La "religione" di Einstein


1.

Nel 1905, un giovane fisico di 26 anni che lavora nellíufficio brevetti di Berna, prima ancora di conseguire il dottorato, che conseguir ! solo nel 1910, pubblica in rapida successione cinque articoli il cui impatto scientifico sulla concezione scientifica del mondo risulta enorme. Due di essi dimostrano definitivamente la teoria atomica secondo la quale la materia Ë costituita da particelle piccolissime. Un altro articolo, per il quale gli verr ! assegnato nel 1927 il premio Nobel, definisce líesistenza dei quanti di luce, da cui consegue che la radiazione luminosa ha una duplice natura: di onda e di corpuscolo. In due articoli, infine, espone la teoria della relativit ! ristretta secondo la quale líunica invariabile esistente nellíuniverso Ë la velocit ! della luce e che non si danno punti di riferimento assoluti. Da questi presupposti deriva che lo spazio e il tempo non sono entit ! assolute e indipendenti, in quanto dipendono appunto dal sistema di riferimento e variano al variare di esso. Dalla teoria della relativit ! discende líequivalenza tra materia e energia, espressa da una celeberrima formula per la quale líenergia Ë uguale alla massa per la velocit ! della luce al quadrato.

Ai cinque articoli, ciascuno dei quali da solo avrebbe assicurato allíautore la celebrit !, segue nel 1916 una Nota ancor piØ famosa: I fondamenti della teoria generale della relativit !, che comprende una nuova teoria della gravitazione con le sue piØ brillanti conseguenze e previsioni, che riceveranno una clamorosa conferma empirica nel 1919.

Pochi esempi di creativit ! nella storia della scienza uguagliano líexploit di Albert Einstein nel 1905. CiÚ giustifica che tale anno sia comunemente definito annus mirabilis ñ ovvero líanno delle meraviglie del genio umano ñ e che la ricorrenza secolare sia celebrata dichiarando il 2005 anno internazionale della fisica.

Le implicanze filosofiche della teoria della relativit ! sono note. Essa compromette definitivamente la concezione ingenuamente realistica dello spazio e del tempo come dimensioni assolute e indipendenti sulla quale si fondava il sistema newtoniano, grandioso ma evidentemente costruito a partire dalla logica del senso comune. Come ha scritto il matematico Hermann Minkowski, infatti, le scoperte di Eintein portano alla conclusione che ìlo spazio in sÈ e il tempo in sÈ sono condannati a dissolversi in nulla piØ che ombre, e solo una specie di congiunzione dei due conserver ! una realt ! indipendenteî.

Per capire appieno il significato di questa rivoluzione, profondamente contrastante con la comune percezione della realt !, basta tenere conto del fatto che, sulla scorta di Newton, Kant ha assunto lo spazio e il tempo come categorie a priori della mente umana, vale a dire come forme attraverso le quali la realt ! viene percepita o, in termini moderni, processata. Le scoperte di Einstein attestano che tali categorie sono nullíaltro che coercizioni cognitive. Esse consentono allíuomo di orientarsi nella realt !, di soddisfare la sue esigenza di mettere ordine nel caos, ma, nello stesso tempo, precludono alla coscienza líaccesso ad una verit ! di livello piØ profondo. Tale preclusione funziona solo in nome dellíorizzonte ristretto della coscienza, schiava delle percezioni. Einstein dimostra che la mente umana, nella misura in cui Ë vincolata al mondo percepito e vissuto attraverso le categorie dello spazio e del tempo, puÚ trascenderle sul piano della conoscenza scientifica, vale a dire approssimarsi vertiginosamente alla verit !.

Raramente Ë stato rilevato che il pensiero einsteiniano si iscrive nellíambito piØ ampio del sapere che contesta le false certezze dellíio: ambito eterogeneo nel quale rientrano il pensiero di Marx, la teoria di Darwin, la critica corrosiva di Nietzsche, la scoperta dellíinconscio freudiano. Líunico elemento unificante questi vari saperi Ë il riferimento al fatto che il senso comune, quello al quale si perviene affidandosi alle tradizioni e allíesperienza immediatamente vissuta, Ë uno schermo rispetto a verit ! di ordine piØ elevato, alle quali la mente umana puÚ pervenire solo in virtØ di uno sforzo che líaffranca dalla banalit ! di cui essa Ë preda.

Eí noto che, negli ultimi venti anni, la contestazione delle false certezze dellíio, che si puÚ ritenere uno degli assi portanti della civilt ! occidentale, Ë andata incontro a critiche di segno opposto. Per un verso, il conservatorismo culturale ha identificato nelle filosofie del sospetto, riconducibili a Marx, Nietzsche, Freud, uno dei motivi della crisi dei valori della civilt ! occidentale. Tale critica fa capo al fatto che, mettendo in gioco le certezze comuni dovute a tradizioni culturali secolari, tali filosofie avrebbero indotto uno smarrimento universale delle coscienze umane, facendole cadere nellíanomia. Da questo punto di vista, i maestri del sospetto andrebbero superati in nome del recupero di valori essenzialmente religiosi la cui lunga durata attesterebbe un fondamento di verit ! che sfugge alla filosofia e alla scienza.

Líaltra critica, paradossale, fa capo al postmodernismo. Questo accetta la critica delle false certezze dellíio, che vengono ricondotte al bisogno che líuomo ha di una visione del mondo totalizzante. Da essa, perÚ, ricava che tale bisogno va definitivamente superato in nome della rinuncia a perseguire la Verit !, sulla base cioË dellíaccettazione di punti di vista diversi, piØ o meno approssimati alla Verit ! stessa, nessuno dei quali puÚ assumere un valore di certezza.

Stando cosÏ le cose, penso che, nellíottica di un nuovo sapere sullíuomo e sui fatti umani, il pensiero di Einstein meriti una celebrazione indipendente dai suoi contenuti scientifici. Einstein Ë uno scienziato singolare, non solo per la genialit ! delle sue teorie, ma per la filosofia nella quale iscrive le sue scoperte: una filosofia rigorosamente razionalista e realistica, che vede nellíimpresa scientifica non solo una delle espressioni piØ elevate della mente umana, ma anche uno strumento di civilizzazione e di elevazione morale.

La filosofia o meglio ancora la ìreligioneî di Einstein Ë affidata ad uno scritto divulgativo (Come io vedo il mondo, Newton Compton, Roma 1976) che, a mio avviso, dovrebbe diventare un testo di base a livello di scuole superiori. Esso varrebbe non solo a promuovere un interesse per le scienze che, al di l ! delle applicazioni tecniche, Ë oltremodo carente. Potrebbe anche aiutare i giovani a capire che, tra il ricatto dellíoscurantismo religioso e la sirena del relativismo postmodernista, si d ! una terza via che si riconduce alla ricerca appassionata della Verit !. Si tratta indubbiamente di una via difficile da percorrere, perchÈ essa richiede un impegno estremo da un punto di vista intellettuale e una grande onest ! interiore, vale a dire la capacit ! emozionale di mettere in gioco le false certezze dellíio. Eí líunica via, perÚ, che consente di riempire di senso líinvolucro oggettivamente insignificante della sua esistenza.

2.

Lo scritto in questione comporta una rapida riflessione sulla societ ! e líindividuo, un capitolo sul rapporto tra scienza e religione, alcune notazioni sul senso della ricerca scientifica, e alcune considerazioni sulla teoria della relativit !.

Le poche righe che Einstein dedica al rapporto tra societ ! e individuo sono solo apparentemente banali. Egli scrive: ìLa nostra priorit ! sugli animali consiste prima di tutto ñ bisogna confessarlo ñ nel nostro modo di vivere in societ !. Líindividuo lasciato solo fin dalla nascita rimarrebbe, nei suoi pensieri e nei suoi sentimenti, simile agli animali in misura assai difficile da immaginare. CiÚ che Ë e ciÚ che rappresenta líindividuo non lo Ë in quanto individuo, ma in quanto membro di una grande societ ! umana che guida il suo essere materiale e morale dalla nascita fino alla morteÖ

E tuttavia solo líindividuo libero puÚ meditare e conseguentemente creare nuovi valori sociali e stabilire nuovi valori etici attraverso i quali la societ ! si perfeziona. Senza personalit ! creatrici capaci di pensare e giudicare liberamente, lo sviluppo della societ ! in senso progressivo Ë altrettanto poco immaginabile quanto lo sviluppo della personalit ! individuale senza líausilio vivificatore della societ !. Una comunit ! sana Ë perciÚ legata tanto alla libert ! degli individui quanto alla loro unione socialeî (p. 13-14).

Queste poche righe, sancendo ciÚ che líindividuo deve alla societ ! e ciÚ che la societ ! deve alla libera individualit !, esprimono una verit ! semplice che basterebbe da sola a rinnovare líimpianto ideologico delle scienze umane e sociali, che oscillano enfatizzando una delle due polarit !.

Per essere creativa, perÚ la libert ! individuale non puÚ prescindere da un atteggiamento critico nei confronti della realt ! e da una scelta di ordine personale, tanto piØ autentica quanto piØ essa si riconduce alla vocazione ad essere personale. La scelta di Einstein Ë contrassegnata da un ideale di vita elevato, tipico di una personalit ! introversa. Egli scrive: ìOgni uomo Ë legato ad alcuni ideali che gli servono di guida nelle azioni e nel pensiero. In questo senso il benessere e la felicit ! non mi sono mai apparsi come una meta assoluta (questa base della morale la definiscono líideale dei porci). Gli ideali che hanno illuminato la mia strada e mi hanno dato costantemente un coraggio gagliardo sono stati il bene, la bellezza e la verit !. Senza la coscienza di essere in armonia con coloro che condividono le mie convinzioni, senza la affannosa ricerca del giusto, eternamente inafferrabile, del dominio dellíarte e della ricerca scientifica, la vita mi sarebbe parsa assolutamente vuota. Fin dai miei anni giovanili ho sempre considerato spregevoli le mete volgari alle quali líumanit ! indirizza i suoi sforzi: il possesso di beni, il successo apparente e il lussoî (p. 18).

Líintroversione Ë peraltro esplicitamente riconosciuta: ìIn singolare contrasto col mio senso ardente di giustizia e di dovere sociale, non ho mai sentito la necessit ! di avvicinarmi agli uomini e alla societ ! on generale. Sono proprio un cavallo che vuole tirare da solo; mai mi sono dato pienamente nÈ allo stato, nÈ alla terra natale, nÈ agli amici e neppure ai congiunti piØ prossimi; anzi ho sempre avuto di fronte a questi legami la sensazione di essere un estraneo e ho sempre sentito bisogno di solitudine; e questa sensazione non fa che aumentare con gli anni. Sento fortemente, ma senza rimpianto, di toccare il limite dellíintesa e dellíarmonia con il prossimo. Certo, un uomo di questo carattere perde cosÏ una parte del suo candore e della sua serenit !, ma ci guadagna una larga indipendenza rispetto alle opinioni, abitudini e giudizi dei suoi similiî (p. 19).

Si tratta dunque di un orientamento elitario, dettato peraltro da incoercibile esigenze interiori, il quale postula un raccoglimento e una certa distanza rispetto allíumanit !: presupposti indispensabili per affrancarsi dal senso comune e procedere sulla via della ricerca della verit !.

Il secondo capitolo rivela il significato ultimo di tale ricerca. Einstein rivendica per la scienza uno statuto religioso, ma si tratta di una religiosit ! affatto particolare, in radicale opposizione con le religioni tradizionali: ìLa piØ bella sensazione Ë il lato misterioso della vita. Eí il sentimento profondo che si trova sempre nella culla dellíarte e della scienza pura. Chi non Ë piØ in grado di provare nÈ stupore nÈ sorpresa Ë per cosÏ dire morto: i suoi occhi sono spenti. Líimpressione del misterioso, sia pure misto a timore, ha suscitato, tra líaltro, la religione. Sapere che esiste qualcosa di impenetrabile, conoscere le manifestazioni dellíintelletto piØ profondo e della bellezza piØ luminosa, che sono accessibili alla nostra ragione solo nelle forme piØ primitive, questa conoscenza e questo sentimento, ecco la vera devozione: in questo senso, e soltanto in questo senso, io sono fra gli uomini piØ profondamente religiosi. Non posso immaginarmi un Dio che ricompensa e che punisce líoggetto della sua creazioneÖ Non voglio e non posso figurarmi un individuo che sopravviva alla sua morte corporale: quante anime deboli, per paura e per egoismo ridicolo, si nutrono di simili idee! Mi basta sentire il mistero dellíeternit ! della vita, avere la coscienza e líintuizione di ciÚ che Ë, lottare attivamente per afferrare una particella, anche piccolissima, dellíintelligenza che si manifesta nella natura.

Difficilmente troverete uno spirito profondo nellíindagine scientifica senza una sua caratteristica religiosit !. Ma questa religiosit ! si distingue da quella dellíuomo semplice: per questíultimo Dio Ë un essere da cui spera protezione e di cui teme il castigo, un essere col quale corrono, in una certa misura, relazioni personali per quanto rispettose esse siano: Ë un sentimento elevato della stessa natura dei rapporti tra figlio e padre.

Al contrario il sapiente Ë compenetrato dal senso della causalit ! per tutto ciÚ che avvieneÖ La sua religiosit ! consiste nellíammirazione estasiata delle leggi della natura: gli si rivela una mente cosÏ superiore che tutta líintelligenza messa dagli uomini nel loro pensiero non Ë al cospetto di essa che un riflesso assolutamente nullo. Questo sentimento Ë il leit-motiv della vita e degli sforzi dello sceinzaiato nella misura in cui puÚ affrancarsi dalla tirannia dei suoi egoistici desideri. Indubbiamente questo sentimento Ë parente assai prossimo di quello che hanno provato le menti creatrici religiose di tutti i tempi.î (pp. 21-23)

La religiosit ! cosmica, che Ë una conseguenza di una visione della realt ! prodotta dalla scienza, che porta ad apprezzarne líinfinita complessit !, líarmonia e a catturare cognitivamente le leggi causali su cui essa si fonda, non ha nulla a che vedere con la religione propriamente detta, tranne il sentimento che ad essa la apparenta: ìLíuomo che crede nelle leggi causali, arbitro di tutti gli avvenimenti, se prende sul serio líipotesi della causalit !, non puÚ concepire líidea di un Essere che interviene nelle vicende umane, e perciÚ la religione-terrore, come la religione sociale o morale, non ha presso di lui alcun creditoî (p. 26).

Essa definisce lo scienziato puro come modello di una nuova umanit !: ìSolo colui che puÚ valutare gli sforzi e soprattutto i sacrifici immani per arrivare a quelle scoperte scientifiche che schiudono nuove vie, Ë in grado di rendersi conto della forza del sentimento che solo puÚ suscitare uníopera tale, libera da ogni vincolo con la vita pratica immediata. Quale gioia profonda a cospetto dellíedificio del mondo e quale ardente desiderio di conoscere ñ sia pure limitato a qualche debole raggio dello splendore rivelato dallíordine mirabile dellíuniverso ñ dovevano possedere Keplero e Newton per avere potuto, in un solitario lavoro di lunghi anni, svelare il meccanismo celeste! Colui che non conosce la ricerca scientifica che attraverso i suoi effetti pratici, non puÚ assolutamente formarsi uníopinione adeguata sullo stato díanimo di questi uomini i quali, circondati da contemporanei scettici, aprirono la via a quanti compresi delle loro idee, si sparsero poi di secolo in secolo attraverso tutti i paesi del mondo. Soltanto colui che ha consacrato la propria vita a propositi analoghi puÚ fromarsi uníimmagine viva di ciÚ che ha animato questi uomini e di ciÚ che ha dato loro la forza di restare fedeli al loro obiettivo nonostante gli insuccessi innumerevoli. Eí la religiosit ! cosmica che prodiga simili forzeî (p. 27).

Non tutti gli uomini ovviamente possono essere dotati della genialit ! di Newton e di Einstein: tutti perÚ possono fruire dei loro sforzi: ìCredo sinceramente che orientare gli uomini alla cultura di nobili discipline e poi indirettamente elevarli, sia il servizio migliore che si possa rendere allíumanit !. Questo metodo trova conferma, in primo luogo, nei cultori delle lettere, della filosofia, delle arti, ma anche, dopo di essi, negli scienziati. Non sono, Ë vero, i risultati delle lror ricerche che elevano e arricchiscono moralmente gli uomini, ma Ë il loro sforzo per capire, Ë il loro lavoro intellettualmente fecondo e capace.

Il vero valore di un uomo si determina esaminando in quale misura e in che senso egli Ë giunto a liberarsi dallíioî (p. 28).

Liberarsi dallíio significa nÈ piØ nÈ meno affrancarsi dalle false certezze dellíio, preda delle tradizioni, del senso comune e dei limiti stessi della coscienza umana portata di per sÈ a scambiare le apparenze per le essenze. Per questo aspetto, il pensiero di Einstein mi sembra riconducibile allíalveo del sapere cui facevo cenno allíinizio. Esso non comporta, comíË proprio dei razionalisti radicali, uníenfatizzazione assoluta della scienza. Nella gerarchia degli uomini impegnati nello sforzo di capire, che, per Einstein, esaurisce il senso dellíesistenza, gli scienziati vengono dopo i cultori delle lettere, della filosofia e delle arti.

Eí la Cultura, in breve, la produzione che rivela, nonostante le contraddizioni della storia, la vocazione sostanzialmente nobile dellíuomo.

Il messaggio di Einstein va solo completato tenendo conto che la tensione scientifica per cogliere qualche frammento di verit ! inerente líordine e líarmonia del mondo esterno, oggetto delle scienze naturali, va associata ad una tensione non meno intensa per capire qualcosa del mondo interno che, al di l ! della coscienza, Ë non meno complesso di quello esterno anche se esso Ë ugualmente regolato da leggi e sotteso da logiche comprensibili. Il significato ultimo di questa sfida, che impegna líuomo a capire il mistero del mondo esterno e di quello interno, puÚ essere interpretato da molteplici punti di vista. Einstein sostiene che líaccettare e il partecipare attivamente a tale sfida d ! senso allíesistenza. Si puÚ dubitare che una soluzione del genere sia universalmente accolta. Eí certo che tutti coloro che la praticano trovano il senso dellíesistenza.

Aprile 2005