E. DURKHEIM

La Sociologia e l'Educazione

Newton Compton, Roma 1973

Ai problemi teorici e pratici dell'educazione, Durkheim dedica, sia sotto il profilo dell'insegnamento universitario che della scrittura, una viva attenzione nel corso dei suoi ultimi anni. Dopo avere, infatti, definito un modello sociologico "integralista", che privilegia come sommo bene l'equilibrio del tutto - il sistema sociale - sulle parti - i singoli individui richiamati a cooperare per mantenerlo e perpetuarlo, accettando la divisione del lavoro e una diversa distribuzione del reddito - egli si rende conto dell'importanza della riproduzione sociale, vale a dire della trasmissione dei valori culturali atti ad assicurare quell'equilibrio da una generazione all'altra. Nell'affrontare il problema dell'educazione egli tiene fermi due principi: il primo verte sull'assoluto primato della società sull'individuo; il secondo fa capo ad un'ideologia pregiudiziale della natura umana che opporrebbe resistenza all'interiorizzazione dei valori sociali.

La lucidità con cui Durkheim analizza il peso della socialità e dell'interiorizzazione dei valori sociali nell'evoluzione della personalità, sfiorando e quasi catturando il mistero di una mente sociale presente nella soggettività individuale, viene ad essere inficiato da una teoria della natura umana che, se non è animata dalla distruttività come in Freud, è comunque tendenzialmente inerte e oppositiva rispetto ai doveri sociali.

Dato che non risulta in alcun modo che Durkheim abbia conosciuto Freud e le sue opere, c'è da pensare che si tratti di un isomorfismo ideologico. In pratica, entrambi, convinti di averli ricavati empiricamente, attingono quei principi alla mentalità del tempo e, per vie diverse, arrivano alla medesima conclusione secondo la quale la socializzazione della natura umana non può prescindere da un certo grado di repressione. La potenza delle ideologie anche sulle menti geniali è comprovata da questo singolare parallelismo. Singolare e paradossale.

Sia Freud che Durkheim allevano i figli nel culto dell'amore della patria. Quando uno di essi è chiamato alla guerra, entrambi sono orgogliosi. I figli muoiono nella carneficina. Freud accusa il colpo e imbocca la via che lo porterà alla teoria dell'istinto di morte. Durkheim è ancora più profondamente ferito. Muore per il dolore due anni dopo la perdita del figlio.

Le citazioni che seguono sintetizzano il pensiero pedagogico di Durkheim.

L'educazione come riproduzione sociale

"Ogni società, considerata ad un momento determinato del suo sviluppo, ha un sistema di educazione che si impone agli individui con una forza generalmente irresistibile."

"Vi è dunque, in ogni periodo, un modello normativo dell'educazione, dal quale non possiamo discostarci."

"Ora, i costumi e le idee che determinano questo modello non siamo stati noi, individualmente, a crearli. Sono il prodotto della vita in comune e ne esprimono le necessità; sono finanche, nella maggior parte, opera delle generazioni anteriori. Tutto il passato dell'umanità ha contribuito a creare questo insieme di massime che inquadrano l'educazione... In che maniera, allora, può l’individuo pretendere di ricostruire, col solo sforzo della sua cogitazione personale, quello che non è un'opera del pensiero individuale ?"

I fini dell'educazione

"Perché si abbia educazione occorre che esista la presenza di una generazione di adulti e di una generazione di giovani, nonché un'azione esercitata dai primi sui secondi."

"Non esiste, per così dire, società nella quale il sistema educativo non presenti un doppio aspetto: esso è contemporaneamente uno e multiplo. E' multiplo: infatti, in un certo senso, si può dire che esistono tante specie diverse di educazione quanti sono i differenti ambienti sociali in questa società... Ancora oggi, non vediamo noi variare l'educazione con la classe sociale od anche semplicemente con l'ambiente ?"

"Qualunque sia l'importanza (delle incidenze ambientali, affatto casuali, sulle educazioni}, queste non divergono le une dalle altre che a partire da un certo punto, al di qua del quale si confondono. Esse riposano tutte su una base comune. Non v'è popolo nel quale non esista un certo numero di idee, di sentimenti e di pratiche che l'educazione deve inculcare a tutti i fanciulli indistintamente, qualunque sia la categoria sociale alla quale appartengono."

"Risulta che ogni società si forma un certo ideale dell'uomo, di quello che deve essere tanto dal punto di vista intellettuale che fisico e morale; che questo ideale è, in una certa misura, lo stesso per tutti i cittadini; che a partire da un certo punto, si differenzia secondo gli ambienti particolari che comprende nel suo seno qualsiasi società. E' questo ideale, contemporaneamente uno e diverso, che costituisce il polo dell'educazione."

"L'educazione ha per fine di suscitare e sviluppare nel bambino un certo numero di stati fisici, intellettuali e morali, che reclamano da lui sia la società politica nel suo insieme, sia l'ambiente particolare al quale è destinato."

Socializzazione e natura umana

"L'educazione consiste in una socializzazione metodica della giovane generazione. In ognuno di noi, si può dire, esistono due esseri, i quali, pur vivendo inseparabili eccetto che per via di astrazione, non possono evitare tuttavia d'essere distinti. L'uno è fatto da tutti gli stati mentali che non si riferiscono che a noi stessi e agli avvenimenti della nostra vita personale: è quello che si potrebbe chiamare l’essere individuale. L'altro è un sistema di idee, di sentimenti e di abitudini, che esprimono in noi non la nostra personalità, ma il gruppo o i gruppi diversi di cui facciamo parte. Di questo genere sono le credenze religiose, le credenze e le pratiche morali, le tradizioni nazionali o professionali, le opinioni collettive di ogni genere. Il loro insieme forma l'essere sociale. Costituire questo essere in ciascuno di noi, tale è lo scopo finale dell'educazione."

"E' da questa d'altronde che viene meglio dimostrata l'importanza del suo ruolo e la fecondità della sua azione. Infatti, non soltanto questo essere sociale non è precostituito , già preparato, nella primitiva costituzione dell'uomo: ma non è neppure il risultato di uno sviluppo spontaneo. Spontaneamente l'uomo non sarebbe stato propenso a sottomettersi ad un'autorità politica, a rispettare una disciplina morale, ad aver dedizione e a sacrificarsi... E' la società stessa che, a misura che si è formata e consolidata, ha estratto dal suo seno queste grandi forze morali, davanti alle quali l'uomo ha sentito la propria inferiorità."

"Il fanciullo entrando nella vita non vi introduce che l'apporto della sua natura individuale... Occorre che, mediante gli accorgimenti più rapidi, all’essere egoista e asociale che viene al mondo ne venga sovrapposto un altro, capace di condurre una vita morale e sociale."

"(Se la società modella) secondo i propri bisogni gli individui, (può) sorgere il dubbio che questi (subiscano) per tal fatto un'intollerabile tirannia. Viceversa, in realtà, sono essi stessi interessati a questa sottomissione perché l’essere nuovo che l’azione collettiva, attraverso l’educazione, edifica in tal modo in ciascuno di noi, rappresenta quello che vi è di meglio in noi, quello che vi è in noi di propriamente umano. L'uomo, infatti, non è un uomo che perché vive in società... E' la società che ci fa uscire dal nostro egocentrismo, che ci obbliga a tener conto di altri interessi che non sono i nostri, che ci ha insegnato a dominare le nostre passioni, i nostri istinti, a dare loro una legge, ad aver soggezione, a privarci, a sacrificarci, a subordinare i nostri scopi personali a scopi più elevati."

"L'individuo, volendo la società, vuole se stesso. L'azione che questa esercita su di lui, soprattutto per la via dell'educazione, non ha affatto lo scopo di reprimerlo, di svilirlo, di snaturarlo; al contrario, vuole esaltarlo e farne un essere veramente umano."

 

Dell'educazione

"Per dare un'idea di quello che costituisce l'azione educativa e mostrarne la potenza, uno psicologo contemporaneo l'ha paragonata alla suggestione ipnotica... Questo paragone dimostra come l'educatore sia ben lontano dall'essere disarmato, dato che si conosce tutta la potenza della suggestione ipnotica. Se dunque l'azione educativa possiede, anche se ad un livello minore, un'analoga efficacia, possiamo aspettarci molto da essa, purché si sappia servirsene. Lungi dallo scoraggiarci per la nostra impotenza, noi dobbiamo piuttosto essere spaventati per l'estensione del nostro potere... Ciò che costituisce l'influenza dell'ipnotizzatore è l'autorità che egli possiede per le circostanze. Per analogia si può dire che l'educazione deve essere essenzialmente un'azione di autorità... L'educazione ha lo scopo di sovrapporre all'essere individualista e asociale che noi siamo alla nascita, un essere totalmente nuovo, deve portarci a superare la nostra natura originaria. E' a questa condizione che il fanciullo diventerà un uomo. Ora, noi possiamo elevarci al di sopra di noi stessi solo mediante uno sforzo più o meno penoso."

"Il senso del dovere é per il fanciullo e per lo stesso adulto lo stimolante dello sforzo per eccellenza... Ma il fanciullo non può conoscere il dovere che per il tramite dei suoi maestri o dei suoi genitori. Non può sapere quello che è se non attraverso la maniera nella quale glielo rivelano, mediante il loro linguaggio e la loro condotta. E' quindi necessario che essi siano per lui il dovere incarnato e personificato. (L'educatore) è il mandatario di una grande persona morale che lo trascende: la società."