La teoria delle emozioni di I. Matte Blanco


1.

La stesura in corso di un saggio sulle emozioni mi induce a riflettere sul pensiero di autori che hanno dedicato attenzione a questo problema. Tra questi, va annoverato di sicuro Matte Blanco, la cui opera maggiore (L’Inconscio come insiemi infiniti) ho già recensito nella sezione bibliografica.

Se riprendo qui il discorso sulla teoria matteblanchiana è perché, nell’opera citata, la sesta parte (da pag. 237 a pag. 342) è dedicata a La natura dell’emozione, e merita una particolare attenzione, anche tenendo conto del fatto che l’autore alcune tematiche le ha approfondite in un saggio ulteriore - Pensare, sentire, essere – tradotto in italiano nel 1995..

Nell’ambito della psicologia come ho scritto più volte, la teoria concernente le emozioni rappresenta un buco nero. Non si va, infatti, al di là dell’elenco (peraltro incerto) delle emozioni elementari o di base – 5 per alcuni. 7 per altri -, della descrizione delle loro diverse componenti (somatiche e psichiche) e del loro intreccio con l’attività cognitiva.

Dato il crescente rilievo che le emozioni stanno assumendo anche nell’ambito della neurobiologia (per esempio con l’opera di Le Doux), è chiaro che si tratta di una lacuna di grande portata.

A Matte Blanco va riconosciuto il merito di avere affrontato il problema con grande determinazione, partendo dal presupposto, peraltro ovvio, che l’attività inconscia è caratterizzata da un’assoluta prevalenza della componente emozionale rispetto a quella cognitiva.

In questo articolo, cercherò di restituire con la massima precisione possibile il pensiero di Matte Blanco, attingendo alle sue due opere principali, riservandomi poi un commento critico che spero sia sufficientemente chiaro.

L’esordio del primo capitolo de L’Inconscio come insiemi infiniti muove dallo stato dell’arte cui ho fatto cenno:

“Sebbene attraverso i secoli l'emozione sia stata studiata intensamente e da vari punti di vista, la sua natura, come fanno notare alcuni autori, resta ancora oscura. Sappiamo il ruolo fondamentale che essa ricopre nella vita umana, in gran parte determinata dalla sua attività. Ci troviamo costantemente di fronte alle sue più varie manifestazioni, eppure non possiamo dire ancora senza ambiguità che cosa sia esattamente l’emozione.” (p. 237)

“In realtà, c’è a riguardo una grande confusione che si ricava anche dal significato diverso che gli autori danno ai termini (emozione, «feeling», affetto e sentimento) inerenti i fenomeni che coinvolgono il sentire.

Nei manuali di psicologia si incontrano distinzioni concettuali tra queste diverse parole. Le sfumature di significato che si attribuiscono ad ognuna di esse variano probabilmente da un autore all'altro. Il termine «emozione», per esempio, è adoperato da alcuni per riferirsi o per sottolineare la natura psicofisica del fenomeno, mentre «feeling» designerebbe gli aspetti psicologici dell'emozione. Se si accettano questi significati, emozione si riferirebbe ad un argomento più generale, di cui «feeling» sarebbe solo una parte. «Sentimento» è una parola che è stata usata per riferirsi agli aspetti più «spirituali» delle manifestazioni emozionali mentre «affetto» designerebbe quelli più primitivi, più biologici.

Tutte queste distinzioni corrispondono, senza alcun dubbio, ad una realtà obiettiva. Bisogna, però, tener presenti due cose: la prima è che la letteratura è lungi dall'essere uniforme nell'attribuire sempre lo stesso significato alla stessa parola. Al contrario, vi sono frequenti diversità tra autori o almeno tra scuole di pensiero. Come accade generalmente in questi casi, è inutile cercare di arrivare ad un accordo per attribuire un significato stabile ad ogni termine. La seconda considerazione è più pertinente al nostro attuale interesse e si riferisce al fatto che, per quanto valide possano essere queste distinzioni, i vari fenomeni che descrivono hanno proprietà in comune e precisamente queste proprietà (generali) andremo a considerare.” (p. 239)

Per definire queste proprietà generali, Matte Blanco muove dall’analisi fenomenologica di emozioni sperimentate da soggetti adulti, e giunge alla conclusione che “le potenzialità delle emozioni primitive e profonde implicano tre cose: a) una generalizzazione che parte dalle caratteristiche concrete dell'oggetto che suscita l'emozione ed arriva ad un punto in cui quest'oggetto è visto come in possesso di tutte le caratteristiche o proprietà della qualità ad esso attribuita e che ogni oggetto investito di questa qualità potrebbe contenere od esprimere in un numero maggiore o minore; b) le caratteristiche attribuite all'oggetto sono supposte essere al loro massimo grado o grandezza; c) come conseguenza di a) e b) l'oggetto viene a rappresentare tutti gli oggetti simili.

In altre parole: generalizzazione delle caratteristiche o proprietà attribuite all'oggetto che fa si che tutte le proprietà di questo tipo arrivano ad essere in esso contenute; massimizzazione della grandezza di queste caratteristiche; e, come conseguenza di entrambe, irradiazione dall'oggetto concreto a tutti gli altri che, in questo modo, vengono ad essere da esso rappresentati.” (p. 269)

L’autore chiarisce ulteriormente questi aspetti:

“Quando proviamo un’emozione verso un dato oggetto (ad esempio una persona) attribuiamo a questo oggetto la totalità delle potenzialità contenute nella classe in cui abbiamo collocato (dal punto di vista dell’emozione sperimentata) l’oggetto. Una classe è la collezione di tutti gli oggetti che soddisfano una data funzione proposizionale o enunciato aperto. La classe delle persone buone è la collezione di tutte le persone che soddisfano la funzione proposizionale o enunciato aperto: «x è una persona buona». In questa classe includiamo, per definizione, quelle persone che in qualche modo si possono chiamare buone. L’attributo (essere buono) può esser posseduto da alcuni membri in un grado minore o maggiore, fino al massimo concepibile, come sarebbe il caso di Dio. È sufficiente che qualcuno possegga questo attributo di «bontà» per appartenere alla classe delle persone buone.” (ibidem)

“Quando e in quanto stiamo vedendo le cose in modo emozionale, identifichiamo l'individuo con la classe cui appartiene, e, perciò, gli attribuiamo tutte le potenzialità comprese nella funzione proposizionale o enunciato aperto che definisce la classe.

In altri termini: l'emozione, in quanto emozione, non conosce individui ma solo classi o funzioni proposizionali e perciò, confrontata con un individuo, tende ad identificarlo con la classe cui appartiene (o con la funzione proposizionale ad esso applicata).

Arrivati a questa semplice formulazione, i misteri dell'emozione cominciano a diventare comprensibili e si possono vedere in maniera chiara. Per partire da un problema molto generale, se l'attività proposizionale è un aspetto costitutivo dell'emozione allora ci siamo subito sbarazzati di quella tremenda confusione che pervade la letteratura psicologica, compresa quella psicoanalitica, circa la relazione esistente tra pensiero e emozione. Tutti sono d'accordo sull'enorme influenza che le emozioni hanno sul pensiero, ma nessuno, per quanto ne sappia, è riuscito a presentare una descrizione comprensibile di come si possa stabilire un legame tra i due, che sono stati considerati come totalmente differenti. Se, ora, un aspetto dell'emozione è una forma di pensiero è più facile capire come possa avere intime connessioni con altre forme di pensiero…

Quando consideriamo il pensiero emozionale come quel tipo di pensiero che identifica l'individuo con la classe ci rendiamo conto perché, dal punto di vista del pensiero adulto normale, cosiddetto logico, ogni emozione implichi una generalizzazione, implicitamente affermi una generalizzazione e sia, nei suoi aspetti di pensiero, una generalizzazione. Per chiarire ciò dobbiamo considerare il problema da due diversi punti di vista. Ogniqualvolta osserviamo un individuo dal punto di vista delle nostre emozioni, 1'«aspetto di pensiero» della nostra emozione non vede l’individuo ma una classe e ciò comporta tutte le potenzialità implicite nella corrispondente funzione proposizionale. Dal punto di vista del pensiero logico adulto, però, si vede solo un individuo, un membro di una classe che esprime la funzione proposizionale della classe ma non tutte le potenzialità di questa funzione proposizionale.” (p. 270)

Il carattere generalizzante dell’emozione, che comporta l’assunzione dell’individuo come membro di una classe, ha in Matte Blanco una conseguenza concettuale di grande importanza:

“Nel pensiero emozionale, come abbiamo visto, vi è una confusione tra l'individuo e la classe, cosicché ogni individuo o elemento appartenente ad una determinata classe contiene in sé tutti gli altri elementi che anche soddisfano la funzione proposizionale della classe e ciò si applica ad ogni grado o grandezza. Vi è un altro modo di esaminare questa peculiarità dal punto di vista logico, di descriverla, cioè, in termini logici. Questo modo illumina, forse, di più la natura del processo. Il fatto che l'individuo sta per la classe implica un'uguaglianza tra l'elemento o parte e il tutto. Ora, dal punto di vista logico ciò si può ottenere se, all'interno della classe, applichiamo il principio di simmetria. Secondo questo principio, se a è parte di B, B è parte di a, Cosi la parte diventa uguale al tutto e in questo modo ogni elemento o membro di una classe contiene tutte le altre potenzialità della classe, in quanto classe.” (p. 271)

“Partendo dal riconoscimento che l'attività proposizionale (stabilimento di relazioni) non è un aspetto concomitante dell'emozione ma parte integrante di essa abbiamo cominciato a vedere che molti problemi finora oscuri e di fatto insolubili potrebbero diventare oggetto di uno studio preciso. Non appena abbiamo iniziato questa linea di pensiero abbiamo capito che l'attività proposizionale implicita nell'emozione è molto diversa da quella che siamo abituati a vedere nel pensiero. Sebbene per un aspetto l'emozione sia una forma di pensiero, bisogna riconoscere che è una forma molto speciale di pensiero. L'analisi di vari casi di emozioni fondamentali ci ha portato a scoprire in esse tre importanti proprietà: generalizzazione, massimizzazione e irradiazione delle caratteristiche dell'oggetto. Un'analisi ulteriore ci ha fatto concludere che tutto ciò era l'espressione dell'identità stabilita tra l'individuo e la classe, che è un corollario del principio di simmetria. In breve, abbiamo scoperto che il tipo di pensiero osservato nell'emozione è proprio quello che chiamiamo pensiero simmetrico o logica anaclitica (unione di pensiero (= asimmetria) e delle applicazioni del principio di simmetria).” (p. 273)

Con quello di generalizzazione, il principio di simmetria rappresenta, secondo Matte Blanco, la logica propria delle emozioni e dell’attività mentale inconscia.

Il principio di generalizzazione implica che l’inconscio “tratta una cosa individuale (persona, oggetto, concetto) come se fosse un membro o un elemento di un insieme o classe che contiene altri membri; tratta questa classe come sottoclasse di una classe più generale e questa classe più generale come sottoclasse o sottoinsieme di una classe ancor più generale e così via” (p. 43)

Il principio di generalizzazione, però, per Matte Blanco, è null’altro che il predicato del principio di simmetria, che viene definito in questi termini:

“II. Il sistema inconscio tratta la relazione inversa di qualsiasi relazione come se fosse identica alla relazione. In altre parole, tratta le relazioni asimmetriche come fossero simmetriche…

Se Giovanni è padre di Pietro, la relazione inversa è: Pietro è figlio di Giovanni… Questo tipo di relazione, che è sempre diversa dalla relazione inversa, è detta asimmetrica. Il sensodo principio afferma che il sistema inconscio tende a trattare ogni relazione come se fosse simmetrica… Nella logica aristotelica questo è un assurdo; nella logica del sistema inconscio è la norma…

II1 Quando si applica il principio di simmetria non può esserci alcuna successione…

Una successione di momenti è di fatto un ordinamento seriale; se non sono disponibili relazioni asimmetriche, non possono aver luogo tali ordinamenti…

II2 Quando si applica il principio di simmetria la parte (propria) è necessariamente identica al tutto.” (p. 44-45)

E’ evidente che, mentre il principio di generalizzazione, che consente di categorizzare e classificare tutti gli oggetti, viene utilizzato sia a livello conscio che inconscio, il principio di simmetria è incompatibile con la logica bi-valente – il cui fondamento è il principio di non contraddizione per cui A è diverso da B – che consente alla coscienza di distinguere un oggetto dall’altro, e quindi di creare una visione del mondo ordinata sotto il profilo dello spazio, del tempo e dei valori assegnati agli oggetti (per cui se A è bianco non può essere nero, se x è buono non può essere cattivo, ecc.). Esso, però, a detta di Matte Blanco, caratterizza e specifica l’attività dell’inconscio secondo un gradiente che, nel suo aspetto più profondo, comporta l’indistinzione di tutte le cose.

Se la coscienza è caratterizzata dalla logica bi-valente (o asimmetrica), mentre l’inconscio dalla logica simmetrica, l’attività mentale umana nel suo complesso è bi-logica, vale a dire tributaria in misura varia di entrambe le logiche. Data la compresenza di queste logiche, riesce evidente che l’ordine della coscienza si fonda sulla capacità di attingere al principio di simmetria nella misura in cui esso permette di generalizzare, di categorizzare e di classificare, ma di stare al riparo da una simmetrizzazione che introdurrebbe nel suo orizzonte il disordine, il caos e la confusione.

Il rapporto reciproco e interattivo tra logica bivalente e logica simmetrica è ricostruito in questi termini:

“In un modo generale si può dire che il principio di simmetria accomuna e identifica cose che nella logica bivalente sono diverse e distinguibili. Visto dall’angolo di quest’ultima logica possiamo dire che all’interno dell’insieme, definito in termine di logica bivalente, il principio di simmetria esercita un’azione dissolvente, cancellante delle distinzioni. Ho proposto di chiamare con il nome di logica simmetrica il risultato di questa co-presenza di logica bivalente (nella definizione dell’insieme) e della dissoluzione risultante all’interno dell’insieme come conseguenza del principio di simmetria. Si tenga presente che ci accorgiamo dell’azione del principio di simmetria attraverso la constatazione delle alterazioni che questo produce nelle strutture logico-bivalenti in esame, trasformando incompatibilità in compatibilità e arrivando a volte a cancellare tutte le distinzioni e differenziazioni conosciute dal pensiero. Si tenga anche presente che senza avere a nostra disposizione gli strumenti logico-bivalenti del pensiero non saremmo in grado di capire niente: non saremmo in grado di pensare. Per questo possiamo dire che il principio di simmetria, espressione logica del modo indivisibile dell’essere, e, in conseguenza anche il modo stesso, appaiono al nostro pensiero come anaciclici poiché si appoggiano sul modo eterogenico. Se si adopera un’immagine plastica si potrebbe dire che quando il modo indivisibile appare come se si appoggiasse sul modo del pensiero, cioè sul modo eterogenico, distrugge quest’ultimo, poiché l’essenza del pensiero consiste nello scoprire le varietà di cose nel mondo e stabilire le relazioni tra di esse.

Se, invece, guardiamo le cose cercando di immergerci nel modo indivisibile pur senza rinunciare alla nostra capacità di pensare, possiamo dire che il modo indivisibile non dipende affatto dal modo eterogenico: è completamente alieno a esso, ieratico e distante. La sua anaciclicità è la nostra visione delle cose. Si può, invece, dire che il pensiero ha bisogno del modo indivisibile per sviluppare le sue attività di astrazione e generalizzazione, che sono le espressioni piú alte del pensare. Infatti, partendo dalla diversità, il pensiero tende a scoprire caratteristiche in comune tra le cose, cioè tende a unificarle, e cosí il modo indivisibile può essere considerato l’origine e il motore del pensiero: nel pensiero troviamo un caso di bi-modalità pura, cioè, non bi-logica. Si può quindi dire, [...] che anche il modo eterogenico si appoggia sul modo indivisibile, è anche anaciclico: la mutua anaciclicità dei due modi è quello che si rivela nella nostra esperienza. Viviamo nella bi-modalità, molte volte dissimulata, tuttavia chiaramente reperibile da un occhio sottile. L’indivisibile che, come tale, è impensabile, sembra essere la fons et origo del pensiero: quanto è difficile, non dico accettare quest’asserzione, ma anche solo capirla! Tuttavia, quando ci si familiarizza con queste due grandi manifestazioni dell’essere, il suo aspetto indivisibile e il suo aspetto dividente, ci si accorge, attraverso la psicanalisi, che l’indivisione è la madre della divisione.”

2.

In Pensare, Sentire, Essere, Matte Blanco approfondisce il discorso svolto nel libro precedente aggiungendo alcuni concetti importanti e portando alle estreme conseguenze le implicanze filosofiche della bi-logica. Il saggio esordisce così: “Il protagonista di questo libro è l’inconscio freudiano…

La nozione freudiana dell’inconscio comprende implicitamente due aspetti essenziali che, per quanto ne sappia, non sono stati esplicitamente menzionati prima: il concetto di struttura bi-logica e quello di antinomia fondamentale che ne è la più ovvia conseguenza.” (p. 50)

La struttura bi-logica pervade l’inconscio: “Tutti i processi di pensiero hanno una certa struttura, sono, cioè, insiemi dotati di varie relazioni tra i componenti. I processi del cosiddetto inconscio profondo sono strutture bi-logiche…

L’emozione, in quanto espressa nel pensiero-sentimento, è ugualmente un insieme di strutture bi-logiche.” (p. 53)

Si dà una grande varietà di strutture bi-logiche, che “differiscono per il modo in cui si intrecciano tra loro la logica classica e quella simmetrica” (p. 54), dalla distinzione estrema, laddove l’oggetto è solo generalizzato, ad un’indistinzione totale, laddove esiste solo un’unità indifferenziata dell’essere, che, in pratica, disorganizza e inibisce il pensiero logico.

Su questa base, Matte Blanco ritiene di aver scoperto l’essenza dell’apparato mentale umano, vale a dire l’antinomia fondamentale che la caratterizza:

“Per «antinomia» intendo il significato usuale del termine e cioè l'incompatibilità tra due asserzioni che possono vantare uguale diritto di essere vere.«Incompatibile» significa, secondo l'Oxford Dictionary: «reciprocamente intollerante;incapace di esistere insieme nello stesso soggetto». Ora abbiamo visto nel capitolo it che l'inconscio freudiano è un insieme di strutture bi-logiche. Ciò significa che un aspetto di tali strutture corrisponde al binario della logica classica mentre l'altro è l'espressione del principio di simmetria, che costituisce il secondo binario lungo il quale si sviluppa la psicoanalisi e descrive le violazioni di questa logica precisamente nello stesso aspetto dello stesso argomento in esame. Perciò si può affermare che esiste nell'intima struttura dell'essere umano un'antinomia fondamentale risultante dalla co-presenza di due modi di essere che sono tra loro incompatibili e, tuttavia, co-esistono e appaiono insieme nello stesso soggetto, senza mai fondersi in un concetto unitario più ampio che li comprenda entrambi. Intal senso sono come l'azoto e l'ossigeno nell'aria: insieme e, tuttavia, separati e mai combinati a formare biossido di azoto.” (p. 81)

“Ogni volta che ci troviamo di fronte ad una struttura bi-logica siamo di fronte al fatto che la stessa realtà viene trattata simultaneamente da un lato come se fosse divisibile o eterogenea, formata da parti, e dall'altro come se fosse una e indivisibile. Questa è probabilmente la più importante intuizione che scaturisce dalla scoperta che Freud ha fatto delle leggi che governano l'inconscio, specialmente del non rispetto del principio di non contraddizione.” (p. 83)

L’antinomia consente di definire in maniera precisa la distinzione tra pensiero e emozione:

“Il pensiero è l'espressione più pura del nodo eterogenico; il sentimento, invece, è altamente saturo del modo indivisibile: l'abisso dell'incompatibilità tra le modalità in cui i due modi vivono il mondo. Per quanto questa intuizione sia incomprensibile, piena di problemi ed espressa in maniera imperfetta, tuttavia punta verso qualcosa di molto reale della natura umana. E non possiamo scappare dall'evidenza che questi due modi di essere incompatibili coesistono negli esseri umani.

Il sentimento non è pensiero logico normale ma contiene o esprime anche un certo tipo di pensiero bi-logico. Quando Pascal affermava che il cuore ha le sue ragioni che la Ragione non comprende, mi sembra che, in aggiunta a quanto ho già notato nel capitolo II, paragrafo 7, egli, senza rendersene conto, si stava anche riferendo all'antinomia fondamentale dell'uomo e del mondo! “(p. 88)

Matte Blanco pone grande impegno nel differenziare i due modi di essere:

“Dev'essere chiaro fin dall'inizio che il principio di simmetria e la cosiddetta logica simmetrica non rivelano i tratti essenziali di una logica nello stesso modo in cui il principio di non contraddizione e le altre regole riferite nel precedente paragrafo ci rendono consapevoli della natura e delle frontiere del territorio della logica classica. Il principio di simmetria è, invece, un'enunciazione fatta in termini di logica classica, che ci permette di identificare in un modo semplice, attraverso i suoi corollari, tutte le distruzioni o cancellazioni della logica classica che scopriamo in quello che abbiamo chiamato modo simmetrico o indivisibile. In contrasto con ciò che si vede nella logica classica, il principio di simmetria non si riferisce a un dover essere ma a un come il modo indivisibile si rivela-a noi: precisamente dalle radicali violazioni della logica inferiamo l'esistenza di un modo diessere. (p .89)

“Tra le altre cose, il principio di simmetria, pura e radicale espressione del modo indivisibile, cancella tutte le possibilità di astrazione e generalizzazione, poiché, quando vige tale principio e due o più cose hanno una proprietà in comune, questo fatto è sufficiente per considerarle come identiche - cioè come se avessero in comune tutte le altre proprietà. Ciò significa includere proprio quelle proprietà che nel pensiero normale ci permettono in primo luogo di stabilire le varie differenze tra le cose; successivamente di scegliere e cioè di astrarre dall'insieme di tutte le proprietà precisamente quelle che esse hanno in comune; ed infine, partendo da pochi esempi, di definire una classe o insieme che contiene tutte le cose che hanno una o diverse proprietà in comune: un processo di generalizzazione.

Curiosamente invece, sappiamo da una parte che l'astrazione e la generalizzazione sono manifestazioni del modo eterogenico e dall'altra che esse costituiscono precisamente la presenza del modo indivisibile nella logica classica. Bisogna notare, inoltre, che esse sono l'espressione di una cooperazione tra i due modi, e ciò è possibile solo quando il principio di simmetria è assente: bi-modalità non bi-logica.

Se consideriamo più da vicino questa bi-modalità non bilogica ci rendiamo conto che nell'astrazione possiamo scoprire, da una parte, la presenza di qualche forma di identità e, quindi, di non-distinzione tra cose diverse: la presenza di indivisione. Questa identità è immediatamente circoscritta dalla consapevolezza che tali cose hanno un gran numero di proprietà che le distinguono l'una dall'altra: la presenza del modo eterogenico. In altri termini, prima che l'identità possa apparire come tale, diventa, per così dire, identità riguardo ad una o più proprietà.

La stessa cosa si può dire nel caso della generalizzazione. Possiamo, così, concludere che in entrambi i casi ciascun modo reclama i suoi diritti e non li cede. Ciò dà origine a una coesistenza di entrambi i modi che comporta una limitazione reciproca della loro natura invadente e, al tempo stesso, la loro espressione simultanea nello stesso pezzo di realtà. Possiamo chiamare tale co-presenza una struttura bimodale non bi-logica o, più semplicemente, una struttura bi-modale. Essa appare come una forma di cooperazione tra i due modi. Infatti ognuno di essi ignora, per così dire, l'altro e cerca solo di esprimersi. E’questo un esempio di quanto abbiamo discusso nel primo paragrafo di questo capitolo: ciascun modo è incompatibile con l'altro, lo ignora e resta solitario. Incompatibili, separati e solitamente neppure sempre insieme. Soltanto noi stessi, in quanto esseri assolutamente bimodali, siamo in grado di vedere il vantaggio di questa mutua organizzazione di barriere.” (p. 90)

“I modi sono mutuamente anaclitici: ciascuno di essi può svolgere la pienezza della sua natura solo se si appoggia sull'altro. Infatti, abbiamo appena visto che l'astrazione e la generalizzazione, che sono le più sottili e fondamentali espressioni del modo eterogenico, sono il risultato del suo «addomesticare» il modo indivisibile perché assolva le sue più alte funzioni inserendo nell'attività del modoeterogenico un granello di indivisione. D'altra parte, il modo indivisibile non potrebbe essere da noi conosciuto se non fossimo capaci di osservare le distruzioni che il principio di simmetria opera sul modo eterogenico. Più distruzione osserviamo più indivisibile troviamo. Se il mondo intero diventa uno e indivisibile, per il nostro intelletto limitato ciò equivale alla completa comparsa del modo eterogenico: come una bestia feroce, il modo simmetrico o indivisibile ha «divorato» tutto ciò che c'era da mangiare!” (p. 92)

"i due modi sono costantementepresenti nell'inconscio come componenti di strutture bi-logiche…

Il modo eterogenico è il regno del logico. Il modo simmetrico è il regno dell'illogico. L'inconscio freudiano è il regno delle strutture bi-logiche e, in quanto tale, è il regno delle antinomie." (p. 94)

 

3.

Un’analisi critica del pensiero di Matte Blanco è resa molto difficile da una struttura logica che configura un sistema totalizzante e chiuso. Occorre, dunque, partire da ciò che rimane al di fuori del sistema.

Matte Blanco affronta il tema delle emozioni prescindendo del tutto dalla filogenesi, vale a dire dalla loro comparsa nella storia evolutiva del vivente. Questa “rimozione”, che pesa come un macigno su tutta la teoria che egli elabora, non è però casuale: l’apparato mentale umano di cui parla Matte Blanco è del tutto astorico. Sembra un congegno complesso e, per alcuni aspetti, bizzarro (in riferimento al principio di simmetria) la cui analisi può prescindere del tutto da come si sia prodotto e a quale fine.

E’ noto che il cervello dei primi uomini appartenenti alla specie homo sapiens sapiens è uguale al nostro, e quindi non è andato incontro ad un’ulteriore evoluzione, dal punto di vista strutturale. Nel momento in cui, però, Matte Blanco prescinde dal fatto che il cervello umano è il frutto di un’evoluzione naturale, egli cade nella trappola dell’astrazione (idealistica).

Il prendere atto che il cervello umano ha un’origine evolutiva, infatti, non è certo insignificante in rapporto al tema delle emozioni. L’emozionalità non compare con l’uomo, che, per alcuni aspetti, la eredita dai suoi precursori. Il significato evoluzionistico dell’emozionalità è, dunque, di fondamentale importanza per capire i cambiamenti fondamentali cui essa è andata incontro con la comparsa dell’uomo.

A che servono, sotto un profilo evoluzionistico, le emozioni è un problema ancora oggi controverso. Assegnare ad esse, tout-court, un valore adattivo è un luogo comune. In realtà, gli animali non dotati di emozionalità sono perfettamente adattati all’ambiente in virtù del loro corredo istintivo. E’ evidente, dunque, che l’emozionalità aggiunge qualcosa alla finalità adattiva propria di ogni organismo vivente. Ma cosa?

Una risposta possibile a riguardo si può ricavare dai comportamenti. Per quanto si possa ammettere una componente di plasticità legata all’apprendimento, i comportamenti istintivi appaiono piuttosto rigidi ed automatici, tali che all’interno di una specie essi si ripetono in ogni individuo con le stesse modalità.

E’ questo il motivo che impedisce, per esempio, all’uomo di addomesticare gli animali non dotati di emozionalità, dato che la loro risposta alla presenza dell’uomo è univoca: in quanto “estraneo”, egli è sempre e solo una possibile minaccia. Ciò significa né più né meno che gli istinti, in quanto derivati filogenetici, categorizzano il mondo secondo modalità stereotipiche e generalizzate.

Con la comparsa delle emozioni la risposta agli stimoli ambientali si flessibilizza e si amplifica, poiché l’emozionalità comporta una valutazione della situazione diversa da individuo ad individuo, che dipende al tempo stesso dal suo corredo emozionale e dalla sua storia personale. In riferimento ad un insetto, non ha senso parlare di un individuo più o meno pauroso; in riferimento ad un cane o ad una scimmia, invece, ha senso, perché si danno differenze rilevanti tra i vari individui.

Con la comparsa delle emozioni l’ambiente viene qualificato “soggettivamente”: categorizzato, di sicuro, ma secondo modalità più varie rispetto alla categorizzazione legata all’istinto. Lo stesso stimolo, insomma, viene, in una certa misura, “interpretato” diversamente dai singoli individui. Ciò significa che l’emozionalità arricchisce il mondo di significati “soggettivi”.

Essa di sicuro ha un significato adattivo, ma questo non esaurisce certo le sue potenzialità, ciò che di nuovo comporta nel mondo vivente. Tre aspetti, a riguardo, vanno in particolare rilevati.

Gli animali dotati di emozioni si abbandonano al gioco. Se l’atteggiamento ludico dei cuccioli può essere interpretato come funzionale a migliorare le loro competenze motorie, è difficile sostenere la stessa cosa per gli adulti. Si tratta, dunque, di un comportamento almeno in parte fine a se stesso, deputato cioè a produrre un singolare piacere.

Il secondo aspetto fa capo al bisogno di esplorazione, vale a dire alla curiosità con cui gli animali dotati di emozioni si rapportano al mondo. Anche in questo bisogno si può identificare una componente adattiva. L’esposizione a stimoli nuovi indubbiamente migliora la capacità dell’individuo di maturare pattern percettivi e motori più flessibili. Ma il bisogno esplorativo si associa anche e promuove un’emozionalità che in qualche misura ha rapporto con il piacere.

Il terzo aspetto, in assoluto il più importante, riguarda l’affettività, vale a dire un’emozionalità del tutto nuova in rapporto all’istinto sociale che esiste e funziona potentemente anche in specie animali inferiori (per esempio nelle formiche). L’affettività implica lo stabilirsi di rapporti interpersonali la cui qualità oscilla tra l’attrazione e l’avversione.

All’interno di un gruppo di scimmie, al di là della gerarchia (laddove esiste) e del tenero rapporto che gli adulti intrattengono con i piccoli, è assolutamente evidente che tra alcuni individui si dà un feeling, che a livello umano equivarrebbe all’amicizia, e tra altri una più o meno spiccata antipatia.

E’ evidente, dunque, che l’emozionalità introduce nel mondo vivente una varietà di comportamenti in rapporto al mondo e tra gli individui che, nelle specie inferiori, non esiste. In una certa misura, insomma, essa apre la vita all’esplorazione di nuovi modi di essere possibili.

Fin dalla sua comparsa nella scala animale, dunque, l’emozionalità si pone come un’intelligenza del tutto particolare, dato che essa comporta una valutazione e un’interpretazione della situazione con l’individuo si rapporta. A questo livello, ovviamente, non ha alcunché a che vedere con il pensiero.

La teoria di Matte Blanco è riferita esclusivamente all’emozionalità umana. Anche con questa restrizione, però, è difficile convalidarla del tutto.

4.

L’emozionalità umana, infatti, s’intreccia indubbiamente con il pensiero, ma preesiste ad esso. L’attività intrinseca del cervello che può essere registrata nel feto a partire dal quarto mese è difficile da spiegare. E’ un fatto però che, non appena viene alla luce, l’infante ha una capacità quasi esclusivamente emozionale di decifrare gli stimoli ambientali e reagisce ad essi in maniera spesso massimale (un dolore modesto produce un pianto irrefrenabile, una situazione di quiete dà luogo ad una serenità quasi estatica).

La tendenza delle emozioni ad esprimersi su di una scala che raggiunge livelli massimali è dunque costitutiva della loro natura prima ancora che sopravvenga il pensiero. L’infinitizzazione delle emozioni, se così vogliamo chiamare questo aspetto, è un dato intrinseco dell’emozionalità umana allo stato nascente. E’ evidente che con lo sviluppo delle strutture cognitive subentra un certo grado di integrazione tra di esse e il mondo delle emozioni.

Anche i processi cognitivi non posso prescindere dalla categorizzazione per cui un oggetto è riconosciuto in quanto appartenente ad un insieme più vasto di oggetti simili o contigui. E’ vero però che, a livello cognitivo il rapporto tra la parte e il tutto è mantenuta: la parte è la figura di cui il tutto rappresenta la sfondo che ne consente il riconoscimento.

L’emozionalità categorizza ma secondo una modalità diversa per cui la parte rappresenta il tutto con cui si confonde. Per questo aspetto identificare nel modo di funzionare delle emozioni una logica fondata sul principio di generalizzazione è un’intuizione felice di Matte Blanco.

Perché le emozioni funzionino sulla base di questa logica si può spiegare tenendo conto della loro filogenesi. Esse servono a fornire una valutazione repentina di un oggetto o di una situazione, in breve a qualificarla dal punto di vista soggettivo. La valutazione qualitativa è, in un certo qual senso, più importante della cognizione perché predispone l’individuo ad interagire in rapporto alla sua soggettività e alle esperienze passate.

Tutte le percezioni – ormai è universalmente riconosciuto – prima di arrivare alla corteccia sensoriale e associativa sono filtrate dai centri emozionali. La valutazione che avviene a questo livello è a tal punto fulminea che le persone neppure se ne accorgono. Ma questa, a mio avviso, è la prova che la valutazione qualitativa è divenuta nell’uomo più importante di quella discriminativa che segue ad essa ed è ne è influenzata.

Il filtro in questione è del tutto inconscio e avviene senz’altro sulla base di una generalizzazione che tiene delle memorie dello stesso segno acquisite.

L’infinitizzazione delle emozioni e la generalizzazione che ne sottende il funzionamento sono dunque verità di fatto che Matte Blanco ha evidenziato.

Per quanto riguarda il principio di simmetria il discorso è diverso. La generalizzazione ha diversi gradi, ma ammettere che, ad un certo livello, essa comporti relazioni simmetriche tra oggetti e, al limite, un’indistinzione totale sembra una bizzarria. Il principio è incompatibile, infatti, con la logica binaria, fondata sulla distinzione degli opposti, che sembra governare l’organizzazione della vita a tutti i livelli, da quelli biologici a quelli cognitivi. Le emozioni stesse sembrano fare riferimento a tale logica nella misura in cui esse si organizzano su registri che comportano valori antitetici (quiete/allarme, piacere/dolore, paura/rabbia, ecc.). Matte Blanco sostiene di avere ricavato il principio di simmetria dall’esperienza clinica, ma neppure uno dei casi che egli porta è probante e sfugge ad interpretazioni alternative.

Uno dei casi più famosi, per esempio, è quello di un giovane psicotico che, morso da un cane, si reca dal dentista e si fa asportare un dente sano. L’analisi di Matte Blanco riconduce questo strano comportamento al principio di simmetria che induce il paziente a pensare, in termini simmetrici: il cane ha morso me, io ho morso il cane. Non è più ragionevole pensare che il giovane avesse il “dente avvelenato” dalla rabbia, che si sia identificato con il cane aggressivo e che si sia di conseguenza punito?

Matte Blanco sostiene anche che il principio di simmetria è implicito nelle caratteristiche che Freud, attraverso l’analisi dei sogni, attribuisce all’inconscio, in particolare per quanto riguarda l’assenza di spazio e di tempo. Temo però che egli abbia trascurato un elemento importante, riconducibile al fatto che il sogno, in quanto esperienza allucinatoria, traduce memorie, contenuti di pensiero, emozioni, in un film: trasforma, insomma, contenuti psichici in immagini. La traduzione può spiegare le caratteristiche del sogno senza fare ricorso al principio di simmetria.

La teoria di Matte Blanco va comunque tenuta in gran conto perché di fatto egli ha scoperto che l’emozionalità funziona secondo leggi diverse dalla cognizione: ma queste leggi, a mio avviso, non vanno al di là della generalizzazione.

L’infinitizzazione delle emozioni ha, peraltro, un significato specifico. E’ la conseguenza della dilatazione del mondo emozionale sopravvenuta nel passaggio dall’animale all’uomo. A che serve tale dilatazione? A promuovere l’intuizione dei mondi possibili, vale a dire dei mondi immaginari e simbolici. In questo senso, ammettere che l’intuizione emozionale dell’infinito sia stata e sia la matrice del pensiero è perfettamente legittimo. Pensare, viceversa, che quella intuizione sia riconducibile ad un modo di essere governato dal principio di simmetria è del tutto inutile.

Intanto perché le emozioni sono organizzate sulla base di registri che confortano uno spettro con due polarità opposte (per esempio amore/odio). L’infinitizzazione di una polarità comporta dunque la negazione dell’altra, che rimane però implicitamente presente.

I registri emozionali, insomma, sono organizzati sulla base di una distinzione tra opposti. Se è vero che le emozioni generalizzano, vale a dire che qualificano un evento sulla base della classe cui esso appartiene, non è vero che, ad un qualunque livello dell’esperienza emozionale, viene meno ogni distinzione. Non è vero perché non è comprovato da alcunché e non avrebbe senso, non già sul piano logico ma su quello filogenetico.

L’emozionalità, su quest’ultimo piano, si sovrappone agli istinti e precede l’avvento dei processi cognitivi umani. Essa generalizza meno dei primi e più degli ultimi, ai quali comunque offre un’interpretazione della realtà che già comporta distinzioni.

Il pensiero nasce nell’uomo sulla base delle emozioni, ma non ne rappresenta una caratteristica intrinseca, perché le emozioni funzionano anche negli animali ai quali non si possono attribuire processi cognitivi in senso proprio, fondati sull’uso di simboli.

5.

Matte Blanco insiste a più riprese sul fatto che il principio di simmetria è l’unico in grado di spiegare le singolari caratteristiche che Freud attribuisce all’inconscio, avendole scoperte attraverso l’analisi dei sogni.

Intanto c’è da dire che Matte Blanco parla dell’inconscio come se fosse una dimensione psichica dotata di soggettività. Egli scrive più volte, infatti, che l’inconscio tratta un evento ecc. ecc. Penso che attribuire una soggettività all’inconscio sia giusto. Nella cornice della mia teoria struttural-dialettica, gliene attribuisco addirittura tre (Super-Io, Io, Io antitetico). Ma, se questo è vero, il principio di simmetria è invalidato dal fatto che una soggettività (eccezion fatta per Dio o per lo Spirito) intanto si dà in quanto ha rapporto con un oggetto e si distingue da esso.

Al di là di questo, però, c’è un altro elemento ancora più importante. Nonostante nell’uomo le emozioni si intreccino con i pensieri, sembra poco dubitabile che, nella loro natura più profonda, esse siano vincolate al mondo delle immagini e dell’immaginario. Ora i sogni hanno una struttura filmica, rappresentano l’espressione di una potenzialità allucinatoria della mente che traduce contenuti psichici in immagini. L’importanza di questo si può capire se si tiene conto che la struttura delle immagini (come si può rilevare dalla storia dell’arte figurativa, dai collages e dai montaggi fotografici) comporta normalmente il superamento dei vincoli spazio-temporali da cui la coscienza non può prescindere se non al prezzo di cadere in confusione. Su di una tela il prima e il dopo, sia in senso spaziale che temporale, possono essere del tutto insignificanti.

Le caratteristiche dell’inconscio identificate da Freud sono, dunque, facilmente riconducibili alla qualità allucinatoria del sogno. Su questa, forse, anziché su di un presunto principio di simmetria, il discorso andrebbe approfondito.

Per questa via si giungerebbe a cogliere la matrice del pensiero in uno spazio immaginario definito dall’intuizione emozionale dell’infinito: dall’immaginario al simbolico, infatti, il passo è breve.