Introduzione alla lettura


Lo scenario è identico al precedente e le protagoniste sono (quasi) le stesse. Identico è anche il sottofondo di una cupa disperazione, che qua e là affiora con un chiaro riferimento all’avvicinarsi del Natale.

In qualunque contesto, il Natale richiama alla mente l’appartenenza ad un gruppo familiare, ad una rete di parentela, ad una trama di affetti. In manicomio questo richiamo risuona drammatico, perché sottolinea l’isolamento, l’esclusione, l’abbandono. Il gruppo risponde all’angoscia con il canto, un canto che evoca la figura di un amante immaginario, simbolo forse di tutti coloro che hanno tradito un bisogno di amore. Affiora infine la speranza riposta nel bambino che salverà l’umanità.

Da cosa se non dall’infinita crudeltà degli esseri umani?

 Solo chi ha lavorato in Manicomio può rendersi conto del carattere aberrante di un’Istituzione disumana fiorita e perdurata nel contesto di una civiltà “cristiana”.


UNA SEDUTA DI GRUPPO DI PSICOTICI CRONICI NELL’ISTITUZIONE

                                                                                                                                           

26/10/1976


(Confusione… Ognuno parla per conto suo… Chi in piedi, chi seduto).

R. – Io posso uscire quando voglio.. Sono andato al teatro a vedere la farsa…

N. – Com’era?

R. – Hanno messo tutte le gambe di fuori e dicevano : io ti amo, io ti amo. E poi si  mettevano sedute… Io mi siedo, sono stanca… (Ride)

N. – Doveva essere la “Calzolaia” di Garcia Lorca che al 90 hanno messo in scena ad Agosto. Io l’ho disertato, non l’ho fatto più, perché non avevano le parti nostre, dovevamo improvvisare, allora c’era chi diceva una cosa, chi ne diceva un’altra… Non coincideva col testo, allora ho preferito disertare, ho lasciato perdere…

R. – Come ti chiami te? (a uno dei terapisti)

D. – (a N.) Neppure ieri ci sei andata?

N. – No, perché c’era “La smania della villeggiatura”, capisci, era di Goldoni, ancora più difficile di Garcia Lorca; quando mai dei malati di mente riescono a fare degli autori così, con tanta disinvoltura?

D. – Tu canti una canzone improvvisata, se la sai cantare, vero? Ma la farsa di Goldoni è troppo difficile

N. – E’ troppo difficile da ricordare… E poi bisogna registrarla prima. Perché lì degli attori bravi leggono le parti mentre stanno a tavolino, così come noi, no? Leggono le loro parti e le registrano, poi quando sono in scena aprono la bocca e si muovono soltanto, ma mica parlano veramente…

D. – C’è il suggeritore che parla…

N. -  Adesso vi faccio sentire un pezzo della Calzolaia di Garcia Lorca… Volete sentirlo?

T1. – N. sta parlando del teatro, di Goldoni, di Garcia Lorca.. E’ come se noi stessi qui si stia cominciando una rappresentazione… R. chiede chi sono io… Ed è, mi sembra, come se ciascuno si chiedesse “chi sono io”, che parte prenderò in questa rappresentazione, che parte prenderanno gli altri.

N. – Si, è vero. In questo periodo uno si domanda se è se stesso, se non ha il corpo di un altro, se è sempre la stessa persona, perché tanto il tempo passa e noi siamo sempre nel ’76 e ci dimenticano: come mai il tempo passa e qui il tempo sembra non trascorrere mai? … Noi invecchiamo, io mi sento invecchiata, e poi alle volte più giovane, e allora uno si domanda: siamo noi stessi? Sempre gli stessi? Oppure ci sostituiscono per sentirci o per vedere, per rendere immortali le nostre anime? Perché in un manicomio si è vecchi…

R. – Per rendere immortale la nostra anima…

D. – Ogni sospiro è attimo… (a M.) rimetti su quel giaccone, su!

M. – Non serve a niente

D. – Non serve  a niente

N. – Adesso vi racconto la parte di G. Lorca, quella che ho imparato io. Va bene? Improvviso un po’ perché non ricordo le parole bene. M., vieni qui che facciamo Garcia Lorca (M. si avvicina). Allora guarda… si tratta di una calzolaia che è innamorata del marito, però è un po’ civetta e allora è sempre alla ricerca di emozioni, si trucca, si veste, si mette in finestra per farsi ammirare da questi ammiratori… che passano, l’ammirano, la guardano alla finestra e le dicono: oh calzolaia, come sei bella, e qui e là… Il marito è geloso, però è molto buono, ma ha una pecca: si fa pagare poco le scarpe che aggiusta. Poi arrivano le comari che parlano male della calzolaia, però ne hanno una fifa maledetta… La calzolaia entra sbattendo la porta : “Eh si, brutte comari invidiose, cattive che non siete altre, voi credete che io l’ho sposato perché era qualcuno, l’ho sposato perché  è un sant’uomo, meglio essere sposata con un vecchio (interrotta)… che con un uomo come ve lo siete sposato voi, ecc. ecc.”. E qui lei fa tutto un panegirico: meglio che mi fossi fatta monaca anziché sposarmi e trattare con maligne come queste che sparlano alle spalle. Allora entra il marito e fa: come al solito sei arrabbiata. Eh si - fa lei – perché tu non mi fai rispettare. Il marito: eh si, io devo avere sempre a che fare con una bisbetica, con una donna che non ci sa fare. Si mette ad aggiustare le scarpe e canticchiha. Allora lei lo prende in giro, poi gli si avvicina, gli da un bacetto e : tu sei sempre il solito, ti fai pagare poco le scarpe, e noi come facciamo a mantenerci? E lui: ma tu devi mantenerti tutti i belletti, tutti i trucchi! Insomma, in poche parole, lui la lascia e poi ritorna; quando ritorna lei ha messo su un’osteria e vende bibite, alcolici, ecc. Ha i soliti ammiratori che vanno lì sotto per vedere lei, ecc. ecc. ….

T2. – Cominciando questa rappresentazione, questa recita, mi sembra che ciascuno tenta di assumere un certo ruolo. N. si alza in piedi e immediatamente si mette nel ruolo dell’attrice, di colei che recita, quindi che non parla di sé, recita… M. ha bisogno di truccarsi, come se dicesse: beh! Facciamoci veder truccati, mettiamoci una maschera, non facciamo vedere veramente quello che siamo… M. addirittura esce dalla scena, ha paura di stare qui… Cancella il suo nome dalla lista degli attori ed esce dalla scena. Probabilmente le tendenze a recitare, a fingere, a mascherarsi o a scomparire dalla scena esprimono la paura comune di stare insieme, di dover dire qualcosa su di sé, qualcosa di vero, e di doversi scoprire…

R. – (Ride prolungatamente)

(Confusione)

N. – Io ho sentito parlare di gente che muore, di gente che diventa di gommapiuma in manicomio. Ho sentito che in America sono tutti robot, che hanno abolito i manicomi, perché vanno lì, mettono della gente per fare dei robot, poi li sostituiscono temporaneamente con delle gommapiuma cosicchè non hanno del materiale umano da mettere lì dentro per poi rifarli di gommapiuma… Insomma si servono dei miei figli come degli strumenti per loro… E io credo che sia tu (rivolto a T2) a farlo questo. Ecco: questo è da abnormi! D., per esempio, l’altro ieri  portava una benda ad un occhio e diceva: “T2 mi ha tolto un occhio e perché mi ha tolto un occhio, adesso lo rivoglio”. Allora io facevo il dritto: dicevo che l’occhio lo ritrovava… Poi stanotte bombardavano Roma, ho sentito bombardare Roma dagli americani. Che c’è la guerra?

D. – Stanotte è passato l’aereo fischiando… Uuuuuummmmmmhh!! …

N. – Numerosi apparecchi ho sentito…

T1 – Mi sembra che ci siano due tendenze qui … (interrotto)

D. – Per noi ci vorrebbe recitare una parte, una parte in commedia e che ognuno dicesse la sua… Così, da ciambellano… Ecco, tu entri e a me: oh cara, hai visto, come stai? Si, sto bene, grazie, ciao, arrivederci. Dove vai? E che t’importa… e quello a quell’altro: dammi un litro, va’!

N. – Io vorrei cantare. Posso cantare, eh!? Poi risentiamo la registrazione, eh? Mi fai risentire com’è?

D. – (Canta un canto spagnolo)

N. – Sentite: sta per venire Natale, vogliamo cantare tutti quanti “Tu scendi dalle stelle”, eh? Te la senti M. ?

(Tutti cantano) – Tu scendi dalle stelle, o re del cielo e vieni in una grotta al freddo e al gelo… (Cantano l’intera canzone con trasporto. Alla fine ridono…)

T2 – Mi sembra che il gruppo, prima un po’ frammentato, si è unito quasi tutto nel cantare questo canto che esprime la speranza di tutti in un salvatore, in qualcuno che venga e cambi radicalmente la vita. Questo è forse il bisogno più profondo di tutte le persone del gruppo: cambiare vita ad opera di qualcuno che sia onnipotente, di un dio… addirittura… Nel gruppo però c’è anche A. che non è riuscita a cantare con le altre, come se esprimesse una disapprovazione profonda, quasi il non credere più che ci possa essere una salvezza…

D. – Io mi metto a letto col pensiero profondo di… di voler partorire, di voler mettere alla luce un figlio… Mi sento proprio i sintomi… E sempre la confusione, la confusione, non posso arrivare a…

N. – Posso dire una poesia? (Comincia subito a recitare. Mentre recita, contemporaneamente A. parla)

A. – Io so’ tutta matta e sapendo che so’ matta m’hanno portata qui… Però adesso sono guarita. E lo dico sempre a mamma: portami a casa. E lei: quadno rivengo, quando rivengo, quando rivengo… E intanto sto qui… Portami a casa… So’ guarita, no? Portami a casa!

D. – La pazzia è quando uno non sa quello che fa… Così la intendo io…

A – Io vado a casa, mi metto a fa’ la sarta, lavoro, la pensione la piglio, mi metto da parte qualche soldo…

N. - Ma tu prima hai detto: sono matta!

A – Ero matta, adesso so’ guarita, portami a casa… Adesso so’ guarita portami a casa… Lei mi vo’ tenere sempre vicina, sempre vicina e invece sto qua. Quando viene glielo dico ; io so’ guarita, vengo a casa, faccio la buona, la brava.. E se no la pensione non me la danno più… Almeno mi danno la pensione, tengo i fratelli, le sorelle, tutti i parenti, loro hanno possibilità, lavorano, io ho la pensione…

D. – Che pensione hai?

A – Ho la pensione che so’ malata, che so’ malata di nervi sul fatto del lavoro. Però faccio altri lavori: la casa, i vestiti…

N. – Perché non fai qui qualcosa?

(Qualcuno canta per conto suo: E se domani… C’è confusione…)

T1 – Prima avete cantato la canzone di Natale, ch’esprimeva speranza. Poi A. ci ha parlato della sua realtà, che è molto dolorosa. A questo punto c’è il desiderio di cantare un’altra volta. E’ come se ognuno avesse difficoltà ad affrontare la realtà, il dolore proprio e degli altri.

R. – (Canta) Voglio morire non voglio la morte… Voglio vedere come si muore…

N. - (Canta) E se domani… Com’è? M. dai, com’è “E se domani”?

(N. e M: cantano: E se domani … all’improvviso perdessi te, avrei perduto il mondo intero…)

A – Cantiamo: Andiamo a mietere il grano il grano il grano… Raccoglieremo l’amore l’amore l’amore…

(Cantano in parecchi)

(A e N. cantano)

Bella questa: andiamo a mietere il grano il grano, la la la

(Si parla e si canta…)

M. – (Canta) Non dimenticar che t’ho voluto bene… Pur di questo amor il ricordo ti appartiene. Non gettarlo ancor fuori del tuo cuor (cantano in 2-3) se ci separò, se ci allontanò l’ala del destino, non ne ho colpa no e ti sentirò sempre a te vicino.. Non dimenticar

(N. comincia a cantare in inglese, D. le fa il verso in dialetto incomprensibile. Ridono…)

N. – Only you, you are my destiny

(Tutti cantano per conto proprio qualcosa…)

T2 – E’ come se il gruppo esprimesse due cose: il desiderio di stare insieme, di cantare insieme, d’altra parte la tendenza di ciascuno a isolarsi, a parlare la propria lingua: N: parla in inglese, D. in una lingua strana. C’è quindi il desiderio di stare insieme e poi nello stesso tempo ciascuno preferisce parlare la propria lingua per la difficoltà profonda di stare insieme…

M. – L’italiano adesso è una lingua mondiale, la capiscono tutti quanti…

D. – (cantando) Voglio morir e non voglio la morte, voglio veder…

A – T2 mi vuoi sposare? Eh? T2, ce volemo sposa’? T2 ti voglio sposa’ !

M.  – (Canta) Voglio amarti così eternamente… con tutto il cuor…

A – Eh! Mi vuoi sposare? … Non mi risponde…

N. – La sai “Tristezza” di Chopin?

(Cantano in 3-4):

E’ triste il mio cuor senza di te

Che sei lontano e non pensi a me

Dimmi perché fai soffrite quest’anima che t’ama

E ti vuole vicino

Sei tu la visione che ogni sera

sognar fa il cuore

che nell’amore spera

E’ un’illusione

più da me non tornerai

forse un’altra bacerai

mentre triste…

…dolci sogni d’or

questo cuore fa,

triste e senza amor…

A – Mo’ canto questa, aspetta:

(Canta) Io ho dentro me il sangue della mia ferita (altre 2-3)

e ancor di più è amaro il bacio

che sulla bocca mia ti ferisce ancor

Lunga è la spiaggia e lungo il mar

La notte è lunga non passa mai

Un fiume amaro dentro me

Il sangue della mia ferita

E ancor di più è amaro il bacio

Che sulla bocca mia

Mi ferisce ancor

M. – Perché non mettiamo il giradischi?

D. – Mi sembra che siamo rimaste ad un punto fermo, che non procediamo più nel cammino…

T1 – Io ho l’impressione che tutte queste canzoni…è un modo di stare insieme, ma è anche una risposta a noi che portiamo il registratore, è come se voi cantaste per darci qualcosa; mi sembra però che D. chiede come si può andare avanti, oltre questo.

M. – (canta) Il primo pensiero d’amore…

(cantano in 2-3; M. apre l’armadio e fa partire il giradischi. C’è molta confusione.)

T2 – A me sembra che nel gruppo ci sono due comportamenti che esprimono la difficoltà di comunicare e parlare di sé. E sono : il comportamento di M. che o se ne va o chiede di essere cancellata, mette su il giradischi, come se volesse impedire la comunicazione; e dall’altra parte c’è chi tace, chi non riesce a parlare, chi non crede nell’utilità di comunicare, di parlare con gli altri.

A – T2, mi voglio sposare, eh! Mi vuoi sposare? Andremo d’accordo… Pietro è un delinquente, è matto Pietro…

M. – Si può andare in un altro padiglione oggi? Lo danno il trasferimento? Eh, dottore? (canta) Potrò morir, non soffrirò mai più…

D. – Perché vorresti morire, M.?

N. – (si avvicina alla porta) Fatemi uscire… Abbiamo finito, no? Sono tre giorni che non esco, fatemi uscire!

T1 – Un’altra volta viene fuori questa tendenza ad uscire dal gruppo: N. va alla porta, M. gira senza fermarsi, B. dice a mezza voce: basta! Come se non tollerasse questa confusione.

N. – Posso far comprare le sigarette? MI fai uscire, mi fai uscire, eh?

M. – Funziona la macchine del caffè M.?

M1 – Non lo so.

T1 – E’ come se A. facesse da portavoce al gruppo chiedendo al dottore di sposarla, di baciarla… è come se volesse chiedere che cosa è permesso qui, che cosa ciascuno può manifestare di sé in questa situazione…

M. – Voglio morire, voglio morire…

R. – (canta) L’ora è fuggita… io muoio disperata… ti voglio tanto bene… (cantano tutti insieme)

B. – T2, ma come faccio? Io rido sempre!... Voglio guarire e andare a fare l’attrice

D. – Brutto zozzo vecchio porco! Non posso dire altro di più

(cantano 2-3 insieme, c’è grande confusione)

M. (A B.) Come fai a fare l’attrice? Bisogna essere belle e poi fare tutta la carriera!

B. – In collegio recitavo sempre. Ero brava. E poi sono molto istruita… Ero una ragazza intelligente… Lo posso fare benissimo

M. – Non lo metto in dubbio…

D. – (canta) Ridi, pagliaccio, …

R. – Se non si spiccia a fare le faccende, a guardare i figli, gli faccio vedere io, gli faccio vedere…

N. – (canta) Signore ascolta! Deh! Signore ascolta! Più non regge, più mi si spezza il cor… quanto cammino… torna il nome tuo sulle labbra.. io l’ombra tua…

B. -  Io voglio uscire di qui, voglio uscire, altrimenti sfascio tutti i vetri!

Rom.i – Io sono guarita, sono venuta guarita, perché non mi devono fare uscire?

(in 2-3 intonano un canto religioso sommesso alla Madonna)

A – Oh! Dio mamma, voglio uscire! Che stiamo a fare qui! Oh, dio mamma (comincia a piangere intensamente, piangerà fino alla fine…)

B. – (rivolta a T2) Lei aveva detto che potevo uscire tra 3-4 mesi e poi non mi ha detto più niente e son rimasta qui…

A – Dott.A.! Dott. A.! …(a se stessa) Non mi dà retta il Dott. A. (a N.) Diglielo tu, diglielo tu che aspetto un bambino…

(alcune cantano: santa Maria…)

A – (piange e si lamenta con dolore intenso)

T2 – C’è nel gruppo, da una parte, questo rifugiarsi nella preghiera, nei canti religiosi, nel pianto, il desiderio di comunicare con un altro mondo. E questo rifiuto è motivato dalla rabbia, per es. di B., che alcune promesse non sono state mantenute, alcuni desideri non sono stati soddisfatti. E c’è il desiderio di A. di aggrapparsi a qualcuno e di essere salvata…

M. – (canta) T’ho vista piangere… m’hai fatto tanto male… Amore vuol dire gelosia…

D. – M., M. ti sei ammazzata? Le sorelle carnali t’hanno rovinata…

(rivolta a A.) Tu sei gelosa, ti devi rassegnare

T2 - Sembra che il gruppo voglia esprimere che in questa situazione ci sono due possibilità: una è la canzonetta, la fuga nella fantasia, l’altra è la rassegnazione. E queste due possibilità le esprime A. che prima cantava e ora piange, singhiozza e si dispera. Come se ci fossero solo due possibilità: o fuggire nella canzonetta, nel sorriso, nel non riconoscere questa realtà o disperarsi. Chiaramente il gruppo sta cercando di difendersi da questa disperazione profonda e rendersi conto…

D. – Io quando decido di andare a letto, di riposarmi ci vado… Alle volte mi sento libera, altre volte mi sento… Cinque mesi fa m’erano tornate le mestruazioni, la testa mi doleva… Io penso da grande, troppo da grande…

A - (piange intensamente)

D. – Mio marito è una lenza; c’ha l’amante, c’ha l’amante!

M. – Mi trasferite! So’ padrone? Ma se non voglio stare qui dentro, so’ padrone? Se voglio sposarmi col gatto, so’ padrone? Se voglio ammazzarmi non so’ padrone? Voglio morire!

R. – (va alla porta) Aprite! L’assemblea è finita!

N. – (canta) In paradiso, dice l’angelo mio, non c’è il sorriso di un bambino… invece sulla terra ce n’è una serra… Perché gli angeli cadono dal ciel? …perché il paradiso è noioso senza te. Non può che cader nel fosso… Ma il buon Dio scende giù e lo porta fino a su…

D. – Vedo sempre quell’uomo brutto! Mi viene addosso! Mi viene addosso! C’ha tutta un’aureola sulla testa, un’aureola…

M. – Si può morire qui dentro! Si può morire qui dentro? Si può morire per i ricordi, si può morire caro dottore?

D. – Ma che morire! Ma sì, vuoi morire, vuoi morire. Uno che vuol morire non si trucca, non si tinge le labbra! Si dispera…bella!

M. – Tu sei sana, io sono malata! Devo morire

D. – Ah, io sono sana, eh?! Non c’ho il polmone rotto, massacrato?!

T2 – Il gruppo sta esprimendo fin dall’inizio una reazione al fatto che non ci incontriamo da tanto tempo. Sembra che vogliate dire o ci lasciate morire, perché noi siamo morte anche se non sembriamo, o ci lasciate fingere…

(cantano quasi tutte)

Un bel dì vedremo… Tu piccolo iddio…

…………………

Una nave bianca entra nel porto…….

Non gli vengo incontro…. Mi metto…..

Aspetto…. E non mi pesa la lunga attesa

E’ uscito dalla culla cittadina un uomo…..

Chi sarà chi sarà….

…………………

Madame Butterfly….

Per non morire al primo incontro

O piccina mogliettina.. olezzo di bellezza

Tutto questo avverrà te lo prometto….

Io con sicura fede l’aspetto…..

D. – (prosegue da sola Madame Butterfly)

D. e N. – (continuano a cantare) Tu piccolo iddio, amore mio

Io di giglio e rosa

Non saperlo mai….

T1 – Cantando queste canzoni di speranza ma anche di morte è un modo di uscire (B. – Mi faccia uscire dottore, mi faccia varcare ‘sti cancelli) … è come se il gruppo ribadisse la necessità, comunque di sottrarsi alla condizione, qual essa è, di affrontare la realtà dolorosa…

Non è un caso che A. si è messa a pulire i tavoli con forza, come se volesse cancellare qualcosa…

D. – A me sembra che il mondo è inquieto, è come in depressione, è come se il mondo non sia tranquillo…

N. – Sembra anche a me che molti vogliano sfuggire la realtà, me compresa; perché la realtà è sempre più brutta di quello che vogliamo…

T1 – E’ come se noi chiedessimo troppo…

N. - … Noi chiediamo troppo e …non siamo soddisfatte… allora ci rifugiamo o nel canto o nella preghiera o nel delirio o nella sigaretta o in altre cose che esulano dalla strada che ci porta fuori

D. – Ci vuole un bambino, un piccolo bebè, un bebè… ci vuole un bebè bè bè bè! Quello ci vuole!

M. – Un pugnale, un pugnale qua (indica il petto) – Ieri c’era un coltello lì sopra il tavolo, sembrava messo apposta per me. L’ho preso e ho cercato di conficcarmelo in petto. Non ci sono riuscito, se no mi uccidevo ieri pomeriggio…

N. – Non si è capita una parola di quello che hai detto

M. – Va be’, ho capito tutto io…

D. – Quando senti il dolore ti stacchi…

B. – La vita è un dono di Dio, non ci si deve uccidere!

D. – Non ci si uccide, non ci si ammazza.

L’altra notte, dottore, mi son sognata con D., mi pareva che giocavamo al duello, nemici l’una dell’altra, nemici per la vita, con le scimitarre… Fino all’ultimo sangue… ma non ci siamo ferite né l’una né l’altra, fin all’ultimo sangue, ma non ci siamo ferite…

T2 – Per un certo aspetto il gruppo è come Madame Butterfly, che aspetta qualcuno che dall’esterno possa portare amore e salvezza, ma rimane delusa e si dispera…

Per un altro aspetto, D. e A., parlando della gravidanza e del bambino è come se esprimessero anche l’intuizione che il salvatore può venire da dentro. D. ha detto : qui ci vuole un bambino e A. ha detto: io sono incinta.

Il gruppo ha quest’attesa di un salvatore che viene da fuori però forse nel gruppo c’è anche l’intuizione che dentro ciascuno ha delle parti vive che possono dare la vita, c’è qualcosa che può venir fuori anche da voi…

D. – Ma come si fa, ma come si fa a… cosarlo?

M. – Eh, dottore, ti posso dare un bacetto sulla guancia, eh?!

N. – No, no, stai ferma, lascia stare… Il dottore deve operare, è un chirurgo, sai, se poi…