La Bioetica tra religione e Laicismo

La definizione a tutt'oggi più esauriente di bioetica risale a W. T. Reich che, nell'Encyclopedia of Bioethics, la presenta come "lo studio sistematico delle dimensioni morali - comprendenti visione morale, decisioni, condotta, linee guida - delle scienze della vita e della cura della salute, attraverso una varietà di metodologie etiche in un quadro interdisciplinare." La definizione accademica sottace che la problematica bioetica riguarda sostanzialmente l'uomo. La proposta degli ambientalisti e degli animalisti di estendere il campo a tutte le forme viventi è venuta ad urtare contro la ferma opposizione del Cristianesimo, che ovviamente considera l'uomo un animale del tutto speciale in quanto dotato di anima, autoconsapevolezza e coscienza morale.

La necessità di istituire questa nuova disciplina è legata a due ordini di fattori. Per un verso, il processo di secolarizzazione della cultura occidentale ha comportato in molti paesi la legalizzazione dell'aborto, numerose proposte di legge sull'eutanasia (una delle quali è stata approvata dal governo olandese) e una critica piuttosto aspra delle condotte mediche consuete, che inclinano spesso sul piano dell'accanimento terapeutico, vale a dire la messa in gioco della morale cristiana. Per un altro verso, è stato lo sviluppo delle scienze mediche e biologiche a porre di fronte a problemi (trapianti d'organo, contraccezione, fecondazione artificiale, trattamento degli embrioni, manipolazione genetica, ecc.) prima inesistenti.

Com'era prevedibile, il fronte degli studiosi di bioetica si è immediatamente scisso in due correnti il cui approccio ai problemi è nettamente (e forse irreversibilmente) differenziato. Una corrente, cattolica, ripropone il magistero secolare della Chiesa incentrato sulla sacralità della vita, che comporta da parte dell'uomo, del medico e dello scienziato un rispetto assoluto di vincoli morali riconducibili al principio per cui Colui che l'ha creata ne è il Padrone. L'altra corrente, laica, rifiuta di riconoscere sia la Creazione sia l'autorità della Chiesa, soprattutto per quanto concerne la pretesa di assoggettare tutta l'umanità a criteri di valore che essa ritiene oggettivi, e quindi non discutibili. Ciò non significa che i laici rivendichino una libertà assoluta sul piano delle scelte morali, delle pratiche mediche e della ricerca scientifica. Essi ritengono necessario definire un quadro di valori che canalizzi la libertà individuale e ponga dei limiti anche alla ricerca scientifica, nella misura in cui questa può inoltrarsi su terreni potenzialmente pericolosi (come quello della clonazione degli esseri umani). Ciò però deve avvenire in nome di un consenso collettivo che prescinda dall'insegnamento della Chiesa. A questa, che assolutizza la sacralità della vita come valore oggettivo che limita il diritto individuale di disporne a piacere, essi oppongono la qualità della vita come valore soggettivo che assegna all'individuo il ruolo di padrone del proprio corpo. Il conflitto, per ovvie ragioni, diventa più aspro laddove, come nel caso dell'aborto, il problema non concerne solo il proprio corpo ma il corpo di un altro essere umano

Non si stenta a capire che si danno poche possibilità di mediazione tra due ideologie che fanno capo a due diverse visioni del mondo e a due diverse concezioni dell'uomo.Tentativi di mediazione, a dire il vero, ce ne sono stati, sia da parte di cristiani progressisti in disaccordo con l'eccessiva rigidità della Chiesa (per esempio sul controllo delle nascite), sia da parte di laici "moderati" orientati a tenere conto del pensiero cristiano. Essi però sono caduti nel nulla. Il conflitto persiste e, in alcuni momenti, assume una configurazione piuttosto aspra. I cattolici accusano i laici di razionalismo amorale, vale a dire di fare riferimento ad un codice etico il cui relativismo assoluto potrebbe giungere e, per alcuni aspetti, legati al trattamento degli embrioni, sarebbe già giunto a compromettere la dignità dell'uomo. I laici rilanciano ovviamente le accuse stigmatizzando la volontà della Chiesa d'imporre i suoi principi come universali e di non tenere in alcun conto la necessità di un pluralismo etico.

Contraddizioni non mancano né dall'una né dall'altra parte. La difesa a spada tratta da parte della Chiesa della dignità della persona umana risulterebbe credibile solo se essa assumesse un atteggiamento altrettanto rigido di quello che ha per esempio sull'aborto nei confronti delle guerre, dello sfruttamento, della miseria. Certo, il Papa attuale tuona contro tutti questi fenomeni, ma per ovvi motivi, non scomunica chi fa le guerre, chi sfrutta e chi opprime.Un soggetto che abortisce e il medico che pratica un aborto sono invece inequivocabilmente considerati degli assassini, che, pur volendo, non possono più partecipare alla comunità cristiana. Riguardo all'eutanasia, poi, proporre a chi soffre senza senso aspettando la morte l'esempio di Gesù in croce sembra attestare una sorta di sorda insensibilità nei confronti delle debolezze umane e dell'incapacità anche di alcuni credenti di praticare la santità. Per quanto riguarda la contraccezione non naturale, infine, giudicarla un crimine contro la volontà divina anche laddove, come nei paesi africani, il problema è impedire la diffusione dell'AIDS e la nascita di bambini destinati con certezza a morire, sembra teologicamente riconducibile alla concezione di un Dio meccanicistico nel suo intento riproduttivo e sostanzialmente spietato.

I laici, dal canto loro, sembrano a tratti preda di una concezione dell'individuo così esasperatamente radicale da giungere ad eleggerlo come arbitro e padrone assoluto della propria vita. Per questa via, c'è però il rischio, se non di giustificare, di avallare il traffico di organi, di considerare irrinunciabile una maternità da parte di una donna di cinquant'anni, di assecondare, attraverso la clonazione, il desiderio di perpetuarsi, di esasperare la ricerca della salute a ogni costo, ecc.

E' probabile che il conflitto ideologico, data la crescita della secolarizzazione, giunga prima o poi ad indurre la Chiesa a limitare il suo intervento alla riproposizione dei valori di cui essa è depositaria, rinunciando alla pretesa che essi debbano essere riconosciuti come validi da tutti i cittadini, compresi i non credenti. Esclusa la possibilità di un'egemonia ideologica di matrice religiosa o di matrice laica, il pluralismo è destinato ad imporsi per forza.

Il problema bioetico, da questo punto di vista, diventa un problema eminentemente laico. La Chiesa ha un quadro di valori consolidato che comporterà forse una qualche flessibilità rispetto al rigore attuale. Essa però non può di certo mettere in gioco il dogma della creazione della vita. Il laicismo non ha un quadro di valori definito, tanto meno in rapporto ai problemi bioetici che sono di data recente. Esso dovrà dunque darselo, vale a dire riformulare in un'ottica non religiosa il concetto di dignità della persona umana. Su questo terreno, probabilmente, scoprirà quante contraddizioni si celano in un concetto originariamente formulato nel solo intento di salvaguardare i diritti individuali dall'arbitrio del potere (religioso e assoluto).