Philippe Pinel (1745 – 1826)

Ritratto


P. Pinel è una delle poche figure leggendarie nella storia della psichiatria. La sua impresa maggiore – la liberazione dei folli dalle catene alla Salpêtrière nel 1795 – è stata immortalata dal quadro di Robert-Fleury.


Quadro


L’impresa ha dato luogo ai commenti più disparati. Alcuni studiosi hanno enfatizzato l’evento come indizio dell’affermazione dei diritti dell’uomo nella temperie della Rivoluzione francese; altri (come Foucault e Basaglia) ne hanno sottolineato il carattere mistificato, rivolto a difendere l'ordine sociale borghese. La liberazione, di fatto, avviene in uno spazio asilare chiuso, governato e dominato dal Potere medico, destinato a diventare in pochi decenni un'Istituzione totale, la più terribile in assoluto essendosi estesa su tutto il Pianeta.

Nessuno può dubitare della buona fede e dell’umanitarismo di Pinel che, abbandonato il sacerdozio, si dedica alla medicina e alla cura dei malati di mente, partecipa con entusiasmo alla Rivoluzione francese, da cui prende le distanze all’epoca del Terrore, e, infine, a Bicêtre prima e poi alla Salpêtrière, avvia, sulla scorta dell’insegnamento di Pussin, il “trattamento” morale” dei pazienti psichiatrici, che verte sul potenziamento della parte sana della loro personalità attraverso l’educazione, la persuasione e la disciplina.

Per quanto in tale metodo le istanze umanitarie e permissive si intreccino con quelle direttive e repressive, in nome del riferimento ad una normalità univoca, contrassegnata dal dominio della Ragione sulle Passioni, è fuori di dubbio che esso si fonda su di un’intuizione di grande portata, destinata ad interessanti sviluppi nella psichiatria francese dell’Ottocento (da Esquirol a Moreau de Tours) e confluita poi, attraverso Charcot, nella nascita della psicoanalisi.

L’intuizione è che le turbolenze passionali siano la causa dei disturbi psichiatrici, e che tali turbolenze, pur avendo fondamento nella costituzione del soggetto, siano influenzate potentemente in senso positivo e negativo dall’ambiente.

A Pinel si deve il primo Trattato di psichiatria nel quale le malattie mentali sono classificate secondo un criterio clinico-descrittivo in quattro categorie: melanconia o delirio parziale, mania o delirio sistematizzato, demenza o indebolimento intellettuale generalizzato, idiotismo o abolizione totale delle funzioni dell’intelletto.


Trattato


Nel Trattato, pubblicato nel 1801 e più volte ristampato in edizioni arricchite, vengono esposti anche i principi del trattamento morale in una cornice ideologica che oscilla tra il rigore scientifico e la riflessione filosofica.

Si può rimproverare a Pinel di essere stato il liberatore dei malati dalle catene e, al tempo stesso, l’inventore sia del manicomio sia della gabbia nosografica entro cui, con il passare del tempo, la loro esperienza perderà progressivamente senso. Non si può non riconoscere però l’autenticità del suo umanitarismo e uno sforzo di classificare la fenomenologia psicopatologica che, di per sé, non esclude un’interpretazione non biologista.

Alcune pagine di Pinel sugli effetti terribili per gli equilibri mentali delle convulsioni legate ai moti rivoluzionari e altre sugli effetti non meno terribili di condizioni di vita degradate legate ai fenomeni di urbanizzazione sono, ancora oggi, infinitamente più suggestive della sterile letteratura prodotta dalla Neopsichiatria degli ultimi anni.