La Vita Ë sacra?

1.

L'intransigente difesa da parte della Chiesa della sacralità della vita umana è a tutto campo. Essa concerne l'intero arco temporale della vita, dal concepimento all'ultimo respiro. L'aborto e l'eutanasia sono considerati peccati capitali per i quali non è concesso il perdono. In nome della sacralità della vita, la sessualità deve avere una finalità primaria procreativa. In conseguenza di questo sono vietati i rapporti prematrimoniali e extramatrimoniali, e l'uso di tecniche contraccettive non naturali. Sono giudicate criminose le tecniche di fecondazione artificiale e le sperimentazioni su embrioni creati in vitro.

La Chiesa motiva tale difesa in nome di un magistero che le consente di interpretare ma non di alterare i principi rivelati, tra i quali il dogma della creazione della vita e dell'uomo come essere spirituale da parte di Dio ha un ruolo centrale.

Questa intransigenza che, eccezion fatta per gli integralisti, costringe ormai molti credenti a praticare una doppia vita, fedele per molti aspetti ai valori religiosi ma laica sul piano dell'esercizio della sessualità, e scava un solco sempre più marcato tra il mondo contemporaneo e la Chiesa, non è facile da comprendere. Su tanti altri principi biblici ed evangelici di assoluto rilievo, per esempio sulla distribuzione iniqua delle ricchezze e sui prestiti ad interesse, la Chiesa ha manifestato nel corso della sua lunga storia una flessibilità e una capacità di compromesso con lo stato esistente di cose nel mondo ben maggiore. Com'è possibile - ci si chiede - che Essa non colga la drammaticità del problema demografico, non tenga conto della richiesta, che muove da non pochi credenti, di vivere la sessualità anche come una dimensione di piacere fine a se stesso, ostacoli il cammino della scienza verso la soluzione di malattie gravi, non si arrenda a recepire il rifiuto crescente delle inutili sofferenze di pazienti affetti da mali incurabili e di pazienti terminali?

Il nodo a tutta prima sembra di ordine dottrinale. Posto che Dio ha creato la vita, e dunque ne è il Padrone, l'uomo non può disporne a piacimento. Egli deve rispettare la volontà divina che assegna ad essa, espressione della sua Potenza e del suo Amore, un valore sacro e intangibile. La dottrina della Chiesa si fonda sull'incipit della Bibbia. Come noto, nel Genesi il racconto della creazione riconosce due versioni. La prima è esposta in questi termini: "E Dio disse:"Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra".Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro:"Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra, soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra". E Dio disse:"Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero che in cui è il frutto, che produce seme, saranno il vostro cibo." (Gen 1, 26-29)

La seconda versione recita: "Quando il Signore Dio fece il cielo e la terra, nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata - perché Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo e faceva salire l'acqua dai canali per irrigare tutto il suolo-; allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male… Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all'uomo:"Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti." (Gen 2, 4b-16)

Nella prima versione c'è il riferimento al fatto che l'uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio. Nella seconda, tale riferimento viene specificato: è il soffio divino che anima la materia e infonde all'uomo lo spirito, vale a dire l'attributo che lo distingue da tutti gli altri animali e lo rende immortale. In quanto depositario dello spirito, che è di origine divina, la vita umana diventa sacra e l'uomo, che l'amministra, non può farne quello che vuole.

2.

Il mito della creazione, come ogni racconto biblico, va storicizzato. Occorre in particolare tenere conto di due aspetti. Il primo riguarda il fatto che, all'epoca della redazione del testo biblico, la distinzione tra materia e spirito si poneva in termini univoci e netti. Materia era tutto ciò che risultava tangibile percettivamente, spirito tutto ciò che risultava intangibile, incorporeo. Oggi questa distinzione appare piuttosto rozza. Le scienze fisiche, e in partocolare la quantistica, sono arrivate ormai a livelli esplicativi dello statuto della materia che, in alcuni fisici radicali, comportano l'attribuzione alla materia di un misterioso tropismo verso l'ordine e verso forme sempre più complesse di organizzazione. Alcuni addirittura sono giunti a sostenere che, dove si dà materia, si esprime anche una qualità definita come intelligenza cosmica. Questa, al limite, si accorda sia con una creazione sia con un'infusione d'intelligenza da parte di Dio.

Ad una conclusione analoga era pervenuto anni fa un teologo cattolico evoluzionista, Theilard de Chardin, in odore di eresia panteistica. Il pensiero di Theilard de Chardin risolveva il problema teologico della creazione dell'uomo ammettendo, da parte di Dio, la creazione originaria di una materia intelligente, orientata ad evolvere sino alla produzione dell'uomo, la cui mente autocosciente sarebbe stata in grado di riconoscere, in se stessa e nel mondo, la presenza dello spirito divino.

La Chiesa non ha mai accettato le idee di de Chardin. Essa è rimasta ferma alla lettera biblica. Ma ciò comporta non poche difficoltà. La prima sta nel sancire un fossato qualitativo tra la materia bruta, anche nelle sue organizzazioni vitali più elevate (gli animali superiori), e l'uomo, che rende incomprensibile il continuum evoluzionistico che si dà nel mondo della vita e ancora più incomprensibile l'ordine che i fisici scoprono nell'universo. La seconda consiste nel dovere ammettere che Dio intevenga ad infondere l'anima ogniqualvolta avviene un concepimento. Posto infatti che la materia è materia bruta e che l'ovulo e lo spermatozoo sono enti materiali, il concepimento in tanto dà luogo alla produzione di un essere umano in quanto Dio interviene col suo soffio.

L'alternativa teologica a questa impostazione esiste. Basterebbe pensare che la spiritualità è un attributo di una specie che Dio ha creato a sua immagine e somiglianza originariamente, e che tale attributo si replica con la procreazione. Ma, per arrivare a questo, occorrerebbe ammettere che Dio ha dotato la materia della capacità, perlomeno ad un certo livello di organizzazione, di produrre lo spirito. La Chiesa non può farlo: primo, perché tale ammissione coinciderebbe con quanto sostengono anche i neurobiologi laici che assumono le funzioni mentali come l'altra faccia della medaglia dell'attività cerebrale. Secondo perché essa impedisce di accreditare un ovulo fecondato e l'embrione sino almeno alla terza settimana, allorché si definisce il sistema nervoso centrale, di un attributo spirituale.

Occorre dunque per forza, da parte della Chiesa, confermare il principio per cui la creazione si ripete ogniqualvolta un ovulo viene fecondato da uno spermatozoo. E' in quel preciso momento che, secondo la Chiesa, Dio interviene a infondere l'anima. La spiritualità non è un attributo della specie originariamente creata, bensì un dono che avviene all'atto del concepimento. Un dono d'amore, che tra altro implica il riconoscimento da parte del Padre della sua creatura come individuo.. Ma questo approccio dogmatico pone non pochi, insolubili problemi.

Il primo è che, avvenendo l'infusione dell'anima anche in conseguenza di concepimenti dovuti a stupri o addirittura in laboratorio, Dio sembra ridursi ad una sorta di Ingegnere programmato a fare il suo dovere indipendentemente dalle circostanze.

Un secondo problema è legato alle malformazioni. Anche nei casi di anencefalia totale, la Chiesa ammette che l'essere concepito sia dotato di un'anima, anche se non si capisce bene a cosa ciò possa servire dato che il soggetto in questione non potrà operare alcuna scelta morale e, dunque, guadagnarsi il paradiso. Qui ci si imabtte nel paradosso di un Dio onnipotente nell'infusione dell'anima e indifferente o impotente nei confronti della natura, che fa i suoi giochi crudeli.

All'estremo opposto, il tabù nei confronti dell'eutanasia sembra porre lo stesso problema. L'onnipotenza divina non riconosce un limite nel libero arbitrio, in virtù del quale l'uomo può scegliere tra il bene e il male. Ma perché essa si estende anche alla natura, il cui "libero arbitrio" definisce l'uomo come una cavia? Il dolore è fonte di espiazione e di redenzione? E sia. Ma se un uomo, affetto da dolori intollerabili, rivela il suo limite e chiede che gli sia risparmiata questa tortura, in nome di che imporgli di continuare a vivere? Bere l'amaro calice fino al fondo dovrebbe essere una libera scelta. Se un credente vuole imitare Cristo è un suo diritto. Ma un credente che non se la sente di giungere alla santità e ancora più un non credente perchè non ha il diritto di optare per una buona morte assistita anche?

Tra la rigidità della dottrina e le contraddizione che essa non risolve il nesso è così evidente da far affiorare il dubbio che l'intransigenza della Chiesa riconosca altre motivazioni rispetto a quelle teologiche. Se già la Rivelazione fa parte della storia, l'evoluzione della dottrina ne fa parte a maggior ragione.

3.

Il Mondo Antico, nel quale è avvenuta la diffusione del Cristianesimo, era caratterizzato da un'organizzazione sociale fondata sulla schiavitù. Lo schiavo, come noto, aveva lo statuto di un oggetto la cui proprietà, sia per quanto riguarda il corpo che lo spirito, era del Padrone, che aveva dunque su di lui diritto di vita e di morte. La sfida del Cristianesimo al sistema schiavistico non poteva essere originariamente a tutto campo. La rivendicazione per gli schiavi di una piena libertà avrebbe determinato un conflitto dall'esito scontato. Solo settant'anni prima della nascita di Cristo, la rivolta di Spartaco, che aveva aggregato intorno a sé decine di migliaia di schiavi, era finita in un drammatico bagno di sangue. Ancora nei primi secoli dopo Cristo, allorché il vangelo si è diffuso in Occidente, l'economia dell'Impero romano non poteva assolutamente fare a meno del lavoro servile.

Il confronto del Cristianesimo con la potenza imperiale è avvenuto in due fasi. In una prima fase, la conversione rendeva gli adepti partecipi di una comunità all'interno della quale gli uomini erano tutti uguali:"Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. E se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa." (S. Paolo, Lettera ai Galati, 3, 28-29). Questo ugualitarismo radicale liberava però solo l'anima dal dominio dell'autorità terrena e degli dei pagani. Nella vita civile, i ruoli sociali dovevano essere rispettati: "Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c'è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all'autorità, si oppone all'ordine stabilito da Dio." (S. Paolo, lettera ai Romani, 13, 1-2). "Perciò è necessario stare sottomessi, non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza. Per questo dunque dovete pagare i tributi, perché quelli che sono dediti a questo compito sono funzionari di Dio. Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi le tasse le tasse; a chi il timore il timore; a chi il rispetto il rispetto." (S. Paolo, Lettera ai Romani, 13, 5-7).

In pratica, nella vita civile, gli schiavi, che pure avevano scoperto attraverso la conversione, che gli uomini sono figli di un unico Dio, rimanevano proprietà, nella carne, del Padrone.

Nonostante questa accorta strategia, il conflitto tra Cristianesimo e autorità imperiale c'è stato. La libertà dell'anima, votata a Dio, imponeva ai cristiani di non sottomettersi agli dei pagani e di testimoniare la loro fede con il sacrificio del corpo, accettando il martirio.

Solo in una seconda fase, avvenuto il radicamento occidentale del Cristianesimo ed essendo l'Impero in crisi, la sfida è stata lanciata a tutto campo. La liberazione degli schiavi ha significato l'affrancamento dell'anima e del corpo dalle autorità terrene, in nome del riconoscimento dell'appartenenza a Dio, unico Dominus. La sacralità dell'anima si è pertanto estesa al corpo, e l'uomo è stato espropriato dei suoi diritti sull'una e sull'altra o, meglio, è stato epropriato dei suoi diritti sul corpo in nome del fatto che questo è un contenitore dell'anima. L'uomo insomma è venuto a trovarsi nuovamente schiavo di un Dominus, che, in nome dei suoi diritti di Creatore e dunque Proprietario, gli impone dei limiti inderogabili all'amministrazione che egli può fare dl corpo e dell'anima.

Le cose più o meno sono andate così.

4.

La Chiesa sostiene che, venendo meno il riferimento alla sacralità della vita, si apre la via ad ogni arbitrio. Ora, è fuor di dubbio che, venendo meno quel riferimento, la vita individuale come quella della specie perdono oggettivamente di valore, configurandosi come espressioni della casualità, sia pure sottesa dalla tendenza della materia ad organizzarsi in forme sempre più complesse. L'oggettiva insignificanza dell'esistenza non apre però la via dell'arbitrio se ci si riconduce al principio per cui gli uomini tengono alla vita e, ciascuno per proprio conto, l'apprezzano come un valore ultimo. Questo significato, meramente soggettivo, può diventare universale attraverso il consensum gentium. Proprio perché esso è però in ultima analisi soggettivo, rimane il fatto che gli esseri viventi hanno diritto di regolare l'accesso alla vita di quelli virtuali e di decidere essi se e quando tirarsene fuori. Su questi due aspetti, tra cultura cattolica e cultura laica non potrà mai sopravvenire alcun accordo perché il valore della vita, riconosciuto da entrambe, è significato in modi radicalmente diversi: come oggettivo nell'un caso, soggettivo nell'altro.

5.

Il dogma della sacralità della vita riconosce il suo fondamento nella Bibbia. Il racconto della creazione del mondo e dell'uomo, che occupa le prime pagine della Genesi, è fin troppo nota perché lo si rievochi. L'universo nasce ex-nihilo. Impastato di materia, l'uomo prende vita solo allorché Dio infonde in esso il suo spirito vitale, l'anima, che lo rende simile al Creatore e lo differenzia da tutte le altre specie animali.

Eccezion fatta per la creazione del mondo ex-nihilo, assolutamente originale rispetto a racconti analoghi dell'antichità, la creazione dell'uomo da parte di Dio è una costante dei miti sulle origini. Essa è chiaramente motivata dalla necessità di spiegare la singolarità dell'uomo, essere pensante, in rapporto agli altri animali.

La sacralità della vita non è mai stato un valore riconosciuto integralmente dagli Ebrei, depositari per quasi due millenni della rivelazione. Il comandamento non uccidere è un comandamento universale. Gli Ebrei, però, hanno praticato, come peraltro tutti i popoli dell'antichità, l'aborto senza alcuna preoccupazione. Le guerre sanguinose condotte contro i Cananei e i Filistei attestano che essi non attribuivano agli altri esseri umani un particolare valore. La creazione biblica dell'uomo evidentemente era interpretata non in senso assoluto, come se essa definisse un valore estensibile a tutta l'umanità, bensì come la prova dell'elezione del popolo ebraico discendente da Adamo.

La Chiesa afferma giustamente che il completamento della rivelazione, che ha dissolto i fraintendimenti ebraici, è avvenuta solo con Gesù. Ora, è indubbio che nel Vangelo la dignità dell'uomo viene esaltata, ma sarebbe difficile trovare un solo versetto