatto di essere totalmente o in gran parte improvvisate. Il professore non conosce il malato che gli viene presentato, o lo conosce solo superficialmente. È quindi costretto a comportarsi di fronte all'uditorio come di solito fa soltanto nella sua pratica medica, con la differenza che in questo caso egli pensa a voce alta e permette quindi agli ascoltatori di prendere parte al corso delle sue ipotesi e delle sue ricerche. Egli interroga il malato, si accerta dell'esistenza di questo o di quel sintomo, e cosi giunge alla diagnosi del caso, che poi attraverso ulteriori ricerche circoscriverà o confermerà. Si osserva come egli abbia confrontato il caso che ha di fronte con tutta una serie di quadri clinici derivati dalla sua esperienza e impressi nella sua memoria, e come abbia identificato la manifestazione morbosa presente con uno dei quadri. Questo è poi il modo in cui anche noi formuliamo la diagnosi al capezzale del malato, anche se l'insegnamento clinico ufficiale talvolta fornisce agli studenti un'illustrazione differente. A questa prima formulazione si collegano in seguito osservazioni di diagnostica differenziale, e il docente cerca di chiarire i motivi che l'hanno condotto alla sua identificazione, motivi che, com'è noto, molti bravi diagnostici non sono in grado di fornire, anche se il loro giudizio ne è determinato. La discussione che segue riguarda la particolarità clinica del caso. Il quadro clinico, la entité morbide, rimane il fondamento di tutta la trattazione, ma il quadro clinico consiste in una serie di fenomeni, una serie che, talvolta, prende direzioni diverse. La valutazione clinica del caso consiste nell'attribuirgli il suo posto all'interno di questa serie. Nel mezzo della serie sta il type, cioè la forma estrema, consapevolmente e intenzionalmente schematizzata, del quadro clinico; oppure si possono stabilire diversi di questi tipi, collegati tra loro attraverso forme di transizioni. Certamente è anche possibile incontrare il type, cioè la presentazione completa e caratteristica del quadro clinico, ma i casi realmente osservati per lo più si discostano dal tipo, in quanto manca questo o quel tratto, oppure si ordinano in una o più serie che si discostano dal tipo e terminano alla fine in forme confuse e rudimentali (formes frustes), nelle quali solo l'esperto riesce ancora a riconoscere le forme derivate dal tipo. Mentre la nosografia ha per contenuto la descrizione dei quadri clinici, compito della medicina clinica è quello di rintracciare la configurazione individuale dei casi e la combinazione dei sintomi.

Ho voluto qui insistere sui concetti di entité morbide, di serie, di type e di formes frustes, perché il loro uso costituisce uno dei caratteri principali del metodo clinico francese. Il metodo tedesco è invece di fatto estraneo a questo modo di considerare le cose; il quadro clinico e il tipo qui non hanno particolare importanza, mentre acquista preminenza un altro tratto che si chiarisce attraverso l'evoluzione della clinica tedesca, cioè la tendenza alla spiegazione fisiologica della condizione clinica e dell'interconnessione dei sintomi. L'osservazione clinica, per i Francesi, guadagna indubbiamente in autonomia, in quanto relega i punti di vista fisiologici in secondo piano. Ma la loro mancanza può darci la spiegazione primaria dell'impressione di stranezza che fa al non iniziato la clinica francese. Non si tratta qui in realtà di trascuranza ma di un'esclusione intenzionale e ritenuta proficua. Ho sentito dire a Charcot: "Je fais la morphologie pathologique, je fais mème un peu l'anatomie pathologique; mais je ne fais pas la physiologie pathologique, j'attends que quelqu'un autre la fasse."

La presentazione e l'apprezzamento di queste lezioni sarebbero certo incompleti se ci si fermasse qui. L'interesse maggiore di una lezione spesso sorge proprio solo dopo che si è formulata la diagnosi e si è trattato il caso clinico secondo le sue peculiarità. Allora Charcot si prende la libertà, permessa da questo tipo di lezioni, di ricollegare a quanto si è visto osservazioni su casi simili che egli ricorda, e di fare importantissime considerazioni sui temi prettamente clinici dell'etiologia, dell'ereditarietà, della connessione con altre malattie. Allora, affascinati dall'abilità del parlatore non meno che dall'acutezza dell'osservatore, si ascoltano quelle brevi storie che dimostrano come da un'esperienza medica si sia sviluppata una nuova conoscenza; allora, assieme al docente, si passa dalla considerazione di un quadro clinico neuropatologico alla discussione di un problema fondamentale di patologia generale, e poi d'un tratto si vede il maestro e il medico retrocedere di fronte al sapiente, la cui mente aperta ha accolto in sé il grande quadro variopinto dell'operare del mondo e che ci lascia intuire come la malattia nervosa non sia un capriccio della patologia, ma vada considerata come una parte essenziale e necessaria di un tutto unico. Queste lezioni forniscono un quadro cosi preciso del modo di parlare e di pensare di Charcot, che fanno rivivere per chiunque sia stato una volta fra i suoi uditori il ricordo della voce e della mimica del Maestro, e le belle ore in cui il fascino di una grande personalità lo aveva inestricabilmente legato agli interessi e ai problemi della neuropatologia.

Voglio dire ancora alcune parole per giustificare quelle osservazioni, stampate in corpo minore, che interrompono in modo irregolare il flusso dell'esposizione di Charcot. Esse sono opera mia e contengono in parte chiarimenti sul testo e ulteriori riferimenti bibliografici, in parte però obiezioni critiche e osservazioni marginali, come potevano venire in mente all'ascoltatore. Spero che non si considereranno queste osservazioni come se io volessi in qualche modo sovrapporre i miei punti di vista a quelli del celebre Maestro, cui anch'io personalmente sono tanto obbligato come discepolo. Anzi, io mi considero autorizzato a quel diritto alla critica di cui gode, per esempio, ogni recensore in una rivista specializzata, indipendentemente dal suo valore. In neuropatologia vi sono ancora tanti punti non chiariti o oggetto di contestazione, che si possono venire a conoscere meglio solo attraverso la discussione, e io mi sono preso la libertà di aprire la discussione su alcuni di questi punti toccati nelle lezioni. Che io qui esponga le mie opinioni personali, in quanto si discostano dagli insegnamenti della Salpètrière, è naturale. Il lettore di Charcot non deve però dedicare alle mie osservazioni più attenzione di quanto esse meriterebbero se fossero presentate da sole.

Nella traduzione di queste lezioni mi sono sforzato non certo di riprodurre lo stile incomparabilmente chiaro e al tempo stesso tanto elevato di Charcot, cosa che comunque non mi sarebbe riuscita, ma di scostarmi il meno possibile dal loro carattere discorsivo.

Vienna, giugno 1892

DR. SIGM. FREUD

Estratti dalle note alla traduzione delle "Lezioni del martedì" di Charcot

Pagina 107 [Charcot fa una descrizione dell'attacco isterico.]

...Colgo l'occasione offerta nel testo per fornire al lettore una visione indipendente dell'attacco isterico. Il "tipo" di Charcot, con le sue modificazioni, la possibilità che ogni stadio divenga indipendente e rappresenti tutto l'attacco, e via dicendo, è indubbiamente abbastanza esteso da coprire tutte le forme di attacco osservate. Proprio per questo si contesterà forse da parte di alcuni che esso rappresenti una vera unità.

Io ho cercato di affrontare il problema dell'attacco isterico in modo non descrittivo, e attraverso l'esame di isterici in condizione ipnotica sono giunto a nuovi risultati, che voglio qui in parte comunicare: il nucleo dell'attacco isterico, in qualunque forma esso insorga, è un ricordo, il rivivere in modo allucinatorio una scena molto significativa per l'insorgere della malattia. Questo processo si manifesta in modo percepibile nella fase delle attitudes passionneiies, ma è presente anche quando l'attacco apparentemente comporta solo fenomeni motori. Contenuto del ricordo è, di solito, o il trauma psichico che, per la sua intensità, era atto a provocare l'insorgere dell'isteria nel malato, oppure l'evento che, per essere occorso in un determinato momento, si è trasformato in trauma.

Nei casi della cosiddetta isteria "traumatica", questo meccanismo è evidente anche all'osservazione più grossolana, ma è riconoscibile anche nell'isteria che non comporta un grosso trauma. In questo caso si riscontrano piccoli traumi ripetuti, oppure ricordi, in sé indifferenti, divenuti traumatici per eccesso del fattore della disposizione. Il trauma si dovrebbe definire come un incremento di eccitamento nel sistema nervoso, che questo non è iiuscito a liquidare a sufficienza mediante reazione motoria. L'attacco isterico si deve forse interpretare come un tentativo di compiere la reazione al trauma. Vorrei qui accennare a un lavoro su questo argomento da me iniziato assieme al dottor Josef Breuer.

Pagina 137 [Charcot descrive casi di ianciuiìi "di ottime maniere e di educazione assai raffinata", che soffrono di attacchi isterici con irruzione di linguaggio osceno.]

È forse casuale che gli attacchi dei giovani di cui Charcot decanta la buona educazione e le belle maniere consistessero in un accesso di furioso turpiloquio? Non è meno casuale, credo, del fatto che i deliri isterici delle monache abbondano di bestemmie e di immagini erotiche. Si può qui sospettare una connessione che permette di gettare una luce profonda sul meccanismo della condizione isterica. Nei deliri isterici affiora quel materiale di idee e di impulsi all'azione che la persona sana ha rifiutato e ha inibito, spesso, con grande sforzo psichico. Lo stesso vale per molti sogni, che sviluppano associazioni rifiutate o interrotte durante il giorno. Io ho quindi basato su questo fatto la teoria della "controvolontà isterica", che abbraccia un buon numero di sintomi isterici.

Pagina 142 [Charcot illustra un caso in cui apparivano tic e ossessioni.]

Qui voglio ricordare un caso interessante da me osservato di recente, e che mostra una nuova variante rispetto ai tic e alle ossessioni. Un giovane di 23 anni venne a consultarmi a causa di ossessioni tipiche. Dagli 8 ai 15 anni aveva sofferto di un tic molto pronunciato, in seguito scomparso. Le ossessioni sono comparse quando aveva 12 anni e si sono molto intensificate recentemente.

Pagina 210 [Freud in una lunga nota discute un'osservazione molto articolata di Charcot, secondo cui in determinati casi può manifestarsi un'emianestesia completa (a causa di un determinato tipo di lesione organica centrale) che è esattamente uguale all'emi-anestesia isterica. Charcot nega in particolare che in questi casi sia presente l'emianopsia.]

...Quando una volta mi presi la libertà di interpellarlo su questo punto e di contraddirlo sulla sua teoria della emianopsia, mi sentii rispondere con questa bella frase: "La théorie, c'est bon, mais ca n'empèche pas d'exister." ["La teoria, sta bene, ma ciò non impedisce l'esistenza."] Se solo si sapesse che cosa esiste!...

Pagina 224 [Chaicot affama che l'ereditarietà é la "vera causa" degli attacchi isterici, della vertigine e dell'agorafobia di un malato.]

Io qui mi permetto di contraddirlo. La causa più frequente dell'agorafobia e cosi pure della maggior parte delle altre fobie non risiede nell'ereditarietà, ma in anomalie della vita sessuale. Si può anche specificare il tipo di abuso della funzione sessuale di cui si tratta. Queste nevropatie possono in una qualsiasi misura essere acquisite, e naturalmente in chi vi è ereditariamente predisposto esse, a parità di etiologia, si manifestano in modo più intenso.

Pagina 237 [Charcot illustra un caso di morbo di Basedow.]

Molti lettori probabilmente si schiereranno con me contro la teoria etiologica di Charcot, che non distingue la disposizione alle nevrosi da quella alle malattie nervose organiche, non tiene presente la parte tutt'altro che trascurabile delle malattie nervose acquisite, e fa dell'artritismo dei congiunti una disposizione nevropatica ereditaria. La sopravvalutazione del fattore ereditario potrebbe anche spiegare il fatto che Charcot, a proposito del morbo di Basedow, non menziona quell'organo nella cui alterazione siamo spinti da indizi importanti a cercare la vera causa dell'affezione. Mi riferisco naturalmente alla tiroide, e, riguardo al fatto controverso che la disposizione ereditaria e i traumi psichici abbiano una grande parte nello sviluppo di questa malattia, mi richiamo all'eccellente saggio di Moebius sul morbo di Basedow, nella "Deutsche Zeitschrift fur Nervenheilkunde", vol. 1 (1891).

Pagina 268 [Charcot discute la differenza tra afasia organica e isterica.]

Quando nel 1886 lasciai la Salpètrière, Charcot mi affidò il compito di condurre uno studio comparato delle paralisi organiche e isteriche sulla base delle osservazioni compiute alla Salpètrière. Io ho svolto questo lavoro ma non l'ho pubblicato.1 Il suo risultato era stato un'ulteriore elaborazione del principio qui enunciato da Charchot: le paralisi isteriche si caratterizzano per due fattori e inoltre soprattutto per la concomitanza di essi. In primo luogo esse sono capaci della massima intensità; in secondo luogo, del più assoluto isolamento; e si distinguono dalle paralisi organiche soprattutto quando combinano intensità e isolamento. Una monoplegia del braccio per una causa organica può limitarsi esclusivamente al braccio, ma allora quasi mai si tratta di una monoplegia assoluta; appena la sua intensità aumenta, ne aumenta anche l'estensione, ed è regola che essa venga accompagnata anche da un accenno di paresi al volto e alla gamba. Se invece resta esclusivamente circoscritta al braccio e nello stesso tempo è assoluta, può essere solo una paralisi isterica.

Pagina 286 [Chaicot dà consigli tecnici sull'uso della suggestione e aggiunge:

"Presso gli Inglesi, che sono certamente persone pratiche, c'è il detto: 'Do not prophesy, unless you be sure' (non fare profezie se non sei ben sicuro). Vorrei ricollegarmi a questa base e raccomandare anche a voi di seguirla. In realtà, se in un caso indubbio di paralisi psichica dite con grande sicurezza al malato: 'Alzati e cammina' ed egli lo fa, potreste certo ascrivere il miracolo da voi operato a voi stessi e alla vostra diagnosi. Però vi consiglio di non spingervi tanto oltre e di pensare sin da principio come potreste assicurarvi una ritirata 'in buon ordine', nel caso possibile di un insuccesso."]

Con queste belle parole Charcot rivela uno dei più gravi abusi con cui deve fare i conti l'impiego pratico della suggestione nelle condizioni di veglia e di lieve ipnosi. Né il medico né il paziente sopportano alla lunga il contrasto tra la suggestione, che nega decisamente la malattia, e la necessità invece di riconoscerla al di fuori della suggestione.

Pagina 314 [Charcot descrive un caso d'isteria maschile, in cui apparentemente la malattia era il risultato di un'intossicazione da mercurio.]

Probabilmente i lettori di queste conferenze sanno che Pierre Janet, Breuer e io, e cosi pure altri autori, abbiamo cercato recentemente di abbozzare una teoria psicologica dei fenomeni isterici, basata sui lavori di Charcot (sulla spiegazione delle paralisi istero-traumatiche). Per quanto questa teoria ci appaia solida e promettente, è doveroso ammettere che finora non si è assolutamente riusciti a far un passo per far rientrare nell'idea base di quella concezione l'isteria da intossicazione, l'analogia tra emiplegia isterica e organica, 0 la genesi delle contratture isteriche. Spero che questo compito non si dimostrerà insolubile, 0 per lo meno che questi fatti non si dimostreranno inconciliabili con la teoria psicologica.

Pagina 368 [Charcot delinea la diagnosi differenziale tra monople-gia isterica e organica.]

In un breve lavoro (Quelques considérations pour une étude comparative des paralysies motrices organiques et hystériques, Archives de Neurologie, N. 77, 1893), ho cercato di estendere questa osservazione di Charcot e di illustrarne i rapporti con la teoria della nevrosi.

Pagina 371 [Charcot descrive accessi diversi di una ragazza isterica.]

Certamente non fraintendiamo Charcot traendo dalle sue considerazioni sulla hysteroepiJepsie à crises mixtes e quella à crises sepa-rées la conclusione che il termine "isteroepilessia" sia comunque da rifiutare e da mettere fuori uso. Alcuni dei malati cosi denominati soffrono semplicemente di isteria, altri di isteria e di epilessia, due affezioni che hanno pochi rapporti interni fra loro e che solo per caso si riscontrano insieme nella stessa persona. Forse non è superflua un'osservazione del genere, perché molti medici sembrano ritenere che 1'"isteroepilessia" sia un'intensificazione dell'isteria o un passaggio da questa all'epilessia. Certamente, nel coniare il termine isteroepilessia, era implicita l'intenzione di prendere una posizione del genere, ma Charcot già da molto tempo ha abbandonato questa concezione e noi non abbiamo alcun motivo di rimanere indietro, rispetto a lui, proprio su questo punto.

Pagina 399 [Charcot aveva espresso le sue opinioni sul problema dell'affaticamento mentale come causa della "nevrastenia cerebrale".]

Tutte queste considerazioni etiologiche a proposito della nevrastenia sono incomplete, se non si tiene conto della lesione sessuale che, secondo la mia esperienza, rappresenta il più importante e unico fattore etiologico imprescindibile.

Pagina 404 [A proposito di una considerazione suììe cause ereditarie delle nevrosi.]

...La teoria della famille névropathique ha urgente bisogno di essere riveduta.

Pagina 417 [A proposito di una considerazione simile.]

...La concezione della tamille névropathique che, del resto, comprende quasi tutto ciò che noi conosciamo come malattie nervose organiche e funzionali, sistematiche e accidentali, non potrebbe certo reggere a una critica seria.