IL SUPER-IO E LA PATOLOGIA GIOVANILE

1.

Centrale nell'ottica della teoria struttural-dialettica, il concetto di super-io, anche se ormai il termine appartiene al linguaggio corrente (almeno delle persone colte), sembra obsoleto. Anche gli psicoanalisti, nella loro pretesa di aggiornarsi, tendono ad abbandonarlo. Le nuove patologie giovanili, caratterizzate sempre più spesso da una depressione incentrata sullo svuotamento di senso dell'esperienza personale, su forti valenze narcisistiche o su di uno scarso controllo pulsionale, attesterebbero, secondo loro, una sempre più debole strutturazione superegoica. Questa sarebbe una conseguenza delle trasformazioni sociali cui è andata incontro la società, che non ha più un assetto patriarcale e gerarchico, fondato sul principio dell'autorità. Il rapporto tra genitori e figli si giocherebbe ormai prevalentemente sul registro dell'affettività (ambivalente) e dell'interazione comunicativa. L'evoluzione della personalità delle giovani generazioni sarebbe, peraltro, sempre più influenzata dal rapporto con i coetanei e con i nuovi valori (o disvalori) da essi prodotti nell'interazione di gruppo o in conseguenza delle informazioni mass-mediatiche.

Ferma restando l'importanza dei primi periodi dello sviluppo della personalità e dell'interazione con le figure genitoriali, e il rilievo dell'inconscio, le nuove patologie giovanili sarebbero dunque prevalentemente patologie dell'io, dell'identità personale, e in esse giocherebbero un ruolo rilevante le dinamiche pulsionali.

C'è qualcosa di singolare nell'evoluzione del pensiero psicoanalitico: in particolare, la fretta di recuperare teoricamente un rapporto con la realtà storica misconosciuto da Freud. Questa fretta però, funzionale ad arginare la crescente diffusione del cognitivismo, non ha alcuno spessore critico. E' vero che Freud, preda dell'ambizione di mettere a punto un modello di personalità universale, ha trascurato di considerare l'influenza della storia e della realtà sociale. Nondimeno, quest'influenza, esercitatasi inconsciamente, è assolutamente evidente nella sua stessa teoria. Le pulsioni freudiane sono null'altro che una trasposizione ideologica degli spiriti animali promossi dalla rivoluzione borghese. Il super-io freudiano, inteso come istanza di controllo sociale interiorizzato, distorto peraltro dall'impasto con le pulsioni, con le sue connotazioni prevalentemente repressive e moralistiche, è l'espressione di una società e di una cultura incentrata sul principio dell'autorità, sulla pruderie sessuale, sul conformismo e sul perbenismo.

Nella misura in cui Freud ha misconosciuto le valenze ideologiche della sua teoria, era pressoché inevitabile che i cambiamenti socioculturali, come di fatto è avvenuto, la ponessero in crisi. Il problema di una revisione della teoria freudiana si è posto da tempo, ed è stato affrontato con coraggio in particolare dalle correnti culturaliste. Oggi il rischio è di buttare l'acqua sporca con il bambino, vale a dire di ritenere obsolete intuizioni di grande portata, come quella del super-io, solo perché la Freud, per i suoi limiti ideologici, non è stato in grado di dare ad esse uno sviluppo adeguato.

2.

Il tema del controllo sociale sul comportamento individuale è un tema classico dell'antropologia culturale e della sociologia. Ogni società umana è ordinata da norme, legali, morali o di costume, che vengono apprese e che definiscono, con un limitato margine di discrezionalità individuale, come ci si debba comportare e viceversa come non sia lecito agire nelle varie circostanze. L'apprendimento di tali norme è favorito da un insieme di strumenti di controllo sociale che agiscono su ogni individuo perché si conformi ai precetti del gruppo. La maggior parte di queste norme non è codificata ed è talmente connaturata ai costumi e alla cultura da passare del tutto inosservata, o dal farla ritenere non tanto la conseguenza dello sviluppo della cultura, quanto addirittura "naturale", cioè legata alla stessa struttura biologica dell'uomo.

La teoria del super-io freudiana è stata la prima teoria che ha tentato di chiarire in quale modo il controllo sociale viene interiorizzato psicologicamente e giunge a far parte della struttura della personalità. Essa ha influenzato potentemente le scienze umane e sociali, in particolare la sociologia e l'antropologia culturale. Purtroppo, la sua elaborazione è stata improvvidamente determinata da presupposti ideologici inerenti la natura umana i quali permettono di comprendere perché essa abbia progressivamente perduto di significato.

Posto che, per Freud, la natura umana in sè e per sé è animata solo da pulsioni libidiche e aggressive (depositate e attive nell'Es, lo strato più profondo e inconscio della mente), l'interiorizzazione avviene nel corso delle fasi evolutive in virtù del legame affettivo e di soggezione che lega l'infante alle figure significative adulte con cui interagisce (genitori, parenti, insegnanti, ecc.). L'affettività, che comporta l'identificazione e l'imitazione, rende il bambino permeabile alle influenze dell'ambiente e facilita la trasmissione dei valori culturali. L'impianto di questi, e dunque la strutturazione del super-io, urta però contro la resistenza delle pulsioni la cui tensione tende univocamente verso la scarica e la soddisfazione. Il controllo e l'inibizione delle pulsioni, in ciò che esse hanno di incompatibile con le esigenze della vita associativa, avviene solo sulla base della paura della rappresaglia sociale, cioè della riprovazione, del rimprovero e della punizione associata all'esercizio anarchico delle pulsioni stesse.

Il super-io freudiano rappresenta la società all'interno della personalità, ma la rappresenta solo sulla base del potere che i molti hanno rispetto all'individuo di sanzionare e eventualmente punire l'esercizio illecito, legalmente o moralmente, della sua libertà. Per questo motivo la sua rappresentazione antropomorfica si riconduce, nell'ottica freudiana, a quella di un Giudice o di un Censore.

Freud esclude pertanto che la natura umana abbia una predisposizione sociale, e interpreta, in conseguenza di questo, i conflitti psicodinamici come dovuti alla resistenza accanita e incoercibile delle pulsioni in rapporto alle norme sociali, alle quali l'io cosciente tende ad attenersi per conformismo e per influenza del super-io che fa valere il potere della collettività. Si tratta dunque di una teoria che riconosce come suo fondamento un'ideologia della natura umana che Freud ritiene confermata da tanti indizi tratti dall'esperienza psicoanalitica e dalla storia dell'uomo.

3.

Ho analizzato la concezione del super-io freudiana ne La politica del super-io, giungendo ad una conclusione che ho poi approfondito successivamente. Tale conclusione porta ad identificare il super-io come una funzione psichica prevalentemente inconscia nella quale si danno due componenti: una, innata, fa riferimento al bisogno di appartenenza/integrazione sociale, la cui logica inconscia assume l'individuo come membro di un gruppo e gli impone il rispetto dei suoi doveri di ruolo; l'altra, appresa, fa capo ai valori culturali interiorizzati che prescrivono quali comportamenti il soggetto deve agire per assolvere quei doveri. Distinguere queste due componenti è estremamente importante: la componente innata, infatti, è universale, e comporta una programmazione incentrata sul primato del sociale sull'individuo a livello inconscio, mentre la seconda dipende dal contesto socio-storico. 

Ciò significa due cose. La prima è che il primato del sociale sull'individuo è, a livello inconscio, un dato di realtà primario che nessuna evoluzione culturale può estirpare. La seconda è che, utilizzando questo primato, qualunque cultura, quali che siano i suoi valori, dal momento in cui diventa egemone all'interno di un gruppo sociale, si trasmette e si replica.

Le cose insomma stanno in termini rovesciati rispetto alla teoria freudiana. Nel suo strato più profondo, la mente umana è predisposta alle influenze sociali di ogni genere. I valori culturali che vengono, di conseguenza interiorizzati, sono quelli propri del contesto socio-storico: che essi siano civili o incivili, umanizzanti o alienanti, positivi o negativi è del tutto insignificante per la maggioranza delle persone che appartengono a tale contesto. L'avere assunto il Super-io come difensore repressivo dei valori più elevati della civiltà (occidentale, tra l'altro) contro una natura umana tendenzialmente riottosa e anarchica rappresenta dunque, in Freud, un errore teorico fatale e fuorviante. Questo permette di comprendere l'abbandono della teoria del Super-io anche da parte degli analisti via via che la civiltà è divenuta meno repressiva, l'educazione più permissiva, il controllo sociale più labile.

Sembra che nessuno si renda conto che l'evoluzione della personalità umana postula l'interiorizzazione dei valori culturali come un momento indispensabile, e che tale interiorizzazione, che si fonda sull'apprendimento conscio e inconscio, implica una programmazione costante della mente umana.

Se ci si riconduce a questo principio, i cambiamenti della psicologia e della psicopatologia giovanile possono essere interpretati senza grandi difficoltà. E' solo un'impressione superficiale, infatti, che i giovani oggi vivono un difetto di valori o aderiscono a valori prodotti dal gruppo dei coetanei. La realtà è che essi risentono di una terribile confusione la cui causa è che i valori trasmessi dalle generazioni precedenti sono contraddittori.

All'epoca di Freud la civiltà europea, nonostante le sue tensioni, legate al contrasto tra democrazie liberali e Stati assoluti, era piuttosto integrata culturalmente. L'integrazione era dovuta al fatto che la borghesia, il cui peso sociale e politico era ovunque elevato, aveva sostanzialmente accettato il primato dei valori cristiani. Le sue pretese egemoniche, che già avevano fatto affiorare la formula del libero Stato e della libera Chiesa, non contrastavano con il riconoscimento delle matrici cristiane della civiltà europea. Tale riconoscimento persiste ancora oggi, ma è meramente formale. Lo sviluppo della civiltà capitalistica ha assunto, negli ultimi decenni, un ritmo vieppiù elevato, giungendo a configurare un capitalismo selvaggio il cui quadro di valori è radicalmente laico e anticristiano, nella misura in cui enfatizza la realizzazione egoistica dell'individuo e l'assunzione dell'altro come rivale.

La realtà dunque è che la nostra civiltà è ormai culturalmente dissociata. Due ideologie - quella cristiana e quella capitalistica - incompatibili tra loro convivono, anche se il processo della secolarizzazione è crescente. Questo significa né più né meno che, nel rapporto tra le generazioni, vengono trasmesse, sia pure in misura diversa, entrambe le ideologie. La conseguenza di questo è che le personalità giovanili le albergano entrambe, spesso a livello inconscio. Ciascuna delle due, in rapporto a cirostanze di vita, può assumere un significato egemonico, tradursi cioè in un codice superegoico.

Di fatto la psicopatologia giovanile riconosce due categorie che, solo apparentemente, sembrano nettamente differenziate. Il numero dei giovani che crollano sotto il peso di valori religiosi colpevolizzanti - sviluppando attacchi di panico, depressioni, deliri, ecc. - è ancora elevato. Il Super-io freudiano, per questo aspetto, è ancora attivo, e esercita il suo potere in nome del fatto che l'educazione religiosa produce l'istintualizzazione dei bisogni individuali, rendendoli minacciosi. L'altra categoria, che rappresenterebbe una novità psicopatologica, è costituita da giovani che aderiscono acriticamente ai valori propri del capitalismo selvaggio, adottando i codici culturali (adultomorfo, claustrofobico, anestetico) che ho analizzato ne La Politica del Super-io, prevedendo tra l'altro la loro diffusione sociologica e la loro trasformazione in ideali superegoici.

La nuova patologia, insomma, è figlia del capitalismo selvaggio. Essa esprime un orientamento individualistico, egoistico, narcisistico che dà luogo a fenomeni psicopatologici perché entra in conflitto con il primato che la socialità, vale a dire l'altro, mantiene a livello inconscio. Anche questa nuova patologia è sottesa da intesi sensi di colpa che vengono sistematicamente rimossi, e la cui rimozione spinge sempre di più i soggetti a radicalizzare la loro forza, l'anestesia, il cinismo e, in alcuni casi, la brutalità nei rapporti interpersonali.

Non c'è nulla di nuovo, insomma, sotto il sole. La difficoltà degli analisti di interpretare la situazione discende, per un verso, dalle loro scarse competenze storico-culturali (che spesso si riducono allo studio dei simboli, come se questi non fossero un prodotto della storia sociale) e, per un altro, dal rifiuto della teoria freudiana del Super-io interpretata alla lettera. Per rivitalizzare questa teoria, e rendere più efficace l'analisi, basterebbe accettare che il bisogno d'appartenenza e d'integrazione sociale, su cui si costruisce il Super-io, può indurre ad interiorizzare qualunque codice culturale che assume un significato egemone.

Ottobre 2003