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Per Nietzsche non ci sono dubbi: sono le fatiche e gli stenti degli schiavi a rendere possibile la civiltà, consentendo ad una ristretta minoranza di uomini la libertà dal lavoro e dalle preoccupazioni materiali e dunque il godimento dell'otium e la promozione della cultura e dell'arte. Tale aristocrazia si impegna a custodire la sua "distinzione" rispetto non solo alle masse lavoratrici ma anche, come sappiamo, ai capitalisti dalle "mani grassocce". Questi ultimi tendono a condividere le idee e i gusti delle prime: gli uni e le altre si riconoscono in una "civilizzazione" all'insegna del comfort materiale e di un ideale filisteo di sicurezza, sono incapaci di comprendere da un lato i valori della cultura, della bellezza, dell'arte, dall'altro i valori del rischio, del coraggio, dell'avventura, della guerra. E' in questo quadro che bisogna collocare l'inno alla guerra in Nietzsche, che non si stanca di celebrare le figure dei grandi condottieri, quali Alessandro, Cesare, Napoleone, e che, in particolare, raccomanda il "militarismo" di Napoleone come "cura" necessaria contro l'odiata "civilizzazione".