Dimenticare Darwin?


Al peggio non c'è mai fine. Dopo il convegno di Milano, che ha importato il creazionismo scientifico statunitense di matrice protestante, non poteva mancare una rivendicazione indigena, a riprova che la stupidità umana è globalizzata da sempre. L'Università di Roma ha organizzato, a tal fine, la presentazione di un libro pubblicato nel 1999 dal genetista Giuseppe Sermonti il cui titolo è, per l'appunto, Dimenticare Darwin. L'autore, impegnato dal 1971 a demolire il "mito dell'evoluzionismo", ha elencato con cura le sue critiche al darwinismo, espressione emblematica di una scienza che "ha perduto i suoi limiti, ha smantellato il suo scenario, facendo della ragione, nata ribelle, una dispotica divinità a causa del suo arrogante rifiuto del divino e del mitico". Le critiche non sono nuove: esse vertono sull'impossibilità (emotiva più che logica) di attribuire la complessificazione crescente delle forme viventi ad un processo evolutivo casuale, fondato sulle mutazioni genetiche, che, in virtù della selezione naturale, si sarebbe poi trasformato in un processo deterministico. Il Prof. Sermonti ritiene che lo sviluppo della vita, finalizzata alla creazione dell'uomo, implichi una teleologia riconducibile ad un progetto divino. Occorrerebbe, dunque, promuovere una nuova riflessione sull'evoluzione tale che "una religione elevata al piano metafisico e una scienza alla ricerca dello spirito del mondo possano identificarsi, ritornare ad essere un'unica cosa".

Occorre essere onesti: l'antidarwinismo cattolico del Prof. Sermonti è di sicuro meno rozzo di quello dei creazionisti scientifici statunitensi, che fanno appello tout-court alla lettera della Bibbia. Il genetista italiano non rifiuta l'evoluzione in sé e per sé, bensì l'attribuzione della stessa a "forze" naturali cieche e prive di direzione. In un certo qual modo, egli riecheggia il pensiero di Theilard de Chardin. Per quanto l'ammissione di un progetto divino sia meno comprovabile delle ipotesi darwiniane, è pur vero che anche in ambito laico alcuni pensatori e alcuni scienziati hanno avanzato, negli ultimi decenni l'idea di un misterioso principio antropico, secondo il quale l'evoluzione avrebbe riconosciuto come fine l'autocoscienza dell'universo attraverso l'uomo.

Di fatto, il "meccanicismo" darwiniano ha rappresentato sempre un anello debole della teoria evoluzionistica, una spiegazione razionalmente corretta che evoca però un certo sconcerto psicologico e appare per alcuni versi poco credibile. Ma questo potrebbe ricondursi alla difficoltà della mente umana di accettare il ruolo della casualità e di porsi in una prospettiva temporale di milioni di anni, che trasforma la casualità in causalità.

Se ci si chiede poi se quel meccanicismo debba essere definitivamente accettato, la risposta è dubitativa. Esclusa la possibilità di fare ricorso alla metafisica, rimane l'alternativa legata alla teoria dei sistemi complessi. Anche se è presto per trarre delle conclusioni definitive, tale teoria fornisce alcune prove a favore del fatto che la materia potrebbe riconoscere come sua qualità intrinseca la tendenza a forme di autorganizzazione sempre più complesse. Identificare in questa qualità, che è ancora tutta da approfondire, un progetto divino non è illecito. Ma intanto non è necessario, e, in secondo luogo, trattandosi di una qualità che si esprime ovunque si dà materia e non solo negli esseri viventi, l'ammettere che essa coincida con una misteriosa forma d'Intelligenza porterebbe al panteismo piuttosto che al creazionismo.

Maggio 2003