Il trend statunitense. Psicofarmaci ai bambini


Si sa che gli Stati Uniti fanno da traino, nel bene e nel male, all'Europa. La neopsichiatria, che è una rozza versione della psichiatria organicistica europea, è nata colà e, da quindici anni a questa parte, con i suoi dogmi infondati, ha investito e colonizzato la teoria e la pratica europea. Ciò impone di mantenere viva l'attenzione su quanto accade, in ambito psichiatrico, al di là dell'Atlantico perchè si può essere certi che, prima o poi, si verificherà anche al di qua.

Un trend particolarmente preoccupante è legato all'aumento dell'uso di psicofarmaci a livello infantile e adolescenziale. L'aumento si ricava non già da statistiche ufficiali, che non esistono, bensì dal Waal Street Journal, il giornale finanziario per eccellenza, che dedica sempre molto spazio all'industria farmaceutica. Occorre solo un po' di calma per estrapolarlo dalle aride tabelle.

Il dato di partenza riguarda la spesa complessiva per farmaci negli Stati Uniti che, dal 1996 ad oggi, si è più che raddoppiata, passando da 82 a 197 miliardi di dollari, vale a dire 394.000 miliardi di vecchie lire, con una spesa pro capite annua di circa 1600000 lire. Questo aumento riconosce però una distribuzione diversa per fasce di età: è dell'ordine del 10% per gli anziani, del 23% per gli adulti e del 28% per i bambini e gli adolescenti al di sotto di 19 anni. Questo significa, ne più né meno, che, rispetto al 1996, ci sono oggi oltre due milioni e trecentomila bambini e adolescenti in più che consumano farmaci, e che, fatte le somme, praticamente poco meno del 10% di soggetti da sei a diciannove anni consumano farmaci.

Il Wall Street Journal avanza l'ipotesi che, come in Borsa, anche nell'uso dei farmaci per bambini e adolescenti si sia verificata una "perversione del mercato". Escludendo un'inquietante appetizione per i farmaci da parte dei bambini e degli adolescenti statunitensi, che pure sono terribili consumatori (prevalentemente però di hot-dog, patatine, telefonini e - i più grandicelli - spinelli) è chiaro che la perversione dipende dalle prescrizioni mediche. E qui non ci piove: i medici americani, oltre a ricevere compensi di vario genere dalle industrie farmaceutiche (gedgets, viaggi, partecipazioni a congressi, ecc.), spesso ne sono anche azionisti, interessati dunque a fare aumentare i profitti delle industrie, i loro dividendi e i valori delle azioni. L'ipotesi della bolla speculatica, insomma, ci sta tutta.

Per quanto riguarda i farmaci in questione, il discorso è semplice. Non può trattarsi, a lume di naso, che di antibiotici e psicofarmaci. Ma, dato che le prescrizioni di antibiotici, comportando il pericolo di un aumento dei ceppi batterici resistenti, sono assoggettate ad un rigido controllo da parte degli istituti di sanità pubblica, che definiscono annualmente delle linee guida che valgono anche per i medici privati, non resta altro da pensare che l'aumento sia dovuto agli psicofarmaci, per i quali non esiste alcun controllo.

Niente di soprendente se si tiene conto che negli Stati Uniti gli psicofarmaci sono al primo posto nel consumo, avendo superato da qualche anno i farmaci cardiovascolari. I figli evidentemente emulano i padri. Se non è sorprendente, il dato non può essere minimizzato.

Già a livello di adulti, il pragmatismo terapeutico statunitense, alimentato dall'ideologia neopsichiatrica, per cui il disagio psichico è espressivo di una malattia tout-court, è contestabile nella sua pretesa di fornire ad ogni sintomo una risposta farmacologica. L'estensione ai bambini e agli adolescenti di questo orientamento è, oltre che moralmente riprovevole, scientificamente assurdo. Non si è mai data una società nella quale un numero così imponente di bambini fosse affetto da disturbi psichici. Quale singolare mutazione genetica sarebbe avvenuta negli Stati Uniti per produrre un fenomento del genere? E' o dovrebbe essere evidente che, eccezion fatta per l'autismo, sulle cui cause genetiche o ambientali il discorso è ancora aperto, i disturbi psichici infantili sono sintomi di una condizione sistemica - familiare e socio-culturale - poco o punto equilibrata.

Ciononostante, i medici e gli psichiatri statunitensi fanno di tutt'erba un fascio. La logica perversa che essi adottano è facile da decifrare. Posto che, come si dà per scontato per gli adulti, l'ansia, la depressione, i disturbi del comportamento, le psicosi sono null'altro che l'espressione di un disordine biochimico o - al limite - di una strutturazione patologica del cervello, perché dovrebbe essere diversamente per i bambini e per gli adolescenti? Si tratta di una logica idiota che ha però una sua coerenza intrinseca. Se si ammettesse, infatti, che i disturbi psichici infantili i quali, mutatis mutandis, si presentano con le stesse caratteristiche cliniche che hanno negli adulti, possono riconoscere matrici psicologiche, familiari e socio-culturali, è evidente che l'ideologia neopsichiatrica si scioglierebbe come neve al sole.

Quali sono, infine, gli psicofarmaci prescritti? Il Wall Street Journal non lo dice, ma si sa: ansiolitici, antidepressivi, derivati anfetaminici (per la sindrome d'iperattività motoria attribuita ad una malattia cerebrale mai dimostrata) e persino antipsicotici. E già, perché negli Stati Uniti sta avvenendo, a livello psicopatologico, qualcosa che, tra pochi anni, si verificherà anche in Europa. E' in aumento il numero di bambini affetti da disturbi psicotici che, fino a qualche anno fa, si presentavano solo a partire dall'adolescenza. In aumento è anche il numero di adolescenti che, sempre più precocemente, a partire dai dodici anni, manifestano disturbi psicotici.

Tutto a carico dei geni, naturalmente, in nome della speculazione e del dogmatismo ideologico, vale a dire della stupidità dei neopsichiatri.