Negazione

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Espressione con cui si nega, contrario di affermazione.

Il latino negatio corrisponde all’ἀπόϕασις della logica aristotelica, designante il giudizio che connette il soggetto e il predicato in un rapporto di esclusione. La n. può riguardare sia la copula (nel qual caso si ha il giudizio negativo vero e proprio) sia il predicato (e in questo caso si ha un cosiddetto giudizio infinito o di limitazione) e il soggetto. In G.W.F. Hegel la n. viene a costituire, in un complesso quadro logico-metafisico in cui è determinante la relazione finito-infinito, un elemento essenziale; è proprio infatti della natura del finito che esso debba negarsi in quanto finito determinato per passare in un’altra determinatezza di grado superiore (n. della negazione ), in cui peraltro è conservata, sia pure ad altro livello, la positività del grado precedente; la n. rappresenta quindi il fattore essenziale nell’articolarsi del divenire, onde Hegel può parlare dell’«immane potenza del negativo».

Dizionario di Filosofia (2009)


Nella logica classica tale termine denota un particolare connettivo vero funzionale a un argomento che inverte il valore di verità della formula a cui si applica: dunque se è applicato a una formula vera genera una formula falsa e viceversa. In tale senso questo termine non si oppone banalmente a quello di ‘affermazione’: negare, infatti, una proposizione A, equivale ad affermare la n. di A. L’operatore di n. viene solitamente indicato mediante uno dei seguenti simboli anteposti alla formula da negare: ¬ o ~, meno in uso è il simbolo – e la notazione polacca N. Intendendo, dunque, la n. di un enunciato come un enunciato che è vero se e solo se l’enunciato di partenza è falso e viceversa, la n. di un enunciato come ‘alcuni ragazzi studiano’ non è ‘alcuni ragazzi non studiano’ (infatti entrambi gli enunciati potrebbero essere veri), bensì ‘non si dà il caso che alcuni ragazzi studino’ ossia ‘nessun ragazzo studia’. Questo ultimo è vero, infatti, data la falsità di ‘alcuni ragazzi studiano’ e viceversa. Tale esempio evidenzia come una n. di un enunciato non possa sempre essere costruita anteponendo il ‘non’ al predicato dell’enunciato di partenza come nel caso di ‘la lavagna è bianca’ la cui n. è ‘la lavagna non è bianca’. Posta la definizione di n. e dato un enunciato A e la sua n. ¬A (da leggere: non A), diciamo che tali due enunciati sono tra loro contraddittori. La n. gioca un ruolo fondamentale nella distinzione tra varie logiche in quanto risulta cruciale per esprimere alcuni principi che non sono accettati da tutti i logici. L’intuizionismo , per es., non accetta i principi logici come il principio del terzo escluso ossia (A o non A); e come il principio della doppia n. ossia (A se e solo se non non A).