PSICOPATOLOGIA DELLA VITA QUOTIDIANA (1901)

Opere vol. 4 pp. 53-300

Con L'interpretazione dei sogni, la Psicopatologia della vita quotidiana è l'opera più famosa e più letta di Freud. Essa, che pone in luce la straordinaria capacità divulgativa dell'autore, rappresenta anche la prova più inconfutabile dell'esistenza dell'inconscio o, meglio, di un'attività mentale che, scorrendo in parallelo con quella cosciente, può interferire con essa, facendo affiorare i pensieri, i desideri e le fantasie rimosse dalla censura.

Diversamente da gran parte delle altre, nelle quali si dà di solito un'introduzione. l'opera, che consta di dodici capitoli, esordisce ex-abrupto analizzando la dimenticanza dei nomi propri e prosegue analizzando la dimenticanza di parole straniere, la dimenticanza di nomi e di sequenze di parole, i ricordi di copertura, i lapsus verbali, i lapsus di lettura e di scrittura, la dimenticanza di impressioni e di propositi, le sbadataggini, le azioni sintomatiche e casuali, gli errori, gli atti mancati combinati. Si tratta in breve di un'antologia straordinariamente ricca di "inciampi" della coscienza, tratti dalla esperienza personale, dalla pratica clinica, da episodi occasionali, dagli scritti di altri analisti che non si presta ad una recensione dettagliata. Per coglierne il significato, occorre ricondursi alle ultime pagine, laddove in una nota aggiunta nel 1924 Freud scrive: "Il presente scritto ha carattere divulgativo; intende soltanto spianare, mediante una raccolta di esempi, la via alla necessaria ammissione di processi psichici inconsci eppure reali ed evita tutte le considerazioni teoriche circa la natura di questo inconscio" (p. 291). Convinto che i sogni e i sintomi psiconevrotici rappresentino la via regia di accesso all'inconscio, Freud si rende conto che le interpretazioni degli uni e degli altri possono, se non essere confutate, ritenute scarsamente credibili. Egli dunque cerca un altro terreno dimostrativo, e scopre che gli atti mancati, in quanto coscienti e di comune esperienza, rappresentano un terreno singolarmente significativo. Nonostante l'intento divulgativo, la Psicopatologia della vita quotidiana ha un'indubbia portata teorica che Freud coglie: "il meccanismo degli atti mancati e casuali, quale lo abbiamo imparato a conoscere mediante l'applicazione dell'analisi, presenta nei punti essenziali una concordanza col meccanismo della formazione del sogno, che ho spiegato nel capitolo sul "lavoro onirico", del mio libro sull'Interpretazione dei sogni. Le condensazioni e formazioni di compromesso (contaminazioni9 si trovano qui come là; la situazione è la medesima, cioè pensieri incnsci giungono a espressione per vie insolite, attraverso associazioni esteriori, come modificazioni di altri pensieri. Le insulsaggini, le assurdità e gli errori del contenuto onirico, a cagione dei quali il sogno difficilmente viene riconosciuto come prodotto di una prestazione psichica, nascono (sebbene con una più libera utilizzazione dei mezzi disponibili) nella stessa maniera degli ordinari sbagli nella nostra vita quotidiana; qui come là ciò che appare come una funzione scorretta si risolve nella peculiare interferenza tra due o più prestazioni corrette.

Da questa coincidenza va tratta una conclusione importante: quel particolare modo di funzionare di cui riconosciamo il prodotto più cospicuo nel contenuto del sogno non deve essere ascritto allo stato di sonno della vita psichica, perché negli atti mancati possediamo abbondanti testimonianze della sua attività anche durante la veglia. La stessa connessione ci vieta anche di ritenere che questi processi psichici, per noi apparentemente strani e anormali, siano condizionati da una profonda disgregazione dell'attività mentale o da stati morbosi della funzione…

Equiparando (gli atti mancati) alle prestazioni delle psiconevrosi, ai sintomi nevrotici, diamo un senso e una base a due affermazioni che ricorrono di ferquente, cioè che non esiste un confine netto fra normalità e anormalità nervosa, e che siamo tutti un po' nervosi…

Il carattere comune sia ai casi più lievi sia a quelli più gravi, e di cui partecipano anche gli atti mancati e casuali, sta nella riconducibilità dei fenomenio ad un materiale psichico incompiutamente represso, il quale, respinto nella coscienza, tuttavia non è stato completamente derubato della capacità di esprimersi" (pp. 296-297).

Queste considerazioni teoriche sono estremamente interessanti. Esse attestano che Freud ha ormai preso atto che l'attività mentale cosciente e quella inconscia convivono e scorrono in parallelo. Ciò significa né più né meno che l'uomo vive la sua esperienza psicologica su due diversi registri, che hanno modalità loro proprie di percepire, di significare e di interpretare la realtà. La coscienza tende a vivere nell'oggettività della realtà esterna, su cui è affacciata, e agganciata al presente; l'inconscio vive alla luce delle memorie di cui è depositario. L'analisi degli atti mancati conferma questo, come pure che le logiche adottate dalla coscienza e dall'inconscio sono radicalmente diverse. Si tratta dunque di due mondi mentali che interagiscono tra di loro ma imbattendosi in difficoltà reciproche di comunicazione. La coscienza adotta, nei confronti dell'inconscio, una censura dovuta al fatto che essa non dispone di strumenti adeguati per interpretare il linguaggio cifrato che quello adotta. In quale misura questa difficoltà è legata ad un difetto cognitivo o, meglio, culturale, e in quale misura fa riferimento al carattere inquietante, perturbante e riprovevole dei contenuti repressi?

E' chiaro che, in conformità alla concezione che Freud ha della natura umana, egli propende per la seconda ipotesi: "Sentimenti e impulsi egoistici, gelosi, ostili, sui quali preme l'educazione morale, non di rado si valgono negli individui sani degli atti mancati per manifestare in qualche modo il loro potere, che è innegabilmente presente ma non riconosciuto dalle istanze psichiche superiori. L'acquiescenza a questi atti mancati e casuali corrisponde in buona parte a comoda tolleranza di ciò che è immorale. Fra questi moti repressi hanno parte non trascurabile quelli sessuali di varia natura. E' cosa puramente accidentale, che nei miei esempi questi impulsi sessuali compaiano di rado tra i pensieri rivelati dall'analisi" (pp. 294-295).

Qui come altrove l'ideologia prende il sopravvento sull'obbiettività scientifica. Freud è convinto che al fondo della natura umana ci sia del marcio, un Es pulsionale che ha un carattere animalesco e incivile. Questo presupposto, che non verrà mai meno, è tanto più stridente espresso a conclusione del la Psicopatologia della vita quotidiana quanto più il materiale in essa analizzato offre numerosi indizi che portano a pensare che le motivazioni attive a livello inconscio siano ben più complesse rispetto a quelle pulsionali.

Ci si può facilemnte convincere dello scarto tra l'ideologia freudiana e l'obbiettività scientifica facendo riferimento al primo atto mancato di ordine personale che Freud analizza e che, come il sogno di Irma nell'Interpretazione dei sogni, da il là all'opera.

Nel 1908, Freud è in viaggio verso l'Herzegovina con uno sconosciuto al quale, nella consueta conversazione disimpegnata da scompartimento ferroviario, domanda se sia mai stato a Orvieto a vedere i celebri affreschi di… Anziché il nome di Signorelli gli vengono in mente i nomi di altri pittori (Botticelli, Boltraffio) finché l'interlocutore non gli ricorda quello giusto. Cosa si cela dietro questo lapsus? Un dramma personale. Poche settimane prima, durante un soggiorno a Trafoi, Freud ha ricevuto la notizia che un suo paziente, per il quale si è prodigato, si è tolto la vita a causa di un inguaribile disturbo sessuale. Un fallimento terapeutico, dunque, riguardo al quale non ci è concesso sapere di più. Poco prima del lapsus, Freud sta parlando degli usi dei Turchi che vivono in Bosnia e in Herzegovina, e fa riferimento sia al fatalismo cou cui accolgono da un dottore (Herr) una diagnosi fatale, sia alla disperazione che manifestano in caso di disturbi sessuali, che, nella loro ottica culturale, tolgono ogni senso alla vita. A Freud riesce immediatamente evidente che il nome Signorelli fa riferimento, tramite la radice signor, al medico (Herr) che pronuncia la diagnosi fatale o definisce come irreversibile il disturbo sessuale, così come pure che Boltraffio richiama per un verso alla Bosnia e a Botticelli e per un altro a Trafoi. Il senso della dimenticanza è chiara. La mente di Freud è occupata dal pensiero del paziente suicidato. Parlando dei Turchi, egli tenta di distrarsi ma incappa nel tema dei disturbi della sessualità che possono ingenerare una grave depressione. Tenta nuovamente di distrarsi spostando la sua attenzione sull'Italia e pensando agli affreschi di Signorelli, che raffigurano la fine del mondo e la punizione dei dannati. Ma è proprio a questo punto che incappa nella trappola della dimenticanza. I nomi che gli vengono in mente lo riconducono infatti a Trafoi.

La lingua batte dove il dente duole. C'è un intimo nesso tra questo atto mancato e il sogno di Irma, che si riconducono entrambi ad un fallimento terapeutico. In entrambi i casi Freud è impegnato a difendersi dai sensi di colpa e dalla vergogna dell'insuccesso. Il desiderio appagato dall'atto mancato e dal sogno di Irma è di fatto una negazione della colpa e della responsabilità. Un desiderio senz'altro egoistico, giustificato peraltro dal fatto che in entrambi i casi Freud si è prodigato, facendo ciò che gli era possibile. Il senso di colpa però evidentemente persiste. E' un pensiero represso che attesta a livello inconscio un senso di responsabilità totale riferito al ruolo medico. L'inconscio di Freud è un rompiscatole, evidentemente, ma che sia animato da pulsioni cieche non appare affatto provato.

Che i contenuti repressi a livello inconscio appaiano spesso sotto una forma incivile, brutale, immorale è un dato di fatto. Molti atti mancati analizzati da Freud nel libro lo attestano. Ma Freud, come peraltro gli accadrà sempre, non si pone mai il problema se questa apparenza non celi, a sua volta, qualcosa di più profondo. Egli non arriva mai a concepire la legge che io ho definito di ridondanza secondo la quale un qualunque bisogno radicale frustrato tende, a livello inconscio, ad infinitizzarsi e ad imboccare la via espressiva psicofisiologicamente più elementare: la sessualità, l'aggressività.

Oltre a questa carenza c'è da considerare anche il fatto che Freud interpreta i materiali che si offrono alla sua osservazione con codici culturali distorti, che danno ad essi un significato molto distante dalla verità. Cito dal libro un esempio di questa distorsione interpretativa: "Quando persone di servizio infrangono oggetti fragili lasciandoli cadere, non si pensa certo in rpimo luogo a una spiegazione psicologica, ma non è inverosimile canche qui un contributo da parte di motivi oscuri. All'individuo non colto nulla è più estraneo dell'apprezzamento dell'arte e delle opere d'arte. Una sorda ostilità contro le creazioni artistiche domina la nostra servitù, specie quando gli oggetti di cui non comprendono il valore diventano per essi fonti di fatiche" (p. 206). Forse è vero che non ne comprendano il valore. Non è meno vero forse che, ieri come oggi, stentano a comprendere un mondo nel quale gli oggetti sono trattati con la cura che si deve alle persone mentre le persone vengono trattate come cose.

No, la psicoanalisi non è una scienza borghese. Freud, purtroppo, nonostante la sua profonda onestà intellettuale, era però borghese fino al midollo.