Psicosomatica (ipocondria)

La medicina psicosomatica si occupa delle relazioni tra il funzionamento del soma e quello della psiche, con finalità terapeutiche. Il significato non univoco dei termini «psiche» e «soma» fa sì che la medicina psicosomatica, a differenza di altre discipline mediche, sia tuttora oggetto di dibattito circa la sua stessa legittimità scientifica, impegnandola a difendersi da critiche di astrattezza e non verificabilità. L'«ipocondria» è invece un sintomo psichiatrico caratterizzato dall'eccessiva preoccupazione che disturbi fisici minimi segnalino la presenza o l'evoluzione di malattie gravi. Il termine, introdotto nell'antichità da Galeno, costituiva una delle tre forme umorali di melanconia; con l'affermazione dell'anatomia patologica e la verifica dell'assenza di un fondamento anatomico della

teoria della bile nera, l'ipocondria divenne il prototipo della malattia psicosomatica, incentrata su disturbi digestivi, fino a quando fu sostituita dalla nevrastenia. Nel '900 si cominciò a guardare all'ipocondria come a una sindrome caratterizzata da un contemplo fobico (nosofobia), espressione di forme psicopatologiche diverse che si esprimono in svariati quadri sintomatologici, dalla preoccupazione ansiosa, al delirio, all'allucinazione, fino alla ruminazione ossessiva o depressiva. Dopo l'introduzione degli attuali sistemi di classificazione, rientra a pieno titolo nel capitolo dei disturbi di somatizzazione che raggruppano tutte le forme di psicopatologia a espressività corporea. Con il concetto di «somatizzazione» ci si riferisce, infatti, all'inclinazione a esperire e a comunicare le proprie condizioni di stress attraverso sintomi fisici, e a chiedere per questo aiuto medico.

Oggi i pazienti che si presentano al medico di famiglia con disturbi che non sono giustificati da una malattia riconoscibile costituiscono una rilevante percentuale: fino al 38%. Circa il 10% presenta veri e propri fenomeni di somatizzazione. Nella pratica medica l'interconnessione di disturbi cosiddetti organici con disturbi psicologici o psichiatrici rappresenta dunque un problema di grande rilievo, con conseguenze importanti sia per la salute della popolazione sia per i riflessi economici che comporta. Il concetto di medicina psicosomatica presenta in ogni caso una sostanziale ambiguità concettuale. Infatti con questo termine ci si riferisce a due discipline diverse. In primo luogo, designa una disciplina specialistica che si occupa dei disturbi a carico di vari apparati dell'organismo (soprattutto gastroenterico, respiratorio, genitale, cardiovascolare, dermatologico) che non si possono riferire a lesioni organiche note. Si tratta di sintomi cosiddetti «funzionali», su base emotiva, con una prognosi incerta e un trattamento variabile e ancora non perfettamente codificato. Da qui le oscillazioni tra modelli interpretativi antitetici, psicologici o biologici, fino al più recente allineamento, conjl disturbo di somatizzazione, a criteri di descrizione privi, per quanto possibile, di rimandi speculativi specifici e fondati su elementi di descrizione oggettivi. La somatizzazione rimane comunque un riferimento piuttosto complesso, tanto che si è cercato di distinguere una somatizzazione primaria, definita «in negativo» semplicemente come non spiegabile dalla conoscenza medica disponibile (functional somatization), da una somatizzazione di cui è plausibile una derivazione multifattoriale, secondaria allo stress psicologico (presenting somatization). In secondo luogo, indica una disciplina che nella cultura medica tende a valorizzare l'unitarietà di mente e corpo, enfatizzando la necessità di rafforzarne il collegamento con la sua dimensione più filosofica. La medicina psicosomatica infatti evoca intrinsecamente una dimensione etica, richiamandosi alla necessità di evitare distorsioni tecnicistiche nei trattamenti medici, sollecitando l'umanizzazione del rapporto medico/paziente e infine promuovendo l'emancipazione del paziente stesso, nell'educarlo a diventare soggetto essenziale della propria cura.

La grande diffusione di informazioni e nozioni mediche, resa possibile dai mezzi di comunicazione, ha fatto si che la medicina psicosomatica sia diventata un ambito nel quale si sono confrontate mode terapeutiche, medicine alternative, esoteriche o non convenzionali, giustificando, almeno in parte, una certa diffidenza nel rapporto tra medicina ufficiale e accademica e aspettative psicologiche e sociali dei malati e dei loro familiari.

Da almeno tre secoli - a partire dalla distinzione cartesiana della mente dal corpo come oggetto di studio scientifico - il rapporto dei medici con i loro pazienti è stato affidato unanimemente alla sensibilità soggettiva del singolo. Al consenso sull'importanza della psicologia e delle emozioni nell'evoluzione delle malattie, però, non ne è mai corrisposto uno altrettanto vasto sui modi in cui applicare al metodo clinico le conoscenze psicologiche disponibili, né sui metodi per aumentare queste stesse conoscenze. A usare per la prima volta il concetto di medicina psicosomatica è stato J. Heinroth nei primi anni dell'8oo. Fin dall'inizio esso indicava un doppio meccanismo patogenetico: da un lato faceva riferimento al ruolo (psico-somatico) che le passioni - ovvero le emozioni -, in particolare quelle sessuali, avevano sull'insorgenza e sull'andamento di malattie organiche, dall'altro indicava l'influenza che le malattie fisiche esercitavano sugli stati d'animo e sulla psiche (somato-psichico). In seguito alla scoperta dei collegamenti nervosi periferici e dei sistemi nervosi vegetativi, si affermarono i modelli congetturali eziopatogenetici delle patologie riflesse (risentimenti nervosi a distanza dati da alcuni organi - ancora soprattutto genitali - su altri organi dall'innervazione comune, spesso solo presunta) e dell'irritazione sublesionale del sistema nervoso centrale, lesioni evidenti sul piano sintomatologico, ma prive di riscontri soddisfacenti sul piano anatomopatologico. Il modello psicologico di spiegazione dei sintomi psicosomatici fu diffuso soprattutto dalla psicoanalisi, che si impose, più nella terminologia e nei concetti utilizzati che nell'effettiva diffusione del metodo psicoterapeutico, tra i medici internisti. Anche se il più convinto sostenitore della causalità psichica di tutti i disturbi organici è forse G. Groddeck (e in una versione diversa W. Reich), si riconosce a F. Alexander (1950) il ruolo di teorizzatore fondamentale della dottrina psicosomatica psicoanalitica. Egli introdusse la differenziazione tra «nevrosi isterica» e «nevrosi d'organo», con ciò distinguendo le patologie fisiche che esprimono il significato simbolico di un conflitto irrisolto, da quelle che sono espressione del gravare dello stress su organi predisposti e vulnerabili. Per qualche tempo la distinzione di Alexander ha avuto risonanza a livello clinico. Lo stesso disturbo di somatizzazione, definito da Stoeckel negli anni '60, rimanda ancora alla concettualizzazione psicoanalitica: si tratta di un insieme di disturbi fisici, in rapporto con nevrosi stabilizzate e distinto dal disturbo da conversione, caratterizzato da una evoluzione cronica con esordio prima dei trent'anni, che riguarda il funzionamento somatico generale ed è associato a di sagio psicologico e relazionale. In questi casi è pressoché sistematica la ricerca di aiuto medico. I sintomi caratteristici sono di tipo doloroso e interessano, insieme o in successione, vari distretti dell'organismo, come il capo, l'addome, i muscoli, spesso con disfunzioni a livello gastrointestinale con meteorismo, nausea, vomito o diarrea, varie intolleranze alimentari. Frequentemente sono lamentati sintomi sessuali, dal ridotto desiderio alle mestruazioni irregolari, alle difficoltà nell'erezione e nell'eiaculazione; possono essere presenti anche sintomi neurologici tipici dell'isteria da conversione, come paralisi o anestesie, gravi disturbi dell'equilibrio, disfonie ma anche convulsioni o amnesie. Spesso sono presenti sintomi psichiatrici di ansia e depressione. E. Shorter (1992) ha sostenuto che la popolarità delle teorie psicoanalitiche nella cura dei disturbi psicosomatici in campi del sapere come quello letterario sarebbe stata la ragione stessa della loro non piena e legittima penetrazione nella pratica medica. In effetti, una volta superata la fase di entusiasmo per la soluzione psicologica promessa dalla psicoanalisi ai malati nevrotici, grazie al senso specifico e soggettivo attribuito ai loro disturbi indeterminati, si sono diffusi, alla fine del '900, un progressivo scetticismo e una sostanziale sfiducia per un approccio psicogenetico che non ha retto la prova della verifica sperimentale e dell'osservazione sistematica. Così i malati psicosomatici sono tornati ad essere una popolazione particolare degli studi medici internistici. L'approccio psicoanalitico ai disturbi psicosomatici, a lungo il più popolare e diffuso, non è unico nel panorama dei modelli di tipo psicogenetico; la fenomenologia, in particolare, ha approfondito il significato del corpo come modalità dell'essere psichico nell'apertura e intenzionalità verso il mondo (il corpo vissuto è il luogo del rapporto con il mondo); il disturbo psicosomatico ha così cessato di essere un particolare caso di patogenesi ed è stato colto come una patologia della relazione globale con il mondo.

V. von Weizsäcker, padre fondatore della medicina psicosomatica tedesca, medico ma non psichiatra, ha tentato di ricondurre la medicina a un fondamento filosoficamente coerente, introducendo con il Gestalkreis non solo il concetto di unità inscindibile della sfera psicologica, fisica e relazionale, ma soprattutto della soggettività: questa costituisce la forma (Gestalt) che identifica, nel reiterato ritorno a sé (Kreis), il movimento caratteristico di ogni fenomeno vivente. Il contatto autentico con la dimensione intrinseca di ogni specifica espressione morbosa deve avvenire attraverso uno studio rigoroso dell'anamnesi e dei tre differenti linguaggi nei quali si esprimono le tre sfere di manifestazione umane. In un approccio molto più pragmatico ma con analoghe aspirazioni di sintesi tra psicologia e medicina, l'americano G. Engel ha introdotto, con maggiori successi rispetto al meno conosciuto Weizsäcker, il modello biopsicosociale, che ha contrapposto al modello biomedico e che ha influenzato numerose generazioni di medici americani. Questo modello, in realtà, appare più un richiamo etico alla complessità dell'essere umano che non uno strumento metodologicamente fondato di lettura della realtà clinica, e ha avuto comunque un certo successo da un punto di vista assistenziale (si pensi alla Carta di Ottawa, presentata nel 1986 dalla Prima Conferenza internazionale sulla promozione della salute), costituendo una sorta di manifesto per un approccio olistico ai problemi assistenziali.

Tra '800 e '900 le ricerche dei neurofisiologi I. Pavlov e W. Cannon sui riflessi condizionati, sulla funzione delle emozioni e sulle loro ripercussioni sui vari organi avevano dato un grande contributo allo sviluppo della psicosomatica. Ma un concetto fondamentale per lo sviluppo della medicina psicosomatica è stato quello di «stress» (Biondi e Pancheri, 1999), introdotto da H. Selye nella seconda metà del '900, in seguito a esperimenti effettuati su animali già negli anni '30. Le ricerche sullo stress si sono susseguite negli anni '60 e '70, ad esempio ad opera di W. Mason, che lavorando sui primati individuò l'importanza centrale del sistema limbico. Nello stesso tempo si sviluppò uno specifico interesse per gli aspetti psicologici dello stress, permettendo la messa a punto di scale di rilevazione, come la Schedule of recent experiences di R. Rahe e Th. Holmes. Sul versante neuropsicoendo-crinologico, attraverso lo studio dei rapporti fra stress, sistema nervoso e sistema endocrino, si è progressivamente affermata la vocazione della medicina psicosomatica a costituire una disciplina capace di mettere in comunicazione vari ambiti disciplinari, e diverse specialità come l'infettivologia, l'immunologia e l'oncologia con importanti sviluppi in corso.

Tale ruolo maieutico della medicina psicosomatica è esemplificato dalla neuroimmunologia, un settore nel quale sono state trovate importanti evidenze dell'esistenza di una base biologica per i rapporti tra mente e corpo. Questa disciplina nasce nel 1981, quando R. Ader pubblicò il suo libro intitolato appunto Psychoneuroimmunology. La neuropsicoimmunologia è fondata sulla scoperta che i processi di regolazione della funzionalità del sistema immunitario sono influenzati dal cervello e che, al contrario, funzioni nervose ed endocrine, così come lo stesso comportamento, sono influenzati dal sistema immunitario. La neuropsicoimmunologia è dunque la disciplina che studia le interazioni tra il comportamento, la funzione nervosa ed endocrina e il sistema immunitario.

Gli studi di Ader erano in realtà il punto di arrivo di un cammino di ricerche iniziate molti anni prima. Pionieri come il microbiologo A. Rasmussen avevano ipotizzato legami tra gli stati emotivi e le malattie infettive. Rasmussen, insieme allo psichiatra N. Brill, ha indagato negli anni '50 e '60 gli effetti di varie fonti di stress (stressors), come l'affollamento, gli shock elettrici e il contenimento fisico, su topi ai quali erano stati iniettati herpes virus e virus Coxackie B, o su scimmie alle quali era stato inoculato il virus della poliomielite. Proseguendo tali ricerche, G. Solomon studiò i tratti di carattere in relazione alle malattie autoimmuni. E’ noto che esistono almeno due vie attraverso le quali il cervello e il sistema immunitario comunicano: il sistema nervoso autonomo e l'attivita neuroendocrina dell'ipofisi. Entrambe queste vie generano segnali chimici che sono riconosciuti dai recettori sulla superficie dei linfociti e di altre cellule immunitarie, e l'attivazione o 1'interruzione di questi segnali influenza la reattività immunologica. Sappiamo inoltre che i linfociti attivati producono neuropeptidi e ormoni che vengono percepiti dai sistema nervoso, come e dimostrato dai fatto che possono provocare specifiche risposte da parte dell'ipotalamo e del sistema endocrino, e modifiche comportamentali. Anche se finora non sono state trovate conferme definitive a tale ipotesi, l'esistenza di questo sistema a due vie autorizza a credere che il sistema immunitario possa rappresentare un importante meccanismo attraverso il quale i fattori psicosociali influenzano lo stato di salute di un individuo. Oggi nel contesto clinico il concetto di me-dicina psicosomatica tende a essere sostituito da perifrasi meno compromettenti, come lo studio dei disturbi somatoformi o dei fattori psichici che influenzano condizioni mediche.

Il concetto di somatizzazione viene usato con una certa cautela e sempre con accurate precisazioni metodologiche, fondandosi oltre che sui riferimenti alle ormai accertate, anche se non compiutamente definite, relazioni neurofisioendocrinologiche, sul concetto di «vulnerabilità» a stress multipli, la cui sommatoria (attostatic load) nel tempo forzerebbe i vari meccanismi di adattamento dell'organismo determinando distorsioni fisiopatologiche in parte note, in gran parte ancora solo ipotizzate. Sono state infatti individuate numerose evidenze del possibile influenzamento da parte di alcune condizioni psicopatologiche (in prevalenza relative all'area dei disturbi d'ansia e dei disturbi dell'umore) sullo sviluppo di manifestazioni cliniche, sia funzionali che lesionali, in diversi organi e apparati. Inoltre si è dimostrato che tali condizioni psichiatriche possono anche esercitare impor-tanti influenze negative a carico del decorso di patologie organiche preesistenti (ad es. peggioramento del decorso della malattia nei pazienti oncologici o in soggetti infartuati o colpiti da ictus, nei casi in cui la depressione o l'ansia compaiano come complicazioni successive del disturbo organico). Tutto ciò ha recentemente delineato, per la psichiatria e la psicologia clinica, un ruolo via via più centrale nel rapporto con tutte le altre discipline mediche.

La riformulazione degli obiettivi della medicina psicosomatica nasce dall'esigenza di favorire la diffusione di questi concetti, attraverso iniziative rivolte non solo a un ambiente di psichiatri e psicologi, ma allargate a una cerchia di clinici più ampia (cardiologi, oncologi, dermatologi, medici di famiglia, ecc). In questo senso si è affermata la psichiatria di liaison, centrata sul ruolo dello psichiatra e dello psicologo non solo e soprattutto nella valutazione clinica del paziente con disturbi psicosomatici, quanto in una funzione di collegamento e di supporto nei confronti dei colleghi ospedalieri. Contemporaneamente, grazie agli studi epidemiologici di area inglese, si è riservata una maggiore attenzione al ruolo della medicina di comunità (primary care) nel primo approccio e nella gestione a medio-lungo termine dei pazienti con disturbi di somatizzazione.

Anche dai servizi psichiatrici, che dopo il periodo delle grandi riforme e della diffusione nei paesi occidentali di forme diverse di psichiatria di comunità, hanno prevalentemente concentrato 1'attenzione clinica e assistenziale sulle grandi patologie psichiatriche, e venuta una spinta alla medicina di base a occuparsi dei disturbi di somatizzazione e dei vari problemi ad essa legati, come già preconizzato da M. Balint, che fece della sensibilizzazione dei medici internisti ai temi della relazione terapeutica uno dei punti saldi della sua pratica clinica. Una qualche popolarità ha avuto anche l’interpretazione sociologica del comportamento ipocondriaco, dopo gli studi di J. Parsone e D. Mechanic e la considerazione attenta delle marcate influenze culturali sull'inclinazione a presentare i sintomi sotto forma di malattie fisiche; la modalità di comunicazione ipocondriaca e stata così messa in rapporto con il ruolo di malato che induce il paziente a tradurre nel linguaggio dei sintomi fisici il proprio disagio. Si è così enfatizzata la parte che le aspettative reciproche del medico e del paziente hanno nella forma che e data alla sofferenza individuale perche possa essere espressa, legittimata e definita.

L'approccio terapeutico, scaturito dalla convergenza di queste pressioni all'interdisciplinarietà, si compendia nel concetto di clinical management con cui si indica che il medico e sollecitato a prendere in carico in mode sistematico gli aspetti psicologici insieme a quelli somatici. Nello stesso tempo ci si riferisce a qualcosa di meno rispetto alle psicoterapie tradizionali, poiché l'obiettivo terapeutico non punta comunque alla radicale trasformazione psicologica del soggetto. L'atteggiamento, pragmatico ed eclettico, del clinical management si fonda sulla trasparenza razionale nel trattare i sintomi del paziente, sull’attenzione ad accogliere le necessità emotive collegate ai disturbi e alle sofferenze croniche da loro provocate, senza rafforzare le paure sottostanti con comportamenti stereotipi di affaccendamento diagnostico e terapeutico, più rivolti a rafforzare il ruolo del medico - che e fortemente messo in discussione dall'aleatorietà dei disturbi - che non veramente a rassicurare e a informare il paziente dei motivi che sono alla base dei suoi disturbi. I principi chiave del trattamento dei disturbi di somatizzazione, e dell'ipocondria in particolare, rimarcano 1'attenta valutazione della storia clinica del paziente per evitare di de-personalizzare il disturbo e svalorizzare i significati che sono stati costruiti dai paziente in anni di convivenza con i sintomi stessi; e poi considerata essenziale la trasmissione al paziente di un convincente modello esplicativo dei suoi sintomi anche dai punto di vista psicologico, in un approccio cognitivo-comportamentale che potrebbe essere definito anche educativo. La crescente centralità del paziente nelle strategie di cura dei disturbi somatoformi si manifesta infine nella notevole importanza che si tende oggi a dare all'approccio definito di «psicologia della salute», con cui ci si riferisce alla prospettiva di una popolazione che dovrebbe essere educata a un atteggiamento preventivo di sviluppo del benessere psicofisico piuttosto che di cura e intervento sul malessere e le sue cause (Fava e Freyberger, 1998): in questa direzione si stanno moltiplicando iniziative che, essendo finalizzate a promuovere stili di vita salubri e virtuosi, trovano forse una collocazione piu appropriata in un'analisi delle tendenze dei moderni consumi che non di quelle della psicosomatica.

GIOVANNI NERI